E nümm a pagum! Invece di investire per la sicurezza dei nostri confini
E nümm a pagum! E’ questo il risultato, a dir poco scontato, dell’ultimo regalo dei fallimentari accordi di Schengen: il fondo europeo per la sicurezza interna. Fondo a cui gli svizzerotti, ça va sans dire, si preparano ad aderire, addirittura retroattivamente.
Il Fondo in questione è stato istituito per il periodo 2014 – 2020. Subentra a quello per le Frontiere esterne, giunto a scadenza alla fine del 2013. Il Consiglio degli Stati – e ti pareva – ha già votato per l’adesione del nostro Paese con 33 voti favorevoli contro uno (!) e cinque astensioni. La Commissione della politica della sicurezza del Consiglio nazionale ha fatto lo stesso nei giorni scorsi, sebbene l’esito sia stato un po’ più decoroso: 13 voti contro 6 e 3 astenuti. Il plenum della Camera bassa, dal canto suo, deciderà nella sessione primaverile. Visto l’andazzo, non ci vuole il mago Otelma per prevedere come andrà a finire: con un bel (l’ennesimo) “nümm a pagum”, appunto. E “pagum” mica poco. Per la Svizzera, il costo dell’accordo settennale è di 20.6 milioni di franchetti all’anno. Non proprio noccioline. A maggior ragione se si pensa che i fallimentari accordi di Schengen già ci costano la bellezza di 100 milioni di Fr all’anno: vale a dire 14 volte di più di quanto era stato indicato dal Consiglio federale prima della votazione sul tema.
Il calderone
E poi vengono a dirci che non ci sono i soldi per potenziare le guardie di confine? I 20.6 milioni di Fr all’anno, invece di gettarli nel calderone di Schengen col risultato di perdere il controllo sul loro utilizzo, li potremmo investire in modo assai più utile nella sorveglianza delle nostre frontiere. Perché è evidente che se vogliamo aumentare la nostra sicurezza interna la via è una sola: tornare a controllare sistematicamente chi entra in Svizzera. Altro che foraggiare fondi Schengen “come se piovesse” (o se nevicasse, tanto per restare in tema).
Intanto l’Austria…
Mentre gli svizzerotti pagano e “si aprono”, c’è chi fa tutt’altro. L’Austria, ad esempio, ha appena deciso di istituire una task force di polizia per i controlli di frontiera, che sarà composta da 600 poliziotti ed entrerà gradualmente in funzione da metà del 2018. Verranno potenziati i controlli sui treni e, in caso di necessità, verranno innalzate al Brennero le recinzioni già predisposte.
A proposito di controlli sui treni: come già detto, non vorremmo che il nuovo collegamento Stabio-Arcisate, quello che finora ha cumulato prestazioni fantozziane, diventasse un nuovo veicolo di immigrazione clandestina. E’ noto infatti che molti di loro entrano in Svizzera dal Belpaese con il treno. I controlli sulla nuova tratta sono quindi indispensabili ed essi avranno, evidentemente, un costo. Che pagheremo noi.
Cavallo di Troia
Non dimentichiamoci poi che gli accordi di Schengen, oltre ad essere deleteri per la sicurezza ed a costare sempre più, servono agli eurobalivi di Bruxelles come cavallo di Troia per comandare in casa nostra. Le pesanti limitazioni sulle armi detenute legalmente dai cittadini, già respinte dal popolo in votazione nel 2011 ma che l’UE vorrebbe ora imporci contro le nostre leggi e le nostre tradizioni con la scusa della lotta al terrorismo islamico (come se l’Isis si combattesse colpendo le armi dei cittadini onesti), e questo naturalmente con la connivenza dei suoi camerieri in Consiglio federale, sono infatti uno sviluppo dell’acquis di Schengen.
Ulteriore dimostrazione che questi accordi sono da rottamare. Altro che pagare sempre di più per permettere agli eurobalivi di dettarci gli ordini. Qui qualcuno è caduto dal seggiolone da piccolo…
Lorenzo Quadri