Il prossimo 22 settembre i cittadini elvetici saranno chiamati a votare sull’ennesimo attentato ai valori ed al modello svizzero.
Il riferimento è, ovviamente, all’iniziativa che vuole l’abolizione dell’obbligo di prestare servizio militare. Il che, va da sé, equivale ad un’abolizione dell’esercito presentata sotto altro nome.
Chi “non sente il tema”, chi pensa che l’esercito sia, tutto sommato, un giocattolo costoso e sostanzialmente inutile, forse non si rende conto che la sicurezza nazionale è tutt’altro che garantita nei secoli dei secoli. In particolare non lo è in questo periodo, in cui siamo confrontati con fenomeni migratori fuori da qualsiasi controllo, oltre che circondati da paesi UE colpiti – a dimostrazione del totale fallimento dell’Unione europea – da tassi di disoccupazione stellari e quindi forieri di gravi disordini sociali ad alto rischio di ripercussioni anche da noi.
Chi ha spalancato le frontiere, causando grave pregiudizio alla nostra sicurezza oltre che al nostro mercato del lavoro, pretende ora che il cittadino elvetico sia disposto a bearsi nell’illusione della pace perpetua, abolendo l’esercito di milizia. Il che è un po’ come incoraggiare chi al momento sta più o meno bene a smettere di pagare i premi di cassa malati, facendogli credere che non si ammalerà mai e che mai avrà bisogno di cure: una pericolosa chimera. L’esercito è in effetti una sorta di assicurazione, i cui costi sono tuttavia sostenibili: ad una spesa annuale di 4.3 miliardi di Fr fanno riscontro 1,2 miliardi di controvalore verificabile e indotti stimabili a 4.7 miliardi. Di fatto, dunque, un saldo positivo. L’esercito garantisce inoltre circa 12’000 posti di lavoro, soprattutto nelle regioni discoste.
Va poi sottolineato che la Svizzera, in proporzione, per la propria difesa paga meno dell’Italia, malgrado quest’ultima sia sull’orlo della bancarotta, e anche meno della media UE. Quindi non si può parlare di spese esagerate.
L’esercito di milizia, la milizia in generale, è un modello di successo svizzero, improntato alla responsabilità individuale e alla fiducia tra cittadino e Stato. Solo la milizia obbligatoria permette all’esercito di disporre di un effettivo flessibile e scalare, rapidamente adeguabile in caso di necessità. I paesi europei che hanno sospeso (notabene: sospeso, non abolito) l’obbligo di prestare servizio militare hanno avuto modo di pentirsene, e ora non riescono a reclutare tra i volontari il personale che sarebbe necessario. Devono attingere dalle bidonville e dalle carceri, con tutte le conseguenze del caso ed il rischio di trovare non già cittadini-soldati responsabili, bensì estremisti, magari anche pericolosi.
Ancora una volta, l’ennesima, la sinistra pretende, in nome delle consuete paturnie internazionaliste, di farci copiare esperimenti UE falliti, come appunto la sospensione dell’obbligo di servire. Del resto, l’obiettivo degli iniziativisti è da un lato affossare l’esercito nella sua totalità, dall’altro colpire la milizia intesa come specificità e valore aggiunto elvetico: secondo costoro, infatti, tutto ciò che distingue e che ha fatto la fortuna del nostro paese – e che è frutto del duro lavoro di chi ci ha preceduto e non certo caduto dal cielo – va demolito. Va demolito per renderci sempre più uguali a tutti gli altri, eurocompatibili e, chiaramente, indifesi davanti alle crescenti pressioni internazionali che traggono forza da un governo federale debolissimo. Smantellare il nostro esercito quando è in atto una guerra economica contro la Svizzera equivarrebbe a dare, all’estero, l’ennesimo segnale deleterio. La situazione internazionale in essere offre più di uno spunto per agire semmai nella direzione opposta. Votiamo quindi un NO deciso, il prossimo 22 settembre, all’iniziativa che, con l’esercito di milizia, vuole smantellare l’esercito, i valori elvetici e, con essi, la Svizzera.
Lorenzo Quadri