Come volevasi dimostrare, e come aveva scritto qualche settimana fa su queste colonne il Consigliere di Stato Norman Gobbi, le trattative fiscali con l’Italia parrebbero nuovamente bloccate. E pare anche che il disegno di legge italiano attualmente in attesa dell’approvazione da parte della Camera dei deputati contenga delle disposizioni discriminatorie per il nostro paese. Voci strane al proposito circolano da un po’ di tempo. Sul tema il consigliere nazionale PLR Giovanni Merlini ha presentato un’interpellanza nei giorni scorsi.
Quindi, e non ci voleva una scienza per arrivarci, siamo ben lungi da quella conclusione imminente di cui parlavano a giugno la ministra del 5% Widmer Schlumpf ed il suo portaborse De Watteville. Del resto, se davvero una trattativa è nelle fasi conclusive, i tempi si abbreviano; non si dilatano.
Nuovo tiro mancino?
Che ci siano delle clausole discriminatorie nei confronti della Svizzera, come si sente vociferare, non sarebbe certo sorprendente. Dopo anni di infruttuose trattative con la vicina Penisola, anche i negoziatori elvetici dovrebbero aver capito che delle promesse fatte da Roma non ci si può fidare. Non solo perché i governi non eletti si succedono uno all’altro a tambur battente. E’ ovvio che l’Italia ha ben altre priorità che i trattati con la Confederazione. E, se del caso, questi interessano solo per incassare soldi sulle spalle degli svizzerotti: del resto il governo Renzi deve pur dimostrare di aver concluso qualcosa. E allora, pensano a Roma, facciamo l’ennesimo tiro mancino agli svizzeri, che tanto sono fessi e non si accorgono di niente.
Contraddizioni
L’Italia già da quasi 15 anni ha inserito la Svizzera su una lista nera illegale. Da parte elvetica non c’è però stata alcuna contromisura. L’iscrizione sulla black list è peraltro assolutamente contraddittoria. Essa è avvenuta, come noto, col pretesto del segreto bancario. Però:
1) la famosa Convenzione del 1974 sui ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri nasce come un pizzo all’Italia in cambio del riconoscimento del segreto bancario. Quindi la vicina Penisola non può incassare i ristorni e contemporaneamente denunciare il segreto bancario. O una cosa, o l’altra. Inoltre, inserire la Svizzera sulla black list costituisce una violazione della Convenzione che, di conseguenza, può venire denunciata.
2) Il segreto bancario è stato svenduto dalla ministra del 5% Widmer Schlumpf senza contropartita.
Accordi decaduti
In queste condizioni è evidente che l’accordo sui ristorni dei frontalieri non ha più ragione di essere. E quindi va disdetto. I ristorni non vanno, di conseguenza, più versati. E’ quindi sempre più chiaro che non bloccarne il versamento è stato un errore: sappiamo bene che niente è più permanente del provvisorio, soprattutto nella vicina Penisola. Aver corrisposto il “malloppo” servirà dunque solo a permettere ai vicini a sud di tirare a campare ancora un po’ di mesi. E a dimostrare che gli svizzerotti possono venire presi per i fondelli. Impunemente e ad oltranza.
E’ chiaro che un disegno di legge discriminatorio da parte dell’Italia in materia di accordi fiscali con il nostro paese deve portare all’immediata disdetta unilaterale, da parte elvetica, della convenzione sui ristorni dei frontalieri.
La ministra del 5% si è impegnata a prendere misure contro l’Italia nel caso in cui quest’ultima non rispettasse i patti. Avremo quindi presto modo di vedere se questo impegno è solo l’ennesima frottola. Tenendo ben presente chi ha messo la ministra del 5% in Consiglio federale contro le più elementari regole democratiche: la $inistra e il PPDog.
Lorenzo Quadri