Dipartimenti: una $ocialista a capo del DSS avrebbe fatto esplodere la spesa. E al DECS…
“Grazie” al P$, una delle due cadreghe ticinesi al Consiglio degli Stati rimarrà vuota fino a dicembre. Ossia fino a quando si insedierà il nuovo parlatoio federale, che uscirà dalle elezioni in ottobre.
Il Ticino nella Camera dei Cantoni avrà dunque un solo voto. Questo perché il Califfato di Lumino ha voluto blindare l’elezione in Consiglio di Stato della propria esponente Marina Carobbio. La responsabilità di tale situazione è solo del P$; il quale non deve neanche sognarsi di poterla “spalmare” su altri!
C’erano delle alternative? Certo che sì. Carobbio, invece di candidarsi per un’altra carica, avrebbe potuto rimanere là dove i cittadini l’avevano eletta. C’era però un problema: il seggio bernese non era garantito, Carobbio è andata agli Stati per 46 schede. Il rischio di trovarsi senza una cadrega in autunno era alto. E l’interesse personale viene prima, molto prima, di quello del Cantone. E degli impegni presi con gli elettori.
Ritorno radikalchic
Il P$ avrebbe senz’altro trovato un altro candidato da fare eleggere nel governicchio ticinese. Specie dopo la rinuncia della Verde Gysin (che costituiva, per i $ocialisti, l’unico rischio concreto di perdita del seggio a vantaggio degli ecologisti).
Di conseguenza, se Carobbio fosse rimasta agli Stati, il P$ avrebbe avuto delle chance di mantenere, oltre al posto in governicchio, anche la poltrona bernese. Adesso quella poltrona è irrimediabilmente evaporata. In autunno la cadrega “ex Marina” tornerà – come da lunghissima tradizione – sotto natiche radikalchic.
L’interesse del partito era che la neo-ministra restasse al suo posto. Quello del Califfato di Lumino invece no. Nel caso sussistessero ancora dei dubbi su chi manovra il partito come una marionetta.
Incompatibilità
Il fatto surreale è che Carobbio non si sia dimessa dagli Stati al momento della candidatura al CdS, dato che la lista era blindata e l’elezione garantita.
Le storielle su fantomatici dossier vitali da seguire fino all’ultimo, sono, evidentemente, fanfaluche. Una dimissione al momento della candidatura avrebbe dato un minimo di plausibilità ad un’elezione suppletiva. Nel senso che il “subentrante” non sarebbe stato mandato a Berna per una sola sessione, ma almeno per un paio. L’elezione avrebbe comunque comportato un costo, a carico del contribuente, di oltre 400mila franchi (più il lavoro amministrativo): tutto grazie al P$ ed al Califfato.
Per evitare di ritrovarsi in futuro nella stessa situazione, occorre dunque stabilire l’incompatibilità tra la candidatura al governicchio cantonale e la carica di Consigliere agli Stati.
Il meno peggio
Nella situazione attuale, la via della rinuncia all’elezione supplettiva è la più sensata (o la meno insensata). Date le tempistiche previste dalla legge, si sarebbe organizzata un’ennesima elezione per mandare a Berna un nuovo Consigliere agli Stati per una sola sessione… a fare cosa? A schiacciare bottoncini colorati a caso? In una logica di meno peggio – perché purtroppo è a questo che siamo ridotti – la cadrega vuota rappresenta il danno minore.
Dal profilo istituzionale questa soluzione “scanchigna”? Oltre ai formalismi, ci vuole anche il buon senso. Oltretutto, sempre in ambito istituzionale, il governicchio (quattro quinti del governicchio attuale) ha fatto di molto peggio: nella primavera del 2020 è infatti riuscito ad annullare le elezioni comunali per “motivi psicologici”. Senza che nessuno andasse a piangere dai tribunali. Con un precedente del genere, è possibile tutto…
Esempio vodese
Nessuna sorpresa, per contro, dalla ripartizione dei Dipartimenti. Che l’esponente P$ non sia andata al DSS è un bene. Una $ocialista a capo del Dipartimento che già spende più di tutti avrebbe portato ad un’ulteriore impennata delle uscite, a danno dei contribuenti. Con scontati tentativi di inventarsi nuovi sussidi a pioggia e di privilegiare ulteriormente i migranti. Inoltre, se De Rosa avesse ceduto (disfesciato) il Dipartimento dopo una sola legislatura, avrebbe dato l’impressione di scappare.
Il DECS era già ro$$o, e ro$$o rimane. Speriamo che l’ex parlamentare federale non si fissi come priorità l’importazione nella scuola ticinese della linea della $inistra sotto le cupole bernesi: vedi l’utilizzo della lingua “trans-inclusiva”, le demenziali teorie secondo cui il genere sarebbe un’opinione e non un dato biologico, i ragazzi invitati ad usare i gabinetti delle femmine se si “sentono donne” e tutto il tristemente noto catalogo di scempiaggini LGBTQVattelapesca. Scontato, poi, che al DECS si tenterà di sdoganare ulteriori progetti di inclusivismo ad oltranza e di “democrazia della riuscita”.
Nel 2017 un’altra deputata federale P$, tale Cesla Amarelle (Cesla chi?) venne eletta nel governicchio vodese. Assumendo la direzione del locale DECS si lanciò a capofitto nelle misure di cui sopra. Il che, alle elezioni successive, le costò la cadrega. E questo nel ro$$eggiante Canton Vaud. A buon intenditor…
Lorenzo Quadri