Carburante alle stelle a causa della guerra in Ucraina: governicchio federale, sveglia!

Come c’era da attenersi, e non serviva il  Mago Otelma per prevederlo, il prezzo della guerra in Ucraina lo paghiamo anche noi. E questo ancora prima che ci arrivi il conto della rottamazione della neutralità svizzera, che espone la Confederella a ritorsioni russe. L’abbandono della neutralità è un passo sconsiderato, compiuto dal governicchio federale ed appoggiato da una partitocrazia federale allo sbando.

Prezzi record

Il primo capitolo, clamorosamente percepibile anche ai comuni cittadini, riguarda il caro-benzina. Il prezzo alla pompa ha raggiunto livelli record, e nelle prossime settimane è destinato ad aumentare ancora. Impossibile formulare delle previsioni, ma – purtroppo – non è certo fantascienza ipotizzare che arrivi a 3 franchi al litro. Più in generale, si osserva un’impennata dei prezzi dell’energia, che nei prossimi mesi potrebbero portare anche a chiusure e fallimenti aziendali. Con le conseguenze occupazionali del caso. Come se la crisi economica da stramaledetto virus cinese (tra l’altro: a seguito dei carnevali, i contagi si sono impennati) non avesse fatto abbastanza danni.

E’ ovvio che a subire maggiormente le conseguenze del caro-carburante sono, come al solito, il ceto medio e quello basso: i milionari se ne possono fare un baffo.

E per fortuna che, il 13 giugno dello scorso anno, i cittadini hanno rottamato gli ecobalzelli bramati dalla partitocrazia, $inistra tassaiola in primis: altrimenti oggi il salasso sarebbe ancora più insostenibile.

Margine di manovra

Tuttavia, sul costo della benzina alla pompa, la Confederella ha ampio margine di manovra. Nel senso che il prezzo è in buona parte determinato da tasse e balzelli. Segnatamente dall’imposta sugli oli minerali.

Nel 2020, l’imposta sugli oli minerali che grava il carburante ha generato entrate per oltre 2.5 miliardi di franchetti. Il 45% di questa somma, secondo la chiave di riparto, entra nelle casse generali della Confederazione. Costituisce pertanto un tesoretto a disposizione del governicchio federale, che può usarlo come meglio crede: ad esempio  per mantenere finti rifugiati in arrivo da “altre culture”.

Il 50% dell’imposta sugli oli minerali è a destinazione vincolata per compiti nell’ambito stradale ed aereo, ed il restante 5% è invece destinato al Fondo per le strade nazionali ed il traffico d’agglomerato.

Il supplemento d’imposta, che nel 2020 ha reso 1.66 miliardi di Fr, è per contro tutto a destinazione vincolata per compiti nell’ambito del traffico stradale ed aereo.

La Lega si muove

Col 45% di entrate destinato alle casse federali citato sopra, la Confederazione può fare quel che crede. Anche rinunciare a prelevarlo. In altre parole: esiste la possibilità di attenuare l’impatto della guerra in Ucraina sui costi del carburante per cittadini ed aziende senza con questo intaccare i fondi destinati alle infrastrutture viarie.

La Lega si è quindi mossa sia a Berna (tramite atto parlamentare di chi scrive) che a Bellinzona(interrogazione dei granconsiglieri Stefano Tonini ed Andrea Censi). La richiesta è quella che la Confederella rinunci a parte del prelievo  dell’imposta sugli oli minerali, così da abbassare il prezzo del carburante a  beneficio del potere d’acquisto dei cittadini.

Turismo del pieno

Il prezzo della benzina schizza verso l’alto in tutta Europa, ma per il Ticino (per le fasce di confine) si pone una questione aggiuntiva. Quella del cosiddetto “turismo (italico) del pieno” in relazione alla parità tra euro e franco. Del turismo del pieno e dei relativi indotti beneficiano i distributori (con annessi negozi) che si trovano nell’immediata prossimità delle frontiere. Gli stessi che, a seguito del rifiuto ostinato della burocrazia federale di chiudere i valichi secondari incustoditi, sono puntualmente bersaglio dei rapinatori transfrontalieri. Chiaramente la parità tra euro e franco nuoce a questi distributori che perdono la clientela in arrivo dall’Italia. Sicché abbassare il prelievo fiscale sulla benzina rinunciando al prelievo di una parte dei balzelli sarebbe d’aiuto anche a loro.

Stop ecopaturnie

E’ evidente che la crisi Ucraina avrà ripercussioni pesanti e durevoli sul mercato energetico. Nel senso che l’energia diventerà più cara, e per un bel pezzo. Questo anche a seguito dell’effetto boomerang delle sanzioni inflitte alla Russia da USA ed UE, alle quali il governicchio federale è corso ad accodarsi con il consueto servilismo.  Le sanzioni non sono servite e non servono ad un tubo nell’ottica del ritorno della pace. Per contro danneggiano i cittadini. Compresi quelli svizzeri, che con le guerre di Putin non c’entrano una fava. Quindi, che nessuno si sogni di inventarsi nuovi costi, diretti o indiretti, a carico del contribuente in nome del climatismo “à la page” e/o della “decarbonizzazione”. Le paturnie tassaiole degli ecoisterici, vista la situazione, non le vogliamo più nemmeno sentire nominare. Non ce le potevamo permettere quando il problema era “solo” la crisi economica da stramaledetto virus cinese. Figuriamoci adesso.

Lorenzo Quadri