Un’iniziativa popolare chiede di cambiare radicalmente la politica d’asilo svizzera
C’è tempo fino al 19 giugno per firmare!
Il tema dei finti rifugiati con lo smartphone non è, al momento, il più gettonato del dibattito politico. La partitocrazia e la stampa di regime recitano il mantra del “l’è tüt a posct” approfittando del periodo, almeno per la Svizzera, di calma relativa. Una calma che è però solo apparente. Il despota turco Erdogan, infatti, ricatta la fallita UE con l’argomento migranti. Se gli girano, potrebbe decidere di lasciar passare in Europa legioni di asilanti siriani. E lo scalcagnato baraccone di Bruxelles, forte con i deboli e debolissimo con i forti, non solo è del tutto incapace di difendere i propri confini esterni ma, in preda a raptus autolesionistici, addirittura se la prende con paesi come l’Ungheria che, difendendo le proprie frontiere dall’invasione, difendono contemporaneamente anche quelle dell’UE (dal momento che coincidono).
In più, questione che tocca direttamente il Ticino, il Belpaese ha da tempo riaperto i propri porti ai passatori delle ONG.
Il patto ONU
Non dimentichiamo la spada di Damocle rappresentata dal demenziale Patto ONU sulla migrazione. I camerieri dell’UE in Consiglio federale, a partire dal PLR doppiopassaporto Ignazio KrankenCassis, ad inizio febbraio hanno adottato il messaggio per la sua approvazione.
Il patto in questione vuole trasformare l’immigrazione clandestina in un diritto umano, introducendo di fatto la devastante libera circolazione delle persone a livello mondiale. In più creerà pure la figura nuova di pacca del “rifugiato climatico”.
Simili scelleratezze vanno sventate. In caso contrario avremo modo di pentircene amaramente. Visto che sul tema dovrà decidere il parlamenticchio federale, c’è poco da stare allegri.Tanto più che di referendum non se ne potranno lanciare.
Cambiare paradigma
La politica d’asilo in Svizzera deve cambiare paradigma. E a tal proposito è in fase di raccolta firme, ancora per alcune settimane – il termine scade il 19 giugno – l’iniziativa popolare
“Aiuto sul posto nel settore dell’asilo”: vedi il formulario a lato, da firmare, ritagliare e spedire.
Il principio è semplice: invece di spendere miliardi di franchi ogni anno per mantenere finti rifugiati in Svizzera, occorre creareall’estero, con la collaborazione di altri Paesi, delle zone di protezione il più possibile vicine alle aree di crisi. Lì le persone effettivamente minacciate potrebbero trovare alloggio edassistenza. Ciò permetterebbe di ritornare al vero obiettivo dell’asilo: che è la protezione, e non certo l’immigrazione.
Tramite l’aiuto sul posto, è ovvio, con molti meno soldi si potrebbe fare molto di più che in Svizzera. E si eviterebbe di alimentare in casa nostra l’industria ro$$a dell’asilo, gestita da associazioni contigue al P$.
Libera scelta?
Il presupposto dell’iniziativa popolare “Aiuto sul posto” – che riprende un’iniziativa cantonale argoviese bocciata dalla partitocrazia federale nell’ottobre 2018 – è semplice quanto sacrosanto: non è più sostenibile che l’asilante scelga liberamente il paese di destinazione. Optando, è ovvio, per quello con lo Stato sociale più generoso e più facile da mungere. La priorità di una persona minacciata (se davvero lo è) è trovare un posto sicuro; e più vicino a casa lo trova, più contenta dovrebbe essere!
Il cambiamento di paradigma nella politica d’asilo – aiuto sul posto invece di immigrazione – è necessario per una serie di motivi. Il “caos asilo” del 2015, anno in cui in Svizzera sono giunti oltre 40mila migranti economici, non appartiene al passato. Potrebbe benissimo ripetersi. E anche peggiorare. Ogni 12 giorni la popolazione africana aumenta di un milione di persone. Nel giro di due generazioni, la sola Nigeria avrà più abitanti di tutta l’Europa. Con simili numeri, la fissa partitocratica del “devono entrare tutti” è semplicemente un suicidio!
Bisogna risparmiare
La crisi economica da stramaledetto virus cinese rende necessari tagli massicci nel settore dell’asilo. La Svizzera non può più permettersi di mantenere tutti.
I finti rifugiati ci costano ogni anno svariati miliardi. La casta (chissà come mai) imbosca le cifre. Tuttavia un ex consigliere nazionale nel 2012 ha calcolato che in media, includendo tutte le spese dirette ed indirette, una persona che si trova in Svizzera sotto il “cappello” dell’asilo costa al contribuente 80mila Fr all’anno. Ai tempi si trattava di poco meno di 90mila individui, sicché la fattura annuale superava i 7,1 miliardi di Fr. Questa cifra che non è mai stata smentita. Oggi le persone in questione sono 120mila: quindi la “pillola” ammonterebbe a ben 9.6 miliardi di Fr all’anno!
E’ evidente che così non si può più andare avanti. L’alternativa sostenibile (aggettivo che tanto piace ai $inistrati) è – appunto – l’aiuto sul posto. Fantascienza? No di certo! Basti pensare chel’imprenditore egiziano Sawiris si era offerto di realizzare dei villaggi per profughi in Egitto, dove sarebbe stato possibile alloggiare gli asilanti in arrivo dall’Africa e dal vicino oriente a costi infinitamente più bassi di quelli europei.
Prestazioni in natura
L’iniziativa “Aiuto sul posto” chiede inoltre che, ai rifugiati presenti in Svizzera, vengano fornite prestazioni in natura e non soldi. Il denaro infatti viene spesso e volentieri inviato nel paese d’origine dell’asilante, dove serve a mantenere tutto il parentado a spese degli svizzerotti.
Tramite le prestazioni in natura si riduce notevolmente l’attrattività della Svizzera come destinazione per i migranti economici. Già oggi è assai difficile dividere costoro dai veri perseguitati. E un domani, con in vigore il delirante Patto ONU sulla migrazione, la distinzione non sarà nemmeno più lecita.
Sicché, firmiamo l’iniziativa “Aiuto sul posto”!
Soccorriamo le persone bisognose di protezione, onorando la tradizione umanitaria svizzera, invece di farci invadere da finti rifugiati con lo smartphone che provocano costi miliardari alla collettività e fanno solo la fortuna della ro$$a industria dell’asilo.E che spesso e volentieri sono pure islamisti.
Lorenzo Quadri