Togliere qualcosa alla SSR per darlo alla carta stampata? Il Dipartimento Doris indignato

 

Eccola qua la casta che, in occasione del dibattito sulla “criminale” iniziativa No Billag, la menava ad oltranza sulla “pluralità nell’informazione”. Dimostrazione che si trattava di storielle. Della pluralità d’informazione, a costoro non gliene frega un fico. L’unico obiettivo era assicurarsi che l’emittente di regime SSR, ovvero la macchina propagandistica dell’establishment e del pensiero unico, potesse continuare il proprio lavoro di lavaggio del cervello alla popolazione. Senza alcuna limitazione di “uomini e mezzi”. Popolazione che, come noto, dall’anno prossimo sarà obbligata a pagare il canone più caro d’Europa. E questo anche se non guarda la Tv, non ascolta la radio, è cieca e sorda, e non possiede uno straccio di apparecchio di ricezione.

 La rana si gonfia

Infatti, dopo aver incassato la trombatura della “criminale” iniziativa No Billag, il Consiglio federale, e meglio il Dipartimento Doris, ha partorito una nuova concessione alla SSR (che sarà in vigore fino alla fine del 2022)  in cui non solo si dice che “l’è tüt a posct” (alla faccia della metà della popolazione svizzera che, già nel 2015 in occasione della votazione sulla nuova Legge sulla radiotelevisione, passata per il rotto della cuffia, aveva invece detto chiaramente di “a posto” c’era poco) ma si aprono le porte a richieste di ulteriori mezzi da parte della sovradimensionata TV di Stato. Invece di dire che la rana deve sgonfiarsi, la si autorizza a gonfiarsi ancora di più.

I sedicenti paladini

Se si vuole parlare di “pluralità d’informazione”, l’ultima ad aver bisogno di puntelli è proprio l’emittente di regime. Infatti, i miliardi dei cittadini le entrano in automatico. Ed essa è la negazione della pluralità.

Se i politicanti avessero un qualche interesse alla pluralità dell’informazione, si preoccuperebbero seriamente della sopravvivenza della carta stampata. Messa in pericolo anche dalla SSR che razzia il sempre più magro mercato pubblicitario. Le testate cartacee, come ben si è visto, muoiono come mosche. In Ticino, in Romandia ed anche nella Svizzera interna. E dove sono i paladini della “pluralità”, al di là delle vuote frasi di circostanza? Non pervenuti! Se poi a chiudere i battenti sono pubblicazioni non in linea con il pensiero unico, quelli che si sciacquano la bocca con la pluralità e con la libertà di stampa – ma solo per chi la pensa come loro – stappano lo champagne.

 L’eresia

Da qui la proposta “eretica”, che stana i paladini farlocchi della pluralità nell’informazione. Visto che in marzo la popolazione ha deciso a larga maggioranza a favore del mantenimento del canone radiotelevisivo, se ne tolga una parte alla SSR, dove il grasso cola a gogò, e la si versi alla stampa scritta; compresa ovviamente quella che non piace alla casta. Del resto, la qualità dei giornali è spesso e  volentieri superiore a quella della SSR. Cari signori della partitocrazia, troppo facile difendere la pluralità dell’informazione a parole, e poi nella pratica far piovere sempre sul bagnato perché la TV di Stato vi fa campagna elettorale.

La mozione

La proposta di decurtare una parte del canone alla SSR per distribuirlo alla stampa scritta è contenuta nella mozione che chi scrive ha presentato in giugno in Consiglio nazionale. Naturalmente dal Dipartimento Doris arriva il njet su tutta la linea: che nessuno osi mettere le mani nel piatto della TV di Stato! Particolarmente comica la motivazione: la Costituzione prevede che il canone sia corrisposto solo alla radiotv. Ma va? Ed infatti era proprio questo che la mozione chiedeva di modificare. Perché i tempi cambiano. L’articolo costituzionale risale a svariati decenni orsono. E’ obsoleto. Ai tempi la TV era giovane, l’online non esisteva ed i giornali prosperavano.  Adesso la TV lineare è un relitto del passato tenuto in vita artificialmente per tornaconto politico-partitico, le piattaforme social si pappano tutta la pubblicità, la gente, essendo già costretta a pagare il canone più caro d’Europa per una TV che magari nemmeno guarda, non è più disposta a spendere per i giornali, e si “accontenta” dell’informazione fornita gratuitamente dai portali web. E la stampa scritta è minacciata d’estinzione. Non sarebbe dunque il momento di formulare delle proposte di cambiamento?

Che tolla!

Si rimane poi basiti davanti alla faccia di tolla di un Consiglio federale che si appella alla Costituzione solo quando gli fa comodo. Nello specifico, per non sostenere i giornali. Perché sull’articolo 121 a (immigrazione di massa) abbiamo visto come è andata a finire. Il triciclo PLR-PPD-PS alle Camere federali ha varato una legge d’applicazione crassamente anticostituzionale. E il ministro PLR “Leider” Ammann, a nome del governicchio federale, ben lungi dall’indignarsi, telefonava tutto scodinzolante ai suoi padroni di Bruxelles per annunciare la vittoria dell’élite sul “popolazzo becero che vota sbagliato”. Un consiglio ai camerieri bernesi dell’UE: prima di citare un’altra volta la Costituzione, sciacquarsi la bocca.

Comunque, sulla proposta di togliere una parte del canone all’emittente di regime per distribuirla alla stampa, dovrà decidere il parlamento. Non che ci si possano fare soverchie illusioni. Ma i falsi ed ipocriti sostenitori della “pluralità d’informazione” dovranno giocoforza uscire allo scoperto.

Lorenzo Quadri