Frontalieri: se la nuova (?) intesa è fallita, non si può andare avanti con la vecchia

Scusate ma ci scappa da ridere! Adesso all’improvviso (?) scopriamo dalla stampa che perfino KrankenCassis considererebbe “morto e sepolto” il famoso nuovo accordo fiscale con il Belpaese.

Ma va? Nel 2020 saranno cinque (!) anni che siamo in ballo con questo accordo, la cui firma era stata spacciata per “imminente” già nel 2015! Ed intanto, in nome dell’accordo da sottoscrivere – o piuttosto: usando come pretesto l’accordo da sottoscrivere – le calate di braghe davanti al Belpaese sono proseguite ad oltranza.

Ovviamente i vicini a sud lo sanno bene e se la ridono a bocca larga: tenendo l’accordo nel limbo, facendo credere che una firma sia sempre possibile, fanno ballare gli svizzerotti (“che tanto sono fessi e non si accorgono di niente”)  come vogliono loro!

Non serve certo essere sottili diplomatici né finemente psicologi (uella) per capire certi meccanismi.

A 90 gradi

Sicché, nel nome dell’accordo da portare a casa (?), ecco che davanti alla vicina Penisola ci si china a 90 gradi nell’illusione di compiacere i politicanti d’Oltreramina. I burocrati federali, a partire dall’improponibile tirapiedi Jacques de Watteville (per fortuna nel frattempo pensionato), pretendevano addirittura che il Ticino azzerasse la richiesta del casellario giudiziale prima del rilascio di un permesso B o G, con la scusa che dava fastidio all’Italia. Sempre per lo stesso motivo, i valichi secondari rimangono spalancati 24 ore su 24. Malgrado la mozione Pantani per la chiusura notturna sia approvata dal parlamento che l’ha di nuovo confermata lo scorso settembre, rifiutando di dichiararla evasa.

Sicurezza

Sempre a proposito di sicurezza delle zone di confine. Nei giorni scorsi in Consiglio nazionale (vedi articolo a pag. 6) si è sentito il solito penoso florilegio di fregnacce della casta sul fatto che le frontiere devono rimanere spalancate, perché pensare alla sicurezza interna è roba da beceri populisti e razzisti. “Bisogna aprirsi!”; “Bisogna salvare Schengen!”; “Si devono abbattere le frontiere, non costruire muri!”; “Se reintroduciamo i controlli sul confine causiamo difficoltà ai  frontalieri”, e mica vorremmo provocare un qualsivoglia disagio all’esercito delle 70mila targhe azzurre che tutti i giorni invade il Ticino!

Insomma, sempre le stesse boiate!

Agire di conseguenza

Ma soprattutto, l’argomento principe dei burocrati federali euroturbo è il solito squallido ricattino: “chi infastidisce la vicina Repubblica, specie se ad essere molesti sono i soliti ticinesotti, poi si assume la responsabilità del fallimento delle trattative sul nuovo accordo fiscale sui frontalieri”. Ma vaffa! Certo che per sostenere tesi del genere bisogna essere caduti dal seggiolone da piccoli. Il nuovo accordo è morto e sepolto da anni. Si può ben dire che è nato tale. Come scrivevamo all’inizio, a quanto sembra ormai  nemmeno Cassis ci crederebbe più. La notizia è stata data “en passant”, eppure si tratta di una questione della massima importanza. Perché bisogna trarne le dovute conseguenze. Se “l’accordo è morto e sepolto”, mica si può andare avanti “come se niente fudesse”! Bisogna invece:

  • Dichiarare ufficialmente che le trattative sono fallite, per colpa dell’Italia;
  • Disdire unilateralmente la Convenzione del 1974;
  • Il Ticino deve bloccare il versamento dei ristorni dei frontalieri: sveglia, triciclo PLR-PPD-P$ in governicchio!

Ohibò, il 2020 sarà finalmente l’anno della svolta? Chissà perché, ma abbiamo qualche dubbio!

Lorenzo Quadri