Accordo fiscale con il Belpaese: i vicini a sud ci stanno fregando ancora una volta!

Prosegue la saga del nuovo (?) accordo sulla fiscalità dei frontalieri con il Belpaese. Il trattato  giace imboscato in un qualche cassetto romano ormai da cinque anni. E’ poi il caso di ricordare che la vicina Repubblica se ne sbatte alla grande degli impegni presi con la Svizzera: vedi la famosa “road map” finita da tempo nella “tola dal rüt”; vedi l’iscrizione della Confederella su liste nere illegali. Per non parlare del fatto che l’Italia nega agli operatori svizzeri l’accesso al proprio mercato finanziario. Ed i licenziamenti annunciati nei giorni scorsi da UBS Ticino sono proprio da imputare a questo comportamento del Belpaese. Il quale, nei nostri confronti, è inadempiente più o meno su tutto. Non si capisce dunque per quale motivo gli svizzerotti dovrebbero rimanere masochisticamente ligi agli impegni presi. Sindrome di Tafazzi?

Non lo vuole nessuno

L’ultima presa per i fondelli ad opera dei vicini a sud risale proprio a questi giorni. Come sappiamo una delegazione ticinese, tra cui il presidente del parlamento cantonale, è stata ricevuta in pompa magna dalla Commissione di politica estera del Senato italico, che l’ha infinocchiata per benino. Gli illustrissimi senatori hanno annunciato un atto parlamentare al governo di Roma sul perché l’accordo fiscale sia ancora nel limbo. Si tratta dell’ennesima, pacchiana messa in scena per continuare a menare il can per l’aia. Il nuovo accordo fiscale Oltreramina non lo vuole nessuno. Ma viene comodo non dire definitivamente di no; far credere che l’approvazione sia sempre possibile, per tenere sulla corda gli svizzerotti (“che tanto sono fessi e non si accorgono di niente”). Così questi ultimi continuano a pagare i ristorni, ormai lievitati a 84 milioni di Fr all’anno. Avanti, facciamoci prendere per i fondelli per l’ennesima volta!

Perizie?

Intanto, udite udite, ecco che si  muove anche il governicchio cantonale. Il quale ha commissionato all’Università di Lucerna una perizia sulle possibili conseguenze di una disdetta unilaterale della vetusta Convenzione del 1974. Ossignùr.

Al di là della diatriba sulla scelta dell’Università di Lucerna quando in Ticino alla SUPSI c’è un centro di competenze tributarie (si immagina forse che il documento, se scritto in tedesco, risulterà più appetibile per Berna?), la disdetta della Convenzione non è compito del Consiglio di Stato bensì del Consiglio federale. Il quale, e lo si è capito da un pezzo, non ha alcuna intenzione di creare situazioni conflittuali con il Belpaese per difendere gli interessi del Ticino (considerato ancora meno dell’ultima ruota del carro): ha calato le braghe perfino sulla chiusura notturna dei valichi secondari…. Idem dicasi per la partitocrazia PLR-PPD-P$$ (Verdi-anguria ovviamente inclusi) alle Camere federali. Basti pensare che il PLR, a scopo di campagna elettorale, in Ticino ha presentato una mozione per la disdetta della citata Convenzione, e poi i primi a replicare che “sa po’ mia” sono stati proprio i deputati ticinesi dell’ex partitone nel parlamento federale.

Avevamo ragione!

Ciò  che invece può e deve fare il Consiglio di Stato è altro. Ossia BLOCCARE I RISTORNI dei frontalieri! La Lega ed il Mattino lo predicano da anni, i due “ministri” leghisti lo chiedono sistematicamente, ma la maggioranza triciclata in CdS non ne vuole sapere!

Adesso, ma tu guarda i casi della vita, a sostenere il blocco dei ristorni c’è anche il Prof Marco Bernasconi nell’intervista pubblicata ieri sul Corriere del Ticino. Ma come: vuoi vedere che la Lega ed il Mattino avevano ragione, mentre la partitocrazia…?

E dunque, cosa stiamo aspettando? Avanti con il blocco!

Lorenzo Quadri