Aziende romande e ticinesi di fatto tagliate fuori: alla faccia del plurilinguismo e del federalismo!
Che il Consiglio federale del plurilinguismo svizzero se ne impipi alla grande non è certo una novità. Del resto, se ne impipa di tutto il federalismo, dal momento che le prerogative del Ticino vengono bellamente ignorate. Invece di tutelare l’economia del nostro Cantone, da Berna si vuole fomentarne l’impoverimento, e trasformarlo in una regione depressa ridotta a vivere di sussidi. E’, d’altra parte, proprio questo il programma della $inistra (ma per i kompagni vivere alle spalle dello Stato è la normalità). $inistra che anela all’adesione all’UE, che vuole tre anni di isolamento del Ticino dal resto della Svizzera tramite chiusura del tunnel autostradale del Gottardo, che sabota il turismo con l’iniziativa contro le residenze secondarie e contro i rustici, che mira a sfasciare la piazza finanziaria, che mette in fuga gli stranieri ricchi per tenersi quelli delinquenti e quelli a carico del nostro stato sociale e che, tanto per mettere la ciliegina sulla torta, ha pure in programma l’abolizione dell’esercito.
Fatto sta che la ministra delle Finanze del 5%, Eveline Widmer Schlumpf-Puffo, eletta con i voti del Centro-$inistra, non solo ha mandato a ramengo il segreto bancario, ma sta pure discriminando alla grande le ditte ticinesi e romande negli appalti pubblici.
A sottolineare l’ennesima situazione indecente sotto il profilo del federalismo, è l’Hebdo sull’edizione del 22 marzo. Gli è che lo scorso 28 febbraio il Consiglio federale ha nominato la Commissione acquisti della Confederazione. Si tratta di una Commissione interdipartimentale, la cui totalità dei membri è, udite udite, svizzero tedesca.
Nel corso dell’anno 2010, nel 36% dei concorsi della Confederazione la lingua ufficiale era unicamente il tedesco: ciò significa che tutto il personale della ditta vincitrice deve conoscere il tedesco sia parlato che scritto. Ci sono poi dipartimenti che, nell’ambito dell’informatica, hanno ingaggiato dei capiprogetto che parlano il tedesco e nessun’altra lingua nazionale.
Il risultato di questi criteri “a misura di svizzero-tedeschi” è che le ditte “latine” di trovano, spesso e volentieri, tagliate fuori dai concorsi della Confederazione. Prova ne sia che – come emerge dalle cifre pubblicate dall’Ufficio federale della logistica e riprese dall’Hebdo – nel 2010 le aziende romande hanno partecipato solo 9% dei concorsi pubblici della Confederazione, e quelle ticinesi solo al 3%.
Evidentemente l’onnipresenza del tedesco scoraggia le Piccole e medie imprese latine a farsi avanti, considerando inoltre il grande dispendio di tempo che comporta, per una piccola azienda, la presentazione di un’offerta redatta in un’altra lingua.
Morale: le ditte ticinesi, ma anche quelle della Svizzera francese, risultano di fatto escluse dalla maggioranza degli appalti della Confederazione. La Ministra delle Finanze nonché presidente Widmer Puffo, malgrado ci sia una legge sulle lingue, non solo non ha fatto nulla per migliorare la situazione all’atto pratico, ma l’ha addirittura peggiorata. «In materia di plurilinguismo, la presidente della Confederazione delude su tutta la linea» titola l’Hebdo, che non è il Mattino della domenica.
Questo tanto per chiarire dove si va a finire a nominare Consiglieri federali che rappresentano a malapena il 5% della popolazione, solo per “farla” all’odiata Udc (primo partito nazionale) e all’odiato Blocher. E oltretutto pretendendo di far credere di aver nominato dei “fulmini di guerra” quando invece la realtà è ben diversa. Non c’è proprio nulla che possa giustificare, o anche solo attenuare, la vergognosa violazione delle più elementari regole democratiche che ha portato alla nomina della ministra del 5%.
Lorenzo Quadri