Gli Stati Uniti, quelli che pretendono di “esportare democrazia”, nei confronti della Svizzera hanno finora esportato solo Diktat.
L’obbrobriosa lex USA, con cui si pretendeva la rottamazione del diritto elvetico e la conseguente sottomissione alle regole yankees, è stata asfaltata dal Consiglio nazionale in un (ahinoi raro) guizzo d’orgoglio.  Ma naturalmente il capitolo è ben lungi dall’essere chiuso. In effetti, se nella scorsa sessione estiva alle Camere federali ha fatto molto rumore il rifiuto della lex USA, la calata di braga nei confronti degli yankees c’è comunque stata, sottoforma di sottoscrizione dell’accordo FATCA (Foreign Account Tax Compliance Act). Con questo trattato (?) gli Stati Uniti vogliono fare in modo che siano tassati tutti i conti che le persone assoggettate ad imposta negli Stati Uniti detengono all’estero.
Alla faccia del nome, la FATCA tutto è tranne che un accordo. Infatti si tratta di un’imposizione unitalerale degli USA, prendere o lasciare, imposta (almeno questa…) a tutti i paesi del mondo.
Per quel che riguarda la Svizzera, la calata di braghe si è consumata tra gli ampollosi intarsi della sala del Consiglio degli Stati. La Camera alta dimostra peraltro un’inquietante abitudine alla genuflessione, visto che aveva accettato, e per ben due volte, perfino la lex USA.
Da notare, sia detto per inciso, che tale scandalosa accettazione aveva fornito lo spunto al giornale di servizio del partito delle tasse (LaRegione) per tessere le lodi della ministra del 5% Widmer Schlumpf, che vuole demolire la piazza finanziaria. Mai lodi furono meno giustificate. Ma visto che la ministra del 5% non piace all’odiata Lega, era scontato che il giornale di servizio l’avrebbe osannata.
Nella sessione autunnale, ossia in settembre, toccherà al Consiglio nazionale confrontarsi con la FATCA. La speranza è l’ultima a morire, certo. Ma non ci si possono fare grandi illusioni su un eventuale “bis” del NO alla lex USA.
Nel mentre che gli USA, con la consueta spocchia, vanno in giro ad imporre Diktat a destra e a manca, e mentre la ministra del 5%, vedi lex USA, si fa comandare a bacchetta nemmeno da un ministro americano e quindi da un “pari grado”, ma addirittura da una funzionaria del fisco a stelle e strisce, Oltreatlantico si guardano bene dal fare pulizia in casa propria.
Un articoletto sull’Agefi, quotidiano economico romando, ben evidenzia l’ipocrisia statunitense. Tra i paradisi fiscali, quelli veri, non c’è solo il famigerato Delaware, ovvero la più grande lavatrice di denaro del mondo. Ci sono anche le Isole Vergini americane, il Nevada, il Wyoming. Tutti Stati in cui, grazie alla protezione USA, sono in vigore regimi fiscali “creativi” e “vantaggiosi” (eufemismi) in stridente contrario con tutti gli standard internazionali. Vale a dire proprio con quegli standard che gli stessi States, ma anche gli eurobalivi falliti, vogliono imporre alla Svizzera impipandosene della sua sovranità.
Ma la ministra del 5%, quella che sta portando la Svizzera nel baratro, avrà almeno la decenza di far notare la vergogna di questa situazione ai portaborse USA da cui si fa dettare gli ordini? Sospettiamo di no…
Lorenzo Quadri