“Scuola che verrà”: infuria la campagna. Bertoli ha mobilitato le truppe cammellate

 

Un nuovo anno scolastico è  cominciato e la campagna di votazione sulla scuola (rossa) che (speriamo non)  verrà (SCV)  imperversa. Il direttore del DECS ha mobilitato le truppe cammellate, le quali stanno infesciando senza ritegno le rubriche delle “opinioni” di giornali e portali.

Lo stesso compagno capodipartimento (mai si era vista una cosa del genere) appare praticamente ogni giorno sui quotidiani, in permanente e stizzita replica a chiunque abbia l’ardire di criticare la riforma scodellata da lui e dai suoi rossi burocrati, distribuendo a destra e a manca patenti di: “bugiardo, disfattista, incompetente”. Dimenticandosi che tra questi bugiardi, disfattisti ed incompetenti c’è gente – da Franco Zambelloni a Gerardo Rigozzi – assai più competente ed autorevole dello stesso capodipartimento.

Il voltafaccia dei PLR e PPD

Il clima che si sta creando, o che si tenta di creare, è quello della campagna contro il No Billag: il clan degli illuminati (?)  fautori della scuola socialista contro un gruppuscolo di spregevoli passatisti. Peccato che le cose non stiano proprio così. Il sostegno alla scuola rossa è trasversale solo all’interno della partitocrazia istituzionale. Con PLR e PPD che prima hanno avversato duramente la riforma, con argomenti inoppugnabili; poi, in parlamento, si sono prodotti in un incomprensibile voltafaccia. Causando vivo sconcerto nella base dei rispettivi partiti. Questi soldatini si sono fatti infinocchiare da Bertoli&Co. Già, infinocchiare. Perché in cambio del loro Sì in Gran Consiglio alla scuola ro$$a, non hanno ottenuto proprio un bel niente. Le modifiche apportate al progetto sono di dettaglio, a voler essere generosi. E la sperimentazione del modello PLR con la moltiplicazione dei livelli è un regalo a Bertoli. Il rapporto compiacente stilato dopo il triennio sperimentale confermerà che la variante (?) liblab è un flop e quindi (?) la via tracciata dal ministro P$  è l’unica percorribile.

Società tagliata fuori

La società civile non è per nulla coinvolta nella riforma. La composizione del gruppo di sostegno della Scuola (socialista) che verrà ben lo dimostra: chi non è soldatino di partito è sul libro paga del DECS o del DSS. Dalla presidente dell’Associazione cantonale dei genitori ai presidenti di USI e SUPSI. A questo “parterre” si aggiungono le associazioni contigue al PS. Come quella dei docenti di storia (già fiera avversaria dell’insegnamento della civica ed asfaltata in votazione popolare).

I docenti

La maggioranza dei docenti, malgrado quello che ama ripetere Bertoli, non è della partita. L’86% non ha risposto alla consultazione e, di quelli che hanno risposto, l’89% ha dichiarato di non volere la sperimentazione nella propria sede (!). L’OCST si è smarcata annunciando ad inizio settimana che non sosterrà la riforma: era ora! Imbarazz tremend imbarazz in casa uregiatta…

Lezioni di civica?

Intanto, le sedi di scuola media che si sono messe a disposizione per la sperimentazione la stanno già portando avanti (vedi Caslano): malgrado il popolo non si sia ancora espresso! Per fortuna che da quest’anno scolastico la civica è diventata materia d’insegnamento a sé stante e con nota. Magari bisognerebbe cominciarla ad insegnarla a certi dirigenti scolastici.

10 motivi per votare NO

Mentre il sostegno alla scuola rossa si sgretola, le magagne della riforma rimangono granitiche.

Il 23 settembre, ribadiamo il nostro No a questariforma (che non vuol dire No a qualsiasi riforma). Ecco 10 motivi per farlo:

  • No al livellamento verso il basso delle competenze degli scolari ticinesi.
  • No alla sostituzione della parità di partenza con la parità d’arrivo.
  • No ad una scuola non svizzera.
  • No alla creazione della scuola pubblica socialista.
  • No alla trasformazione della scuola da istituzione a servizio sociale.
  • No a rendere ancora più ugualitarista la scuola ticinese, che è già la più egualitarista della Svizzera.
  • No all’utilizzo di allievi come cavie umane (e se la sperimentazione fallisce, chi si assume la responsabilità)?
  • No ad una sperimentazione che non è affatto tale, ma è la partenza della riforma: il rapporto taroccato alla fine dei tre anni sperimentali è già programmato (inoltre, a dimostrazione della totale opacità dell’operazione: nemmeno si sa quale istituto verrà incaricato di stilarlo, e con quali indicatori).
  • No a costi stratosferici ed esplosione della burocrazia: 7 milioni per la sperimentazione e 35 milioni all’anno per l’implementazione in caso di approvazione popolare. Costi che evidentemente pagherà il contribuente. Intanto però, adducendo misure di risparmio, il Dipartimento taglia sulle risorse per casi difficili. Quindi si risparmia sulla pelle degli allievi più fragili, danneggiando loro, le loro classi ed interi istituti scolastici. Poi però al DECS  i grandi scienziati in pedagogia, che mai hanno messo piede in un’aula, si sciacquano la bocca con “l’inclusione”.
  • No ad una riforma che spinge tutti verso il liceo, svilendo la formazione professionale.

Lorenzo Quadri