L’improvvisa scomparsa della sovrana di tre generazioni suscita costernazione collettiva
Chiunque abbia meno di ottant’anni non ricorda altro sovrano britannico al di fuori di lei, Elisabetta II, morta giovedì scorso. La scomparsa della regina di tre generazioni ha suscitato costernazione generale: da sempre abituato alla sua presenza, il pubblico di tutto il mondo la considerava immortale, come il Big Ben o la Torra di Londra. E ad essere immortale, The Queen ci era quasi riuscita, arrivando all’età di 96 anni.
La sua dipartita rattrista come la fine dell’ennesima certezza; unOccidente che va a rotoli perde un altro pezzo del proprio passato, della propria identità. Le vicissitudini – a volte drammatiche, a volte boccaccesche – della famiglia reale inglese ci intrattengonoda quando ne abbiamo memoria. Per questo, la regina avevamoquasi l’impressione di conoscerla personalmente.
Elisabetta era “la” regina per antonomasia. Un fenomeno di costume ancora prima che politico. In tale veste The Queen, con il numeroso e spesso imbarazzante parentado, è stata molto presente anche su questo giornale, nella rubrica Les Fleurs du Tribunal. In effetti i Royals forniscono spunti pressoché inesauribili per battute ed ironie. La dipartita di Elisabetta lascia quindi un po’ orfani anche noi, che inglesi non siamo.
L’ultimo servizio
La regina se ne è andata senza preavviso, nel giro di poche ore, cogliendo tutti di sorpresa: come se, rendendo un ultimo servizio alla nazione, avesse voluto risparmiarle la tortura di un’interminabile agonia ospedaliera, con il suo devastante alternarsi di speranze e disillusioni. I sudditi (ed il mondo) si sono trovati, di punto in bianco, davanti al fatto compiuto. Il principe Carlo, che nessuno immaginava in un ruolo diverso da quello di eterno erede, diventa re: ad un’età in cui la maggioranza della gente è in pensione da anni, gli tocca cominciare a lavorare. Non che le cose potessero andare diversamente: il salto di una generazione, che portasse la corona sulla testa glabra del figlio William, era solo una speculazione assurda. Se la madre è stata regina fino a 96 anni, perché il figlio non potrebbe essere re a 73?
La regina consorte
Altrettanto scontata era l’elevazione di Camilla, ex Parker Bowles, al ruolo di regina consorte. E perché mai non avrebbe dovuto diventarlo? La Costituzione inglese, per la moglie di un re, prevede unicamente lo status di regina. Un ipotetico rango minore di “principessa consorte” avrebbe dovuto essere creato dal nulla. Precedenti non ne esistono: Filippo d’Edimburgo ed il principe Alberto, marito della Regina Vittoria, erano principi consorti poiché ad essere re – dei re donna – erano le rispettive mogli (i mariti delle regine sono discriminati rispetto alle mogli dei re).
E con quale argomentazione plausibile si sarebbe negato a Camilla il titolo di “Queen consort”? Perché (come Carlo del resto) ha alle spalle un matrimonio fallito? In una società che esalta le pagliacciate LGBTQVattelapesca ed eleva a virtù il “gender fluid”e l’identità “non binaria” (c’entra con le FFS?), una donna non potrebbe diventare regina perché divorziata? Siamo seri.
Carlo III: cominciamo bene…
Le monarchie occidentali, per ovvi motivi, non hanno più alcun potere politico. Ma possono influenzare la società in altri modi. Il nuovo sovrano Carlo III non lascia ben sperare, essendo conosciuto come climatista nonché fautore del politikamente korretto e del multikulti; di fatto un esponente della gauche super-caviar. Ben difficilmente gli si sentirà proferire la frase dellapittoresca regina danese Margrete II a proposito dei musulmani: “Se non vogliono rispettare le nostre regole, non sono al loro posto in Danimarca”.
Anche la scelta del nome, Carlo III, fa inarcare più di un sopracciglio. Si immaginava che, per regnare, il principe di Gallesavrebbe optato (adattando la numerazione) per il nome di suo nonno, re Giorgio VI: che a sua volta, prima di salire al trono, si chiamava Alberto. “Carlo III” non è di buon auspicio. Carlo I venne decapitato nel 1649 durante la rivoluzione inglese che comportò (per breve tempo) la fine della monarchia e la creazione di un’effimera repubblica; suo figlio Carlo II viene ricordato come lazzarone e depravato. Il nuovo monarca già si trova a raccogliere un’eredità pesante; pare quasi che, scegliendo un nome carico di infausti presagi, voglia portarsi sfiga da solo.
Il fascino della fiaba
Si potrebbe poi disquisire a lungo sul senso delle monarchie nel XXI secolo. Certo, una famiglia reale ha un costo. Ma neppure un presidente della repubblica è gratis. Con la differenza che i regnanti sono, per la nazione, uno strumento di marketing ed’indotto turistico. Anche perché esercitano su tutti noi, che in fondo siamo rimasti un po’ bambini, il fascino della fiaba che si materializza nella realtà (pur con dei limiti). E dunque ci permettono di continuare a sognare.
Lorenzo Quadri