L’identità dell’insegnante coinvolto nel festino alle medie di Locarno resta “segreta” 

La vicenda locarnese, che imbarazza pesantemente il ro$$o DECS, è stata messa via senza prete in tempo di record. Se invece di un docente fosse stato coinvolto un funzionario di un altro Dipartimento, magari a guida leghista…

Malgrado la Lombardia da domani tornerà in zona rossa, le frontiere svizzere rimangono SPALANCATE a cani e porci, senza controlli né obbligo di presentare tamponi negativi per attraversarle. Tutti possono entrare in Svizzera per qualsiasi motivo. Anche per mettere a segno rapine (è accaduto in un distributore di Pedrinate). Anche per organizzare festini illegali, come ben dimostra il caso dell’ “influencer”-baüscia milanese e del suo party alcolico (e non solo) alle Medie di Locarno.

Ad aprire le porte dell’istituto è stato, come noto, un docente della scuola. L’insegnante è stato licenziato per direttissima dal governicchio cantonale. E ci sarebbe mancato altro. Il DECS si è affrettato a dichiarare che “è un caso isolato” e che occorre voltare subito pagina. Ohibò. Se si fosse trattato di un dipendente statale di un altro Dipartimento non targato P$, ma – ad esempio – a guida leghista, il doveroso licenziamento del diretto interessato non avrebbe affatto chiuso la polemica nel giro di un battito di ciglia. Proprio per nulla. La vicenda sarebbe stata cavalcata e strumentalizzata in grande stile, a scopo partitico. Sarebbero fiorite – tramite atti parlamentari strombazzati a cui evidentemente la stampa di regime sarebbe corsa a dare visibilità – le pretese di approfondimenti, inchieste, dimissioni! Insomma, dal “caso isolato” sarebbe nata una shitstorm (=tempesta di cacca) a scopo politico-partitico.

Due pesi e due misure

Anche all’identità delle persone coinvolte è stato applicato il consueto sistema dei due pesi e delle due misure.

All’ “innominabile” funzionario-abusatore del DSS Marco Baudino è stato garantito l’anonimato mediatico in quanto esponente di rilievo del P$ (altro che la storiella della “tutela delle vittime”). Ciò malgrado un verdetto di colpevolezza.

Mons. Azzolino Chiappini, religioso ottantenne, è per contro stato pitturato in prima pagina con nome, cognome e fotografia, sospettato di reati infamanti. L’accusa si è poi squagliata come neve al sole, essendo sfociata in un decreto d’abbandono. Mons. Chiappini non è stato processato ed assolto; il PP ha rinunciato ad imbastire l’atto d’accusa. Segno quindi che, dietro la panna montata mediatica, c’era il nulla. Intanto però il danno reputazionale, personale (con tanto di arresto e soggiorno alla Farera) e professionale subito dall’anziano prelato è enorme.

E col docente delle scuole medie di Locarno?

Anche qui, il nome dello scriteriato rimante “top secret” per l’opinione pubblica. Ohibò, e come mai? Perché il monsignore viene sputt… alla grande ma il docente no? Una volta si diceva che in una comunità c’erano due personalità di spicco: il prete ed il maestro. Per loro dovrebbe pertanto valere la parità di trattamento.

A pensar male…

Inoltre: sull’ “influencer”-baüscia milanese, di cui a rigori ci potrebbe anche importare poco per non dire nulla, si è scritto di tutto e di più. Manca solo il numero di scarpe. Sul docente, che più ci interessa – in quanto pubblico funzionario a cui viene affidata l’educazione di giovani – citus mutus.

Se a pensar male si commette peccato ma ci si azzecca quasi sempre, in genere questo tipo di censura mediatica si applica quando:

  • Il “reo” è straniero; oppure
  • C’è una qualche connessione politica.

Nel caso concreto sappiamo che il docente non è straniero. Gli uccellini locarnesi cinguettano che siamo invece nell’opzione 2). E’ ovvio che la connessione politica non è con la Lega. Altrimenti, è chiaro, sarebbe stata strombazzata all’istante.

Lorenzo Quadri