Ecco la “comprensione” di Berna nei confronti dell’invasione da Oltreconfine che sta devastando il Ticino
“Favorire le aziende che assumono residenti? Non se ne parla neanche”
Tutte le proposte a tutela del mercato del lavoro del nostro Cantone vengono respinte con l’argomento che bisogna prendere “altre misure”. Quali siano queste “altre misure”, però, nessuno lo dice. E nessuno lo sa
Le dichiarazioni di “comprensione” per i problemi del Ticino, messo a ferro e fuoco dall’invasione di padroncini e frontalieri e vergognosamente lasciato allo sbaraglio da chi – Confederazione – questa situazione l’ha creata, continuano a non tradursi in niente di concreto. Un’ulteriore dimostrazione è giunta lunedì pomeriggio in Consiglio nazionale.
Con una novità: alla comprensione ipertricotica (pelosa) viene ora aggiunto il “benaltrismo”. Ossia, le dichiarazioni (anche vagamente spocchiose) che, per tutelare il Ticino, bisogna fare “altro” rispetto a quello che viene proposto. Ovviamente senza mai dire in cosa consisterebbe questo “altro”.
Intanto vale forse la pena segnalare che, commentando l’esplosione del numero dei padroncini italiani che lavorano in nero in Ticino (perché di ciò si tratta, visto che questi “operatori” le tasse e gli oneri sociali non li pagano da nessuna parte), anche il Corrierone del Ticino, sull’edizione di lunedì, usa il termine “invasione”. Ma come, non dovevano essere tutte panzane della Lega populista e razzista?
Premiare la responsabilità sociale
L’ultimo, prevedibile, episodio che stride con le dichiarazioni di comprensione da parte della Confederazione è il trattamento riservato dal Consiglio federale alla mozione del sottoscritto che chiedeva un buon esempio da parte dell’ente pubblico.
Si chiedeva in sostanza che, tra i criteri di valutazione nell’attribuzione di lavori pubblici, si introducesse anche quello relativo alla manodopera residente. In parole povere, l’azienda che fa lavorare residenti deve essere avvantaggiata, nell’attribuzione di mandati pubblici, rispetto a quella che assume frontalieri a go-go. Infatti chi lascia a casa i ticinesi e arruola frontalieri pagati 2000 Fr al mese per un lavoro a tempo pieno, può anche comprimere i costi e dunque fare offerte concorrenziali. Ma è corretto che sia l’ente pubblico a premiare simili atteggiamenti, considerando praticamente solo il prezzo di un’offerta e non tutto il resto? La risposta non può che essere negativa. Nell’attuale situazione di emergenza (che ormai solo la SECO e il domenicale antileghista redatto da frontalieri hanno la tolla di negare) il primo a dare dimostrazione di responsabilità sociale deve essere proprio lo Stato. E lo deve fare premiando quei datori di lavoro che non vanno ad assumere oltrefrontiera: perché si rendono conto che, lasciando a casa i residenti per sostituirli con frontalieri, arrecano un danno enorme al tessuto sociale in cui operano.
Ma naturalmente il Consiglio federale simili discorsi non vuole nemmeno sentire. Di conseguenza spolvera, con fantasia devastante, la solita manfrina della parità di trattamento. Parità di trattamento vuol dire trattare allo stesso modo quel che è uguale. Ma vuole anche dire trattare diversamente ciò che è diverso.
E chi specula sulla manodopera a scapito della collettività da cui vorrebbe ottenere mandati, non può certo ricevere lo stesso trattamento di chi si sforza di dare opportunità lavorative ai ticinesi. Con i costi che ne derivano.
La fiera del “benaltrismo”
Nel confermare la contrarietà del Consiglio federale alla proposta, la ministra del 5% ha dichiarato di essere al corrente della situazione problematica in Ticino (“comprendiamo”) tuttavia, a suo dire, bisogna prendere “altre misure” per tutelare il mercato del lavoro del nostro Cantone. Insomma, qualsiasi proposta venga portata, non va mai bene. Bisogna sempre fare “ben altro”. In cosa consista questo “altro”, però, nessuno si sogna di dirlo, né di pensarci. Se il Consiglio federale avesse veramente intenzione di sostenere il Ticino, darebbe mandato alla SECO di formulare, invece delle solite statistiche taroccate, delle proposte concrete a tutela del mercato del lavoro ticinese.
Alla “comprensione” del Consiglio federale, ormai è chiaro, non ci crede più nessuno. Si tratta di vacue dichiarazioni fatte nell’intento di tener buoni i ticinesi, ma il trucchetto ha smesso di funzionare da un bel pezzo.
Al momento della votazione in consiglio nazionale sulla mozione per privilegiare, nell’attribuzione di lavori pubblici, le ditte che assumono personale indigeno, 67 deputati si sono espressi a favore della proposta, 114 hanno votato contro e 9 si sono “coraggiosamente” astenuti.
Il gruppo Udc, che i kompagni accusano di non volere le misure accompagnatorie ai devastanti accordi bilaterali, ha sostenuto compatto la proposta. Per contro a $inistra si è levato solo qualche timido consenso. In casa PLR e PPD, buio pesto o giù di lì.
Questo tanto per chiarire come stanno le cose in vista dei prossimi appuntamenti elettorali.
Lorenzo Quadri