Completamento a sud: i passi avanti della gestione Simonetta sono un’illusione ottica

AlpTransit è stato definito a suo tempo il cantiere del secolo. Per i costi sicuramente, dato che si sta parlando di una spesa di 24 miliardi di franchetti. Si sa che a beneficiare di questa montagna di soldi pubblici sono in buona parte ditte straniere; quindi le ricadute non rimangono su territorio elvetico. Partono per altri lidi.

Tra quelli che si sono portati a casa tanti bei soldoni, figura la ditta italica Cossi/Condotte Spa, la quale si è cuccata un lotto da 138 milioni per il traforo del Ceneri. Come ricordava nelle scorse settimane il Mattino della domenica, sul cantiere in questione ne sono successe di tutti i colori (irregolarità negli stipendi, nell’utilizzo di lavoratori distaccati, incidenti sul lavoro). Di recente si è pure scoperto che la ditta del Belpaese, che in patria ha avuto, ma guarda un po’, importanti problemi con la giustizia, ha svariati milioni di arretrato con l’erario rossocrociato, a tutti i livelli (comunale, cantonale, federale).

Non è una passeggiata

Sta di fatto che, come sappiamo, AlpTransit per ora si ferma a Lugano e, nelle intenzioni della Confederazione, è destinata a rimanere monca fino al 2050 o giù di lì. Il che rischia di voler dire arenata per sempre. Questo significherebbe, ancora una volta, prendere a schiaffi la volontà del popolo che, ormai un quarto di secolo fa, decise che le merci in transito attraverso la Svizzera vanno caricate sul treno da confine a confine.
Evidentemente la citata operazione (“merci sul treno da confine a confine”) non è una passeggiata. E’ vero che l’obiettivo di ridurre a 650mila all’anno i camion in transito attraverso le Alpi non è stato raggiunto: attualmente siamo a quota 940mila. Nel 2000 tuttavia i passaggi erano 1.4 milioni e, senza AlpTransit, si stima che oggi saremmo a 1.8 milioni: quindi al doppio del numero attuale. E’ poi chiaro che l’obiettivo dei 650mila attraversamenti non verrà mai raggiunto se la NTFA resterà monca. E qui sta evidentemente il problema.

Già avuto?

A Berna il leitmotiv è il seguente: “per le infrastrutture in Ticino la Confederazione ha già investito abbastanza. Il Ticino ha già avuto. Adesso tocca ad altre regioni”. Come se AlpTransit fosse un progetto regionale e non di interesse nazionale ed internazionale.

E’ evidente che non si spendono 24 miliardi per ridurre di mezz’ora i tempi di percorrenza del treno da Lugano a Zurigo. La storiella secondo cui con l’arrivo della kompagna Simonetta Sommaruga al DATEC le cose sul fronte del completamento a sud si starebbero muovendo, è più che altro un’illusione ottica. L’unica cosa che si muove grazie alla “nuova” gestione del Dipartimento dei trasporti è la persecuzione degli automobilisti, dei proprietari di una casetta e degli inquilini tramite nuovi osceni ecobalzelli nel nome dell’isterismo climatico.

Quel che sarebbe sbagliato

C’è poi un altro problema. La politica delle merci su rotaia è prettamente elvetica. I vicini a sud, tanto per dirne una, si muovono in una direzione diversa: merci su strada, passeggeri in treno. E come ben sappiamo da altri ambiti, ottenere qualcosa dal Belpaese… auguri! Ma non bisogna nemmeno credere che sul fronte nord, quindi con la Germania, la situazione sia molto più facile.

Quindi: la scelta alla base di AlpTransit, che a metà degli anni Novanta fu oggetto di una votazione dai toni “epici”, era giusta o sbagliata? Ad un quarto di secolo di distanza, non ha un gran senso recriminare. Coi “se” non si fa la storia, diceva qualcuno. Ciò che di sicuro sarebbe sbagliato, è rimanere in mezzo al guado. Perché allora davvero non ci sarebbe proporzione tra miliardi spesi e risultati ottenuti.

Grazie kompagno Moritz!

Ma c’è anche un altro punto da considerare. Grazie (?) alla tassa sul traffico pesante negoziata (?) dal kompagno Moritz “Implenia” Leuenberger con Bruxelles, la Svizzera è diventata un corridoio a basso costo per TIR UE in transito parassitario. E’ evidente che, per i camion europei – non di rado vetusti ed inquinanti– la tassa va sensibilmente aumentata. La fallita UE ci discrimina in tutti i modi. E’ ora che anche noi cominciamo a difendere i nostri interessi. Invece, per non discriminare gli altri, si continua a discriminare gli svizzeri.

Lorenzo Quadri