Con il trattatuncolo sulla fiscalità dei frontalieri, Berna si lava la coscienza

Come era scontato, la scorsa settimana anche il Consiglio nazionale ha approvato a larghissima maggioranza il nuovo accordo con il Belpaese sulla fiscalità dei frontalieri. Il trattato è stato accolto con 186 voti favorevoli, 4 contrari 2 astenuti. Per la cronaca, i quattro contrari erano, oltre a chi scrive, gli UDC Piero Marchesi, Jean-Luc Addor (VS) ed Erich Hess (BE). I due astenuti erano l’UDC Martina Bircher (AG) e il PPD Marco Romano.

Strappare applausi?

Con l’accordicchio in questione, negoziato al ribasso, Berna immagina di lavarsi la coscienza (uno sport in cui di questi tempi la Confederella sembra eccellere).

Nel remoto futuro, ovvero a partire dal 2034, il nuovo trattato porterà in effetti un moderato aumento delle entrate fiscali a beneficio del nostro Cantone. Nel frattempo, però, ci perdiamo: il moltiplicatore d’imposta dei frontalieri dovrà scendere dall’attuale 100% all’80% e la percentuale di imposta alla fonte da ristornare all’Italia salirà dal 38.8% al 40%.

La Lega è stata tra le prime a sostenere il principio che i frontalieri andavano tassati secondo le aliquote italiane; ma il Ticino avrebbe dovuto trattenere sul territorio l’equivalente della totalità dell’attuale imposta alla fonte svizzera, mentre invece secondo il nuovo accordo si arriverà all’80%. Vero, si tratta di un aumento di gettito rispetto alla situazione attuale: ma la Confederazione da quasi 50 anni costringe il Ticino a pagare i ristorni (che, lo ricordiamo, nascono come un pizzo all’Italia in cambio dell’accettazione del segreto bancario e quindi sono da tempo diventati privi d’oggetto). Pertanto, Berna non può pensare di propinarci un contentino e poi di strappare applausi. Ricordiamodi transenna che il Lussemburgo, Stato membro UE, per i frontalieri attivi nel proprio territorio non versa alcun ristorno.

L’Italia se la ride

Inoltre, e bisogna tenerlo sempre presente, dal punto di vista economico la principale beneficiaria del futuro regime fiscale sarà l’Italia, che incasserà centinaia di milioni di imposte in più, e non certo il Ticino. Quindi è ora di finirla con la fregnaccia degli svizzerotti che avrebbero ottenuto chissà quali concessioni da Roma. L’Italia il regalo l’ha fatto sostanzialmente a sé stessa.

Quanto all’auspicato effetto antidumping generato dalle nuove disposizioni: lo si vedrà solo tra molto tempo, perché il nuovo regime fiscale si applicherà soltanto ai nuovi frontalieri assunti dopo il 2023. Si potrebbe quindi assistere alla corsa al permesso Gfinché sono in vigore le regole attuali. L’effetto antidumping arriverà solo con la sostituzione dei vecchi frontalieri con i nuovi frontalieri a seguito dei pensionamenti.

Fa ridere i polli che il governicchio federale, dopo aver negato l’esistenza del dumping salariale da libera circolazione delle persone (per la serie: “sono solo percezioni”), adesso “improvvisamente” lo scopra e pretenda di averlo risolto con l’accordicchio sulla fiscalità dei frontalieri, rifiutando istericamente qualsiasi forma di moratoria sui nuovi permessi G. Come diceva Totò: “Accà nisciuno è fesso!”.

Già nel dimenticatoio?

Con la firma dell’accordicchio con l’Italia, la Svizzera non avrà più mezzi di pressione sul Belpaese. In particolare, non sarà più possibile la disdetta unilaterale della Convenzione del 1974 con conseguente blocco dei ristorni. Questo mentre sul tavolo rimane irrisolto l’accesso degli operatori finanziari svizzeri alla piazza italiana. Che oggi non viene concesso. Perché il Belpaese, impipandosene della roadmap sottoscritta nel 2015 che lo contemplava, ha adottato posizioni proibizioniste.

Tale problema è solo ticinese. Poiché la Germania ha aperto il proprio mercato alle banche svizzere, la piazza zurighese è servita.E quindi la Confederazione se ne impipa.

In gioco ci sono tanti posti di lavoro in Ticino, occupati da ticinesi. Impieghi che rischiano di spostarsi in Italia.

Dopo la firma dell’accordicchio sui frontalieri, c’è da chiedersi con quali mezzi la Confederella pensa di indurre i vicini a sud al rispetto degli impegni presi con la road map. O vuoi vedere che per Berna in realtà la questione è già archiviata, leggi dimenticata?

Lorenzo Quadri