Cassa pensioni dello Stato: il contribuente ha già pagato fin troppo! Referendum certo!

I nodi vengono al pettine. Quelli della Cassa pensioni dei dipendenti dello Stato non fanno eccezione. A metà gennaio, quindi prima che ci piombasse addosso lo stramaledetto virus cinese (che ci ha impestati grazie alle frontiere spalancate volute della partitocrazia) il governicchio ha licenziato il Messaggio con la richiesta di un credito di mezzo miliardo per risanare la cassa pensioni cantonale.

Si tratterebbe del secondo contributo di tale mostruosa entità in appena otto anni.

Forse qualcuno non si rende conto di cosa significa un miliardo per il Canton Ticino!

Altolà!

Già alle prime avvisaglie di nuove richieste fuori di zucca  – ovvero l’allora direttore dell’Istituto Previdenziale del Canton Ticino (IPCT) che piangeva miseria a mezzo stampa – da queste colonne era arrivato l’altolà. Se la Cassa pensioni degli statali necessita di simili iniezioni miliardarie, è perché qualcuno ha lasciato che la situazione degenerasse. Questo qualcuno sono il governicchio prima – e segnatamente il DFE da tempo immemore targato PLR ed i Consiglieri di Stato dell’ex partitone che si sono succeduti alla sua direzione – ed il Gran Consiglio poi. E non ci si venga a raccontare fregnacce sul basso rendimento dei capitali. Questo è un problema che hanno tutte le casse pensioni, mica solo quella del Cantone.

Chi non ha fatto i compiti?

Se adesso chi non ha fatto i compiti pensa di rimediare nel solito modo, ovvero ficcando le mani nelle tasche della gente, dopo che era stato promesso che il mezzo miliardo di otto anni fa sarebbe stato l’ultimo, ha fatto male i conti. Ma molto male.

Anche il Gigi di Viganello è in grado di capire il motivo per cui la partitocrazia, PLR in primis, ha permesso che si arrivasse alla situazione attuale. Perché l’amministrazione cantonale, gonfiata come una rana, è considerata una riserva di voti. E quando c’è da venire il dunque c’è sempre qualche elezione di mezzo.

Quindi si tira a campare:  tanto alla fine a metterci una pezza sarà sempre il solito sfigato contribuente! Soldi di tutti, soldi di nessuno!

Chi lavora nel privato ha già dovuto fare i sacrifici del caso per risanare la propria, di cassa pensioni. E adesso dovrebbe aprire (per la seconda volta!) il borsello  per mantenere i privilegi pensionistici degli statali?

Il radikale Dick Marty, quando era ministro delle finanze, definì l’IPCT “la Rolls Royce delle casse pensioni”. Bene: che bisognava passare alla Toyota lo si sapeva da un quarto di secolo. Ma per molti anni i politicanti hanno temporeggiato per convenienza elettorale. E adesso siamo al dunque.

Anche il virus

Nel frattempo, sfiga vuole che ci sia piombato addosso lo stramaledetto virus cinese.

Risultato: chi è andato in lavoro ridotto durante il lockdown ha dovuto rinunciare al 20% dello stipendio. E quel che è peggio, ovviamente, è che non sa per quanto tempo avrà ancora un impiego. Molti indipendenti si trovano immersi a bagnomaria nella palta. Nello Stato il lavoro ridotto non esiste. Quindi c’è gente che per svariate settimane è stata a casa sul divano a guardarsi le serie su Netflix a stipendio pieno, ed inoltre non rischia l’impiego causa lockdown. Privilegio si somma a privilegio, ed in più bisognerebbe ancora cacciare  mezzo miliardo per la cassa pensioni? Ma anche NO!

Cinque scenari?

La sottocommissione della Gestione, nell’esaminare il messaggio del governicchio sul risanamento dell’IPCT, ha partorito addirittura cinque scenari. C’è chi immagina di versare non solo mezzo miliardo, ma spinge il delirio fino a ventilare un credito di 2.8 miliardi, alfine di aumentare la copertura al 100%. Per non farsi mancare niente, qualcuno blatera addirittura di 4 miliardi, ciò che porterebbe la copertura al 115% permettendo di togliere la garanzia dello Stato. Lo scopo dell’esercizio, e del balletto delle cifre stratosferiche, è chiaro: far credere che 500 milioni siano tutto sommato una via di compromesso moderata e sostenibile. Come recita il noto slogan: “non siamo mica scemi”!

Nelle condizioni attuali, con i conti pubblici in profondo rosso a causa dello stramaledetto virus cinese e con il disastro occupazionale dietro l’angolo, è già inaudito che il triciclo voglia venire a chiedere mezzo miliardo per il mantenimento dei privilegi pensionistici di chi è già privilegiato. Che ci sia qualcuno che immagini di mettere addirittura un multiplo di questa cifra, è proprio il colmo. Signori, i miliardi non crescono sugli alberi!

Dare ZERO!

Visto che ci attende la più grave crisi economica ed occupazionale del dopoguerra (ci è stato ripetuto in tutte le salse) è  pacifico che di mettere le mani nelle tasche dei cittadini già allo stremo non se ne parla neanche. Men che meno per mantenere situazioni di privilegio. Altro che cinque scenari. Per l’IPCT, lo scenario possibile è uno solo:  versare zero!

Se il triciclo vuole risanare la cassa pensioni dei dipendenti dello Stato, i soldi necessari li troverà tramite risparmi. Oppure chiederà agli statali di fare un passo indietro.

Non è una minaccia

Nel caso in cui la partitocrazia in Gran Consiglio dovesse avere la pessima idea di votare 500 milioni di Fr o addirittura di più per  la Cassa pensioni dello Stato, il referendum non è una minaccia: è una certezza. E non ci vuole nemmeno troppa fantasia per immaginare l’esito di una votazione popolare sul tema.

Per anni, quando le casse pubbliche erano piene, la partitocrazia ci ha detto che non c’erano i soldi per gli sgravi fiscali e nemmeno per una tassazione più equa dei “single”. Però  in tempo di crisi nera i soldatini del triciclo pretendono di trovare i miliardi per le pensioni d’oro nell’ente pubblico? Ma andate a Baggio a suonare l’organo!

Lorenzo Quadri