Hanno spalato tonnellate di palta sul “maledetto voto”: ma non è servito a nulla
Ma guarda un po’. Secondo un sondaggio realizzato dal SonntagsBlick gli svizzeri non solo sono ancora convinti del 9 febbraio, ma lo sono ancora di più. Nel senso che lo scarto tra favorevoli e contrari è cresciuto. Adesso i favorevoli sarebbero il 45,6%, i contrari il 43.8% ed i restanti risultano indecisi. Due anni fa i Sì all’iniziativa “contro l’immigrazione di massa” furono il 50.3%.
Testate filo-UE
Ovviamente si tratta di un sondaggio. Che, come tutti gli altri, lascia il tempo che trova. E’ stato taroccato? Forse. Ma di sicuro non in favore del “maledetto voto”. L’editore del Blick è infatti tale Michael Ringier. Costui ebbe a dire: “nessun giornalista che sia contrario all’UE lavorerà mai in una mia redazione”. Quindi, se “ritocchino” c’è stato, semmai contro il 9 febbraio. Non certo in suo sostegno.
Il vento sta cambiando
Da notare che di recente da un altro sondaggio è emerso che i tre quarti dei cittadini svizzeri sarebbero favorevoli all’estensione a tutta la Svizzera del divieto di burqa in vigore in Ticino da luglio. (E dire che il burqa avrebbe dovuto essere un “non problema”. E dire che il divieto avrebbe dovuto far crollare i pernottamenti di turisti arabi nel nostro Cantone, che invece sono aumentati).
Queste due inchieste dimostrano che il vento sta cambiando. L’internazionalismo buonista multikulti come “imperativo morale” perde terreno. Il popolo non è più così disposto a farsi fare fesso. Ed infatti è da un po’ che i sabotatori del 9 febbraio non ripetono più il loro ritornello del voto da rifare. Perché? Perché si sono resi conto che verrebbero ancora asfaltati. Da qui la via alternativa: tentare di affossare il “nuovo” articolo costituzionale 121 a tramite il famoso compromesso-ciofeca.
Altro che “rifare”
Gli spalancatori di frontiere, che nel recente passato invocavano nuove chiamate alle urne per cancellare il voto sgradito, adesso se ne guardano bene. Blocher ha annunciato il lancio di un’iniziativa popolare contro la libera circolazione delle persone nel caso in cui l’immondo pateracchio del Consiglio nazionale sul 9 febbraio non dovesse venire corretto in modo sostanziale (in particolare dagli Stati). E ad Economiesuisse sono andati subito in tilt. Il direttore Heinz Karrer si è infatti affrettato a dire che il compromesso-ciofeca è anticostituzionale, tagliando così l’erba sotto ai piedi ai suoi soldatini del PLR.
Giudici stranieri?
A Bruxelles, gli eurofunzionarietti stanno facendo di tutto e di più per ribadire che per loro la Svizzera è una colonia e quindi deve prendere ordini dall’UE. I balivi blu stellati pretendono di imporci le loro leggi ed i loro giudici tramite demenziali “accordi quadro istituzionali”. Accordi che, è ovvio, costituirebbero la pietra tombale della nostra sovranità nazionale, ma anche della democrazia diretta. E già: la democrazia diretta, quindi le votazioni popolari, ostacolano la svendita della Svizzera all’UE bramata dai poteri forti. I quali infatti tentano di smantellarla, con la consueta tattica del salame (una fetta alla volta). Il ministro degli esteri PLR Didier Burkhaltèèèèr sarebbe addirittura pronto a proporre un accordo quadro internazionale con l’UE, che sancirebbe la nostra assoggettazione a leggi e giudici stranieri. Anche in assenza di una simile sciagura, il Consiglio federale sottomette sempre più la Svizzera a regole fabbricate altrove e senza uno straccio di processo democratico: ciò avviene tramite approvazione compulsiva di trattati internazionali che prevedono giurisdizioni speciali.
Data storica
Due anni e otto mesi: da tanto la partitocrazia spalancatrice di frontiere, il Consiglio federale, la stampa di regime, gli intellettualini da tre e una cicca, spalano palta sul nuovo articolo costituzionale 121 a. Obiettivo: convincere gli svizzerotti che il “maledetto voto” non solo è sbagliato, ma anche moralmente riprovevole. Ma l’esercizio è miseramente fallito. Il consenso dietro quel voto invece di diminuire è addirittura aumentato. Del resto, l’antieuropeismo non cresce solo in Svizzera. Lo scorso 23 giugno – data storica – gli inglesi hanno votato la Brexit. L’hanno votata malgrado i ricatti, le minacce e il terrorismo di stato dei contrari. In Francia ed anche in Germania il fronte che mira a rottamare Bruxelles guadagna terreno ad ogni votazione. In queste condizioni, il presidente della Commissione europea Juncker, burocrate arrogante ed ipocrita, quello che fa la voce grossa con gli svizzerotti, crede forse di salvare quanto resta della baracca irrigidendosi ideologicamente sulla libera circolazione senza limiti? Auguri: rimarrà negli annali come il becchino dell’UE.
La rabbia popolare
Sono sempre meno quelli disposti a bersi la frottola della libera circolazione indispensabile. I sondaggi lo confermano: perfino quelli effettuati delle testate del filoeuropeista gruppo Ringier. Chi si illudeva di poter sabotare il maledetto voto senza dover fare i conti con un’esplosione di rabbia popolare è servito. Il monito all’indirizzo di Berna e della partitocrazia è chiaro.
Lorenzo Quadri