La Lega aveva ragione! A Varese sale l’agitazione a seguito della nuova Legge sulle imprese artigianali

Anche nel 2015 è cresciuto il numero di padroncini e distaccati che quotidianamente prendono d’assalto questo sempre meno ridente Cantone a seguito della devastante libera circolazione delle persone voluta da tutti i partiti tranne Lega ed Udc. Le notifiche complessive sono state quasi 44mila. Se si pensa che il loro numero è triplicato in poco tempo, lo capiscono anche i paracarri che qui c’è gente (artigiani ed imprese) d’Oltreconfine che lavora al posto dei ticinesi. Infatti il mercato non è certo triplicato.
In parallelo sono aumentate anche le infrazioni, o meglio: sono stati intensificati i controlli e quindi ne sono state scoperte di più. Con ancora più controlli, verrebbero alla luce ancora più infrazioni. Il tasso d’irregolarità è, a voler essere ottimisti, almeno del 50%: i controlli in dogana lo hanno evidenziato. Quindi, la maggioranza dei distaccati e dei padroncini fa concorrenza sleale a ditte ed artigiani ticinesi.

Grazie a Zali
Il Consigliere di Stato leghista Claudio Zali ha promosso l’albo per padroncini e distaccati, che è peraltro una rivendicazione di lungo corso del nostro Movimento. L’albo viene concretizzato tramite la LIA, Legge sulle imprese artigianali. A queste è richiesta l’iscrizione e il pagamento della relativa tassa.
Le reazioni suscitate Oltreconfine dalla nuova legge voluta da Zali confermano la validità della proposta. Nei giorni scorsi il portale Varesenews riportava infatti la presa di posizione, farcita di toni isterici, della Confartigianato di Varese. Che, senza apparente imbarazzo, strilla pure alla violazione degli accordi bilaterali. Uhhh, che pagüüüraaa! Certo che ci vuole già una bella lamiera, tanto per rimanere nel campo dell’edilizia. Se c’è qualcuno che non applica i bilaterali, e questo con l’obiettivo di blindare il proprio mercato del lavoro, quel qualcuno è proprio l’Italia.

L’esempio
Nei mesi scorsi da queste colonne abbiamo reso nota l’odissea di un’azienda ticinese che aveva ottenuto un appalto a Campione d’Italia (non a Messina). Ebbene, a sei mesi dalla richiesta non aveva ancora avuto alcun responso al proposito dell’affiliazione alla cassa edile di Como e Lecco, necessaria per poter lavorare (per lavorare legalmente, s’intende) oltreconfine. Perché? Perché l’affiliazione la decide il presidente della Cassa in questione, propria totale discrezione e nei tempi che più gli aggradano. Morale della favola: la ditta ticinese ha dovuto rinunciare al lavoro nell’enclave italica e tornare in Ticino con le pive nel sacco.

Illegalità?
Questo è solo uno degli innumerevoli esempi di non applicazione dei bilaterali da parte del Belpaese. Con che tolla la Confartigianato di Varese si permette dunque di accusare il Ticino di non rispettare i bilaterali? E’ il classico caso di bue che dà del cornuto all’asino.
Eh già: per difendere il proprio italico orticello uccellando la concorrenza ticinese ogni mezzo è lecito (per la serie: tanto gli svizzerotti sono fessi e non si accorgono di niente). Ma quando arriva anche solo una parvenza di reazione, ecco che si starnazza senza remore all’illegalità!

E’ solo l’inizio
Ed il colmo è che a strillare è proprio chi – come detto prima – arriva in Ticino a fare concorrenza sleale agli operatori locali, non rispettando le disposizioni del diritto svizzero e mettendo in ginocchio artigiani e piccole imprese ticinesi, che poi falliscono e/o licenziano. Siamo alla presa per i fondelli ad oltranza. E’ quindi evidente che eventuali pressioni da oltreconfine non devono portare ad alcun ammorbidimento della posizione ticinese. Al contrario: l’albo “antipadroncini” è, e deve essere, solo l’inizio. Svariate altre misure possono e devono essere prese per tutelare il nostro mercato dall’invasione di padroncini e distaccati. Ad esempio, la trasmissione delle notifiche all’agenzia delle entrate italiana. Per cui, avanti!

Considerazione preoccupante
Interessante notare, inoltre, come il direttore generale di Confartigianato Imprese Varese, ripreso da Varesenews.it, parli, in relazione all’albo delle imprese artigiane deciso dal CdS, di “un problema (?) che coinvolge buona parte del tessuto imprenditoriale”.
Quindi si ammette che le aziende del Varesotto stanno in piedi solo grazie alla prossimità del Ticino e alla sciagurata decisione elvetica di aprire le frontiere. Non si tratta forse di una considerazione più che preoccupante? Sveglia!
Lorenzo Quadri