AlpTransit senza sbocco a sud

AlpTransit Gottardo è un’opera faraonica dai costi monumentali: 25 miliardi di Fr. Un’opera che però come sappiamo rischia di rimanere monca, poiché su quello che accadrà a sud di Vezia, ossia dopo l’uscita del tunnel del Ceneri, regnano le nebbie.
La direttrice principale scelta, quella che passa per Chiasso e Milano, ha dei gravi problemi di sbocco a sud. Occorrerebbe infatti aggirare Milano tramite la cosiddetta Gronda Est, i cui costi sono di 5 miliardi e i tempi di realizzazione stabiliti alle calende greche. Ma già prima si pongono problemi perché è evidente che attraverso l’agglomerato di Lugano non potranno transitare 200 treni merci al giorno da 750 metri. La linea ferroviaria attuale passa nel bel mezzo di centri abitati. Men che meno si potrà intasare il Luganese, dopo l’apertura di AlpTransit, di treni merci in uscita dalla galleria del Ceneri che non si sa poi come e dove far proseguire per l’Italia.

Preoccupazioni diffuse
I Comuni del Gambarogno sono giustamente preoccupati poiché si trovano sulla direttrice ferroviaria Bellinzona-Luino (Gronda Ovest) e quindi, con AlpTransit Gottardo in funzione, rischiano di trovarsi di fatto (se si contano i vagoni) con il doppio del carico ferroviario rispetto ad ora, senza che ci siano le infrastrutture necessarie affinché il potenziamento non abbia conseguenze pesanti sulla vivibilità e sul valore turistico della regione. Si pensa in particolare alla famosa galleria.
In sostanza, tutti vogliono le merci sul treno, ma poi nessuno vuole i treni, o più treni, sotto casa.
E’ chiaro che in un megaprogetto come AlpTransit Gottardo in cui sono coinvolti attori istituzionali di vario livello, le FFS e pure numerose controparti italiane – dalle Ferrovie dello Stato alla Regione Lombardia, dai Comuni al governo di Roma – che non brillano per affidabilità e che non hanno i soldi per fare la propria parte, i grattacapi sono giocoforza infiniti.

Cosa non quadra?
Tuttavia da parte elvetica un nodo centrale che non quadra c’è, ed è la maxigalleria AlpTransit al Ceneri a due tubi, come se si volesse far passare tutti i treni, sia merci che passeggeri, da lì. Questo quando già si sapeva benissimo, del resto è messo nero su bianco in accordi internazionali antecedenti al 2000, che di riffa o di raffa una parte rilevante delle merci sarebbe dovuta transitare per il Gambarogno in direzione Luino, e questo per una serie di motivi pratici:
– la direttrice di Luino è l’unica ferrovia di pianura sul corridoio Rotterdam-Genova, con una pendenza massima del 12 per mille, mentre quella di Chiasso raggiunge il 20 per mille. Questo vuol dire che sulla linea di Luino è possibile trascinare un treno da 1800 t con una sola locomotiva, mentre dalla linea di Chiasso ce ne vogliono due, con il conseguente aumento dei costi. E se il trasporto merci su ferrovia non è economicamente concorrenziale, le merci tornano semplicemente su strada;
– I grandi terminal di trasbordo merci (Novara, Busto Arsizio-Gallarate, Oleggio) si trovano sulla linea di Luino e non sono raggiungibili dalla direttrice su Milano;
– La capacità della linea di Luino può essere aumentata con investimenti relativamente modesti (in confronto ai miliardi che servirebbero per l’altra).
Al di là dei ripensamenti politici, questi ed altri sono dati di fatto con cui inevitabilmente si sarebbe arrivati a dover fare i conti. Se non si fosse realizzato un traforo AlpTransit del Ceneri sovradimensionato, con i soldi risparmiati si sarebbe potuto investire sulla linea di Luino, concordando la soluzione in galleria.
Al momento ci si trova in una situazione difficile da districare con però una certezza: se si vuole che l’Italia faccia degli investimenti per allacciare la sua Alta capacità ad AlpTransit – presupposto perché quest’opera faraonica e già nata vecchia abbia una ragione di essere – i soldi ce li dovrà mettere la Svizzera. In altre parole: E nümm a pagum.
Lorenzo Quadri
CN Lega