Il Diktat disarmista di Bruxelles non è un tema di nicchia, ma ci riguarda tutti
Archiviate queste elezioni cantonali, i cittadini ticinesi dovranno tornare alle urne tra poche settimane per la votazione del 19 maggio. All’ordine del giorno ci sarà il recepimento della direttiva disarmista dell’UE. I cittadini svizzeri dovranno insomma decidere se calare le braghe davanti al Diktat di Bruxelles, gettando nel water le nostre leggi, le nostre tradizioni, perfino la nostra volontà popolare – poiché le misure che i funzionarietti dell’UE bramano ora d’imporci sono state respinte dal popolo nel febbraio del 2011 – o se dimostrare di essere padroni in casa propria. Fermo restando che se, magari credendo all’isterico quanto farlocco ricatto della casta su “Schengen in pericolo”, ci si china a 90 gradi adesso, vuol dire che la strada sarà segnata anche per il futuro.
Questo è il succo della questione; questo è il vero tema su cui si vota. Il 19 marzo si tratta di dire di Sì o di No alla svendita della Svizzera a Bruxelles.
Argomenti penosi
Come sappiamo, sotto le cupole federali la partitocrazia cameriera dell’UE (PLR-PPD-P$) ha approvato la calata di braghe davanti alla direttiva disarmista di Bruxelles. Usando argomenti a dir poco penosi.
Per il suo obiettivo ufficiale, ovvero la lotta al terrorismo islamico, il Diktat di Bruxelles è del tutto inutile: i seguaci dell’Isis – come pure i delinquenti in generale – per i loro crimini non utilizzano di certo armi legalmente dichiarate. Questo è riconosciuto da tutti; è emerso anche nel dibattito alle Camere federali. La nuova ministra di giustizia, la liblab Karin Keller Sutter (KKS), davanti all’evidenza, si è dovuta inventare l’astrusa teoria secondo cui la calata di braghe davanti ai funzionarietti di Bruxelles non sarebbe una misura di “lotta al terrorismo”, bensì di “lotta agli abusi”. Di quali “abusi” si tratterebbe, non è dato sapere.
La linea ora assunta dalla casta per infinocchiare i cittadini è adesso quella negazionista: sostenere che, anche adottando la nuova direttiva, “non cambia niente”. Questa è una balla clamorosa. Se con la direttiva non cambia niente, come mai ci sono degli Stati membri UE che la rifiutano? Se non cambia niente, perché dovremmo calare le braghe? Siamo già in regola così…
Cambia tutto
E’ invece evidente che le cose, se il Diktat disarmista dovesse passare, cambieranno eccome. Ed infatti, la norma prevede – secondo la notoria tattica del salame – un inasprimento a ritmo quinquennale. Quindi: si comincia con cambiamenti (relativamente) circoscritti. Poi arriva la pillola. Ed arriva in automatico. Senza che il cittadino possa emettere un cip.
E’ chiaro che la posta in gioco il prossimo 19 maggio non sono solo le armi in possesso dei cittadini onesti, dei tiratori, dei cacciatori, dei collezionisti, eccetera. Non si tratta di andare a disquisire su caricatori di dieci o venti colpi; questioni di cui il “comune cittadino” non ha peraltro la più pallida idea.
I sostenitori dell’ennesima calata di braghe tentano di contrabbandare l’oggetto in votazione per un tema di nicchia, che tocca solo alcune categorie di cittadini, mentre per la grande maggioranza non cambierebbe nulla.
Ebbene, non è affatto così: gettare nel water la volontà popolare, cancellare le nostre tradizioni e le nostre leggi, farci schiacciare gli ordini da Bruxelles, è un cambiamento radicale e catastrofico. Oggi è la direttiva UE sulle armi. Domani sarà quella sulla cittadinanza, sui TIR da 60 tonnellate, sulle misure accompagnatorie, eccetera. Se il Diktat disarmista UE dovesse venire accolto, il popolo elvetico spalancherebbe porte e finestre alla ripresa automatica del diritto comunitario. E questa sarebbe una vera catastrofe. Per tutti i cittadini svizzeri. E per la nostra democrazia diretta.
“Salvare Schengen”?
Quanto alla fregnaccia di “Schengen in pericolo” se non caliamo le braghe anche questa volta: non se la beve nessuno!
Punto primo: i balivi di Bruxelles, dalla permanenza della Svizzera nello spazio Schengen, ci guadagnano dei bei soldoni, oltre che informazioni affidabili. Non hanno alcun interesse ad escludere la Confederella, costi quel che costi.
Punto secondo:l’importanza delle banche dati Schengen – anche a causa della scarsa qualità delle informazioni inserite da taluni Stati – è ampiamente sopravvalutata. Questo accade per evidenti ragioni politiche. Fa comodo far credere che Schengen sia indispensabile. Ebbene, non lo è. Del resto, la Svizzera ha deciso di aderirvi solo nel 2005.
Il prossimo 19 maggio, asfaltiamo il Diktat disarmista dell’UE!
In gioco non ci sono “solo” le armi dei cittadini onesti. In gioco ci sono la nostra indipendenza, la nostra sovranità, i nostri diritti popolari. E questi non sono temi di nicchia. Sono temi che ci riguardano tutti!
Fino a quando?
Il triciclo PLR-PPD-P$$ ha appena votato la marchetta da 1.3 miliardi all’UE, vuole lo sconcio accordo istituzionale che ci trasformerà in un baliaggio di Bruxelles, adesso anche la direttiva disarmista. Fino a quando permetteremo che questi politicanti svendano la Svizzera?
Lorenzo Quadri