A Natale la firma era imminente. Adesso l’oggetto è sparito dall’agenda politica

E intanto, non essendosi sentito un cip in senso contrario, poco ma sicuro che il governicchio a fine giugno ha versato i ristorni, che ammontano ormai a quasi 100 milioni

Ma nooo! Ma chi l’avrebbe mai detto! Il “nuovo” (sempre meno nuovo) accordo sulla fiscalità dei frontalieri è disperso. Il CdT ha pubblicato lunedì il risultato di una mini-inchiesta svolta tra politicanti e sindacalisti italici. Il risultato è univoco: il tema è sparito dall’agenda politica. Nella migliore delle ipotesi resterà in congelatore fino al 2023. Un anno che però, al di là della ramina, potrebbe essere elettorale, con il rinnovo delle Camere. E tutti sanno che negli anni elettorali di decisioni controverse non se ne prendono.

Imminente da sei anni

Poco prima del Natale 2020 si sentiva cianciare dell’imminente sottoscrizione del nuovo accordo fiscale. Come sappiamo, la sottoscrizione è imminente da oltre sei anni, ovvero dal lontano 2015. Ogni tot tempo, come per interrompere la prescrizione, ecco che viene diffusa la fake news della conclusione dietro l’angolo;giusto per rabbonire gli svizzerotti (“che tanto sono fessi e non si accorgono di niente”).

Affare stracco

Vale la pena ricordare che in ogni caso il nuovo accordo, nella versione annunciata sotto Natale, non sarebbe stato un grande affare per il Ticino. Infatti il nuovo regime fiscale sarebbe stato applicato solo a quei frontalieri che hanno ottenuto un permesso G dopo il 2023 (ecco che ritorna l’anno elettorale). Quelli assunti in precedenza sarebbero andati avanti fino alla pensione con le regole attuali. I ristorni sarebbero stati  mantenuti fino al 2033. E fino al 2033, inoltre, la quota delle imposte alla fonte da versare all’Italia sarebbe passata dall’attuale 38.8% al 40%. Ed in più, sarebbe stata abrogata la legge cantonale che fissa il moltiplicatore al 100% per i frontalieri, col risultato di farlo scendere all’80%. Quindi una perdita secca per l’erario ticinese.

Come si vede, se anche l’accelerazione (?) natalizia fosse stata vera e non farlocca, non ci sarebbe stato motivo di stappare lo champagne.

Adesso, per l’ennesima volta, ci vengono prospettati ritardi di ulteriori anni. Chiaro: l’Italia non intende affatto sottoscrivere un nuovo accordo fiscale. Le va benissimo quello attuale, visto che la favorisce indebitamente.

La domanda a questo punto è: fino a quando pensiamo di andare avanti a farci prendere per il lato B dai vicini a sud?

Fino a quando pensiamo di versare vagonate di milioni senza motivo?

Come con l’accordo quadro…

A Berna la Lega ha già posto il quesito: cosa deve succedere affinché il governicchio federale si decida a dichiarare fallito il “nuovo” accordo fiscale con il Belpaese e di conseguenza adisdire unilateralmente la vetusta Convenzione del 1974? La risposta è stata che un passo del genere non sarebbe usuale.Ohibò. Eppure di recente, in un raro sprazzo di lucidità, il CF ha chiuso i negoziati con l’UE e stabilito che la Svizzera non firmerà lo sconcio accordo quadro istituzionale. Perché con l’accordo sui frontalieri non dovrebbe essere possibile fare lo stesso, e poi disdire la Convenzione del 1974?

Vogliamo davvero andare avanti all’infinito a pagare ogni anno, in tempo di crisi nera, quasi 100 milioni di Fr non dovuti? Vogliamo continuare ad oltranza a fare la figura degli scemi del villaggio, col risultato che i vicini d’Oltreramina ci fregheranno non solo in questa occasione, ma in tutte? Al proposito vale la pena ricordare che, tanto per dirne una, Roma  continua a non concedere  agli operatori elvetici l’accesso alla piazza finanziaria tricolore.

Malloppo versato

Se, come titolava il CdT di lunedì, l’accordo sui frontalieri è scomparso (dall’agenda politica del Belpaese) i ristorni sono tutt’altro che scomparsi. Visto che il termine per il pagamento,come noto, è il 30 giugno, se ne deduce che, grazie alla maggioranza triciclata, anche quest’anno il governicchio qualche giorno fa ha versato il malloppone senza colpo ferire. Ed infatti sul tema non si è sentito un cip. Ma del resto i giornalai della stampa di regime sono troppo impegnati a montare la panna sull’ “autogestione”; figuriamoci se hanno il tempo per occuparsi di una bazzecola da 100 milioni all’anno….

Utilizzo scorretto

E proprio nei giorni scorsi abbiamo appreso dell’ennesimo inquinamento delle acque italiche del Lago di Lugano a causa della mancanza di depuratori. Ossia, a causa della non realizzazione di quelle opere infrastrutturali che i ristorni dovrebbero servire a finanziare. Ma i beneficiari, evidentemente, usano i soldi in arrivo dal Ticino per scopi ben diversi (leggi: tappare i buchi di gestione corrente). E noi continuiamo imperterriti a pagare!

Lorenzo Quadri