Il blocco dei ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri, non lo si sottolineerà mai abbastanza, è stata una mossa doverosa e necessaria. Senza questo intervento non ci sarebbe stata nessuna trattativa con l’Italia.

E’ chiaro però che non abbiamo alcuna premura di mandare soldi alla vicina ed ex amica Penisola. Sappiamo fin troppo bene che quando il Consiglio federale ha fretta, ha solo fretta di cedere. Cosa che con l’Italia non va assolutamente fatta, dal momento che si tratta di uno Stato in bancarotta. E i cordoni della borsa li abbiamo in mano noi. Quindi è evidente che non entrano in linea di conto  liberatorie del 41% come quelle concesse a Gran Bretagna, Germania ed Austria, peraltro nell’ambito di accordi “Rubik” che ciurlano nel manico. Infatti nei giorni scorsi la Commissione degli Esteri del Consiglio degli Stati questi accordi  li ha sì approvati, ma veramente di misura: 5 a 4 e un’astensione. L’ipotesi di una bocciatura nel plenum non è dunque peregrina.

E’ chiaro che il risultato di un tasso di liberatoria del 41% sarebbe quello di spingere gli italiani a portare i loro soldi su qualche piazza asiatica, dove di scambi di informazioni proprio non ce ne sono. Del resto l’italiano di amnistie e scudi ormai non si fida più visto che si è già ampiamente scottato: nel senso che i capitali scudati sono stati tassati e ritassati.

Fa poi specie che nell’accordo con l’Austria, nazione che per ora conosce anch’essa il segreto bancario, non si parli di reciprocità. Idem per la Gran Bretagna (isole della Manica). Sicuramente non ci sono svizzeri con soldi in Italia. Svizzeri con soldi in Austria, invece, ce ne sono. E da questi conti, la Svizzera non riceve nulla?

 

Il bubbone è destinato ad esplodere

Negli accordi fiscali internazionali c’è poi un altro aspetto particolarmente problematico. Un aspetto che al momento viene fatto passare più o meno sotto silenzio per non creare altro scompiglio; ma il bubbone è destinato ad esplodere.

Ossia il fatto che ai governi esteri vengono/verrebbero fornite informazioni sui conti bancari elvetici di propri cittadini. Per contro, ai governi cantonali non vengono fornite queste indicazioni sui patrimoni non dichiarati di cittadini svizzeri.

E’ chiaro che le autorità fiscali cantonali non staranno zitte a lungo: quindi anche quei cittadini svizzeri che hanno denaro non dichiarato rischiano di vedersi levato il segreto bancario. Soprattutto, in considerazione del fatto  che in Svizzera (all’esatto opposto di quello che accade in Italia) di amnistie non si vuole sentir parlare (non se ne fanno da oltre quarant’anni), c’è da sospettare che il segreto bancario verrebbe smantellato a danno dei conti di cittadini svizzeri senza nemmeno permettere a questi ultimi di mettersi in regola tramite un’amnistia.

Come si vede, dunque, non ci sono di mezzo solo svariate decine di migliaia di posti di lavoro sulla piazza finanziaria elvetica, ma anche la privacy dei cittadini svizzeri. Perché le informazioni sulle relazioni bancarie fanno parte del diritto alla privacy, come hanno dichiarato di recente vari “mister dati”. Peccato che negli scorsi mesi, quando il Consiglio federale, ed in particolare la ministra del 5% Eveline Widmer Schlumpf, eletta dalla $inistra e dal PPD in spregio delle più elementari regole democratiche, smontavano il segreto bancario, i citati “mister dati” fossero, evidentemente, in viaggio sul pianeta Marte. Solo così si spiega il loro prendere posizione solo adesso, quando i buoi sono già fuori dalla stalla!