Proseguono le polemiche sull’inaugurazione di AlpTransit, a sfondo tragicomico. Una consigliera nazionale Udc, durante l’ora delle domande, ha chiesto al Consiglio federale per quale motivo nello spettacolo inaugurale del tunnel – su cui mezza Europa ha avuto modo di sbizzarrirsi – ci fossero anche dei dervisci, ossia delle figure islamiche che non hanno nulla a che vedere con la Svizzera. Risposta del Consiglio federale: “non erano dei dervisci, erano dei covoni di fieno”. E il kompagnuzzo di turno corre subito ad applaudire: “la risposta migliore mai data dal governo”. Se quella è la risposta migliore, immaginiamoci la peggiore, visto che nella diatriba (?) si è poi inserito l’autore dello spettacolo, il regista tedesco Volker Hesse (perché di registi svizzeri non ce n’erano, neh?). Che sul St Galler Tagblatt ha confermato: i dervisci c’erano. E cosa ci facevano? “E’ assolutamente legittimo (?) – ha spiegato l’intellettualino – che il mio spettacolo comprenda associazioni culturali arabe”. Ohibò. Avanti con il multikulti ad oltranza! Invece non è assolutamente legittimo che si usi una grande opera, pagata integralmente del contribuente svizzero, per sdoganare la presenza islamica in eventi ufficiali, creando un precedente. L’islam non è religione ufficiale in Svizzera e questo è un paese cristiano da 1500 anni. Islam e cristianesimo, in Svizzera, non sono affatto sullo stesso piano.

Ma tornando alla domanda sulla presenza dei dervisci, negata con spocchiosa sicurezza dal Consiglio federale e confermata dall’autore dello spettacolo: se ne deve dedurre che il committente non ha nemmeno visto il “teatrino” che ci ha fatto pagare a peso d’oro? Figura di palta!

“Spettacolo satanico”
Non è finita. In Italia c’è addirittura chi – il giornalista Maurizio Blondet sul suo blog – ha definito lo spettacolo d’inaugurazione della galleria più lunga del mondo “un rito satanico”. Mah. Un rito satanico quella “cosa”? Bisogna dedurne che non ci sono nemmeno più i bei sabba di una volta?

Fuor di battuta, e per restare nel “teologico”, il problema è semmai un altro: ossia che, “passata la festa (inaugurale), gabbato lo santo”. Se i vicini a Nord (Germania) e a Sud (Italia) non faranno i compiti, AlpTransit, dal costo totale di 25 miliardi, resterà un’opera monca. Non ci sono segni concreti che facciano credere all’esistenza di una reale volontà di collaborazione. In Italia, malgrado la Svizzera sia pronta a finanziare opere “extraterritoriali” per rendere possibile il trasbordo delle merci dalla strada alla ferrovia, nulla si muove. Il ministro dei trasporti e delle infrastrutture Delrio, invitato all’inaugurazione di AlpTransit, non ha nemmeno compiuto lo sforzo creativo di inventarsi delle promesse. Del resto il suo paese non fa i compiti neppure per quel che riguarda il trenino Stabio-Arcisate. Ci aspettiamo che li faccia con AlpTransit?

Situazione preoccupante
Dietro a cerimonie d’inaugurazione assai discutibili si cela dunque una situazione ben più preoccupante. E questa sì “diabolica” se gli svizzerotti – dopo aver fatto fronte, da soli, alla fattura di 25 miliardi – si dovessero trovare con una cattedrale nel deserto ferroviaria che non raggiunge il principale scopo per cui è stata voluta e pagata: spostare su rotaia il traffico merci in transito attraverso la Svizzera. L’accorciamento delle tratte passeggeri interne, pur apprezzabile, mai avrebbe giustificato un investimento del genere.
Lorenzo Quadri