AlpTransit: perché funzioni, bisognerà continuare a spendere fuori dai nostri confini
Trasbordo delle merci dalla strada alla ferrovia: ironia della sorte, adesso i problemi si sono spostati a nord, ed a nicchiare è la Germania a governo ro$$overde!
I $inistrati ro$$overdi e la loro ministra dei trasporti kompagna Simonetta Sommaruga – imbevuti di ideologia climatista, tassaiola e proibizionista – continuano a vessare ed a perseguitare gli automobilisti con la scusa della “decarbonizzazione”. Naturalmente solo gli automobilisti residenti. Perché i 75mila frontalieri, secondo la $inistra spalancatrice di frontiere, devono poter continuare ad entrare tranquillamente in Ticino uno per macchina (non elettrica).
Dei TIR UE in transito parassitario attraverso la Svizzera, curiosamente, non si parla più. Forse perché, ai tempi dell’introduzione della tassa sul traffico pesante (TTPCP), l’allora ministro dei trasporti kompagno Moritz Leuenberger (P$) calò le braghe davanti all’UE. Col risultato di trasformare la Svizzera in un corridoio a basso costo per “bisonti” della DisUnione europea.
Sfruttare la capacità
Si ricorderà che, ormai da quasi tre decenni, con l’approvazione popolare dell’Iniziativa delle Alpi (1994), nella Costituzione federale sta scritto che i transiti merci motorizzati attraverso le Alpi deve essere al massimo 650mila all’anno. Nel 2019 i passaggi sono stati 898mila. L’obiettivo non è dunque raggiunto. Tuttavia negli ultimi 20 anni il numero è calato di quasi il 40%.
Lo scopo di AlpTransit è quello di far sì che le merci attraversino la Svizzera “sul treno da confine a confine”. Con i tunnel del Gottardo e del Ceneri la capacità dell’asse ferroviario del Gottardo è aumentata in modo considerevole. Bisogna però essere in grado di sfruttarla. E’ anche il caso di ricordare che AlpTransit è costata 25 miliardi di franchetti, interamente pagati dal contribuente elvetico. Anche se gli utilizzatori principali sono i paesi UE.
Rampe d’accesso
Affinché la cosiddetta Nuova Trasversale ferroviaria alpina possa “marciare” al pieno delle sue capacità, sono necessarie le cosiddette rampe d’accesso alla rete elvetica. In particolare, le dimensioni delle gallerie devono essere sufficienti.
Nel 2013 la Svizzera ha cacciato oltre 130 milioni di franchi per co-finanziare l’adeguamento del profilo dei tunnel in Italia. Si tratta del cosiddetto corridoio di 4 metri: le gallerie devono avere un’altezza di 4 metri agli angoli, altrimenti i treni AlpTransit di 740 metri di lunghezza (!) non ci passano. Incredibile ma vero, anche il Belpaese – grazie ai soldi dell’UE – ha stanziato i finanziamenti ed i lavori procedono in modo piuttosto spedito. Il problema adesso si è spostato a nord. Nella Germania del kompagno Olaf Scholz, i lavori per il corridoio Reno-Alpi vanno avanti a singhiozzo. La conclusione dell’ampliamento della tratta Karlsruhe-Basilea è slittata al 2040, il che equivale ad un ritardo di 15 anni rispetto a quanto pianificato.
Ancora soldi all’estero
Quindi, che si fa? L’unica via alternativa efficiente (linea di pianura, ovvero senza pendenze di rilievo) è quella sulla riva sinistra del Reno, in Francia. Essa è ritenuta ideale per lo scambio di merci su larga scala tra Belgio e Italia. Tuttavia, questo percorso alternativo non corrisponde ai parametri dell’asse di transito attraverso la Svizzera e attualmente consente solo un volume di traffico ridotto. Al proposito si è espressa la Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni del Consiglio nazionale (CTT-N), che in una mozione presentata due anni fa scrive: “Per sfruttare al massimo la capacità di trasporto combinato non accompagnato attraverso la Svizzera sulla riva destra del Reno, la sezione Zeebrugge / Anversa-Strasburgo-Basilea e la sezione trasversale di Wörth-Lauterbourg-Strasburgo devono essere dotate di un corridoio con un’altezza agli angoli di 4 metri, per l’esercizio di treni lunghi 740 metri (…). L’attuazione di questa alternativa richiede un’iniziativa politica della Svizzera, congiuntamente alla Francia e al Belgio, che dovrebbe portare a un trattato internazionale sullo sviluppo delle infrastrutture”.
Sia il Consiglio nazionale (nel marzo del 2020) che gli Stati (in giugno) hanno approvato la mozione, su cui peraltro si era espresso positivamente anche il governicchio federale. Ciò significa che il CF dovrà intavolare delle trattative internazionali con Belgio e Francia per la realizzazione di un ulteriore corridoio di 4 metri al di fuori della Svizzera. L’esito è facile da prevedere: altre centinaia di milioni di franchetti del contribuente impiegati per co-finanziare investimenti all’estero!
Sussidi in crescita
Un capitolo a parte lo merita poi il fatto che, per rendere conveniente il trasbordo delle merci dalla strada alla ferrovia, occorre erogare sussidi. I sussidi in questione decrescono di anno in anno, ed in teoria dovrebbero giungere ad esaurimento del 2030. In teoria, perché gli uccellini cinguettano che le cose andranno diversamente. E che anzi gli aiuti, per stimolare maggiormente il trasbordo delle merci dalla strada alla ferrovia, verranno incrementati di una quindicina di milioni all’anno.
Quando si tratta di batter cassa…
Morale della favola: certamente limitare i transiti merci su strada attraverso la Svizzera è cosa positiva, e del resto il popolo ha votato così. Ma il governicchio federale, invece di coinvolgere nel finanziamento i Paesi europei per i quali l’opera viene realizzata, non solo ha fatto pagare tutto al contribuente svizzerotto, ma foraggia pure gli investimenti all’estero. E questi si rendono necessariper non vanificare la paccata di miliardi spesi in patria: non avrebbe infatti alcun senso investire simili somme mostruose solo per il trasporto merci interno.
Va da sé che i camerieri di Bruxelles in Consiglio federale sono sì capaci a regalare i miliardi del contribuente all’UE, ma certo non di battere cassa presso la medesima. Finché lo sfigato contribuente elvetico può essere munto ad oltranza, perché farsi problemi?