A Pollegio si festeggia, ma senza il completamento a nord e a sud non andiamo lontani
Così il grande giorno, quello dell’inaugurazione di AlpTransit, è arrivato ed è passato. Come sempre nelle grandi occasioni, un numero spropositato di tromboni, parecchi dei quali caduti in disuso, ha avuto l’attesa possibilità di tornare per un po’ sotto le luci della ribalta. Invece il beltrapresidente del governo ticinese è stato relegato al ruolo di silenziosa valletta reggi-nastro.
La retorica delle grandi occasioni, i tendoni giganti e lo spettacolo sbracato creato da un regista tedesco (perché di svizzeri non ce n’erano, nevvero?) non possono nascondere un dato oggettivo: il traguardo è lontanissimo. In effetti, se i paesi a noi vicini non faranno i compiti, AlpTransit resterà un’opera monca. Gli obiettivi sperati non verranno raggiunti. Rimarrà invece il monumento agli svizzerotti che, da infaticabili primi della classe, hanno voluto fare la grande opera interamente da soli, sperando – senza però niente di concreto in mano – che a nord e a sud avrebbero seguito, colti da chissà quale sentimento di lealtà.
Non hanno fatto i compiti
Peccato che il trasbordo delle merci dalla strada alla ferrovia, di cui AlpTransit è il cuore, lo abbia voluto la Svizzera. Ma altrove, soprattutto nel Belpaese, si preferisce puntare sulla strada. Malgrado la Svizzera sia disposta a pagare la realizzazione di opere in funzione di AlpTransit perfino al di fuori del proprio territorio (fatto inaudito), nella Penisola nulla si muove. Del resto, da un paese che non fa nemmeno la Stabio-Arcisate, cosa ci aspettiamo?
Anche la Germania, che pure dovrebbe essere un partner un po’ più affidabile dell’Italia, per ora non ha fatto i compiti, come ha riconosciuto l’“Anghela” Merkel nel suo intervento a Pollegio.
Le briciole
Né si può dimenticare che delle ricadute del cantiere del secolo in Ticino rimangono le briciole. Per AlpTransit lavorano ditte straniere a go-go (e perfino il catering per l’inaugurazione è andato a Lucerna). La stazione di Bellinzona denominata “porta del Ticino (?)” è stata rivestita di travertino romano, alla faccia della pietra ticinese. E rimane ancora pendente la questione ripari fonici e attraversamento di agglomerati (compreso quello luganese) da parte, teoricamente, di 180 treni al giorno lunghi 750 metri quando la “grande opera” sarà a regime.
Altri investimenti
Inoltre, il Ticino ha bisogno anche di altri investimenti infrastrutturali federali. Pensiamo ad esempio alla rete autostradale tra Lugano e Chiasso, ormai perennemente intasata da targhe d’oltreramina. Ma a Berna non piace sentir parlare di investimenti in Ticino. Il ritornello è: “c’è AlpTransit, quindi avete già avuto”. Il rischio di autogoal è dunque evidente.
La retorica del piffero
Ad onorare il tunnel più lungo del mondo sono venuti Merkel, Hollande e altri capi di governo. Della toccata e fuga di Renzi (il tempo per scattarsi il solito selfie, per la serie “c’ero anch’io anche se non ho fatto un tubo”) si è già detto di tutto. Una nota merita però l’improponibile intervento da burocrate del ministro dei trasporti italiano Delrio: un soporifero concentrato di nulla, letto praticamente senza alzare gli occhi dal foglio. Non è un buon segno per il completamento a sud.
Hollande e Merkel se la sono cavata meglio nella forma. Non certo nella sostanza. AlpTransit è un tunnel fatto principalmente per trasbordare le merci dalla strada alla ferrovia, e semmai per accorciare le distanze del traffico passeggeri interno alla Svizzera. Per cui, è ora di piantarla di tracciare parallelismi fantasiosi per puntellare gli accordi di Schengen, la libera circolazione delle persone e l’immigrazione scriteriata. Perché sono questioni che non c’entrano un tubo (tanto per restare in tema) con la nuova galleria. Idem dicasi per gli stucchevoli paragoni con i ponti, ormai assurti a simbolo politikamente korretto di frontiere spalancate, contrapposti ai muri razzisti e fascisti. Basta con queste cavolate! Basta con la retorica del piffero! Si può benissimo aprire un tunnel sotto il Gottardo e chiudere le frontiere. Prendere nota!
Lorenzo Quadri