Cassa pensioni cantonale: passa il prestito da 700 milioni. E deve essere l’ultimo

Adesso si apre il capitolo del tasso di conversione da ridurre. Che nessuno si sogni di inventarsi travasi di soldi cantonali tramite la gestione corrente per mantenere il tasso di conversione attuale! Altrimenti sarà referendum!

Dopo un limbo durato anni, il parlatoio cantonale ha approvato a larga maggioranza il rapporto redatto da Michele Guerra (Lega) e Paolo Pamini (Udc) sul risanamento della Cassa pensioni dei dipendenti dello Stato (IPCT).

Esso prevede che il Cantone conceda all’Istituto previdenziale un anticipo di 700 milioni di franchi, che l’IPCT a sua volta investirà sul mercato per colmare il buco finanziario. Per racimolare il tesoretto da 700 milioni, che andrà restituito, il Cantone emetterà obbligazioni trentennali in tre tranches. In questo modo l’operazione dovrebbe essere a costo zero per l’ente pubblico:quindi niente mani nelle tasche del contribuente.

La decisione parlamentare non stottostà al referendum, poiché non vengono né modificate leggi, né stanziati crediti.

E’ evidente che la Lega vigilerà con molta attenzione. Questo contributo deve essere l’ultimo.

Nel frattempo si impongono alcune considerazioni.

Prima considerazione

Il piano iniziale del governicchio per risanare i conti della cassa pensioni cantonale era ben diverso. Il DFE targato PLR voleva concedere all’istituto un contributo a fondo perso di mezzo miliardo di franchi. Questo dopo che nel 2012 il Gran Consiglio aveva già stanziato, dietro pressante insistenza (stalking) dell’IPCT, un contributo a fondo perso della medesima entità, naturalmente giurando che non ce ne sarebbero stati altri. Campa cavallo.

Se il Mattino e la Lega non avessero promesso (non solo annunciato: promesso) il referendum, la partitocrazia nel parlatoiocantonale avrebbe sborsato il mezzo miliardo richiesto senza fare un plissé. I contribuenti ticinesi possono dunque ringraziare il Mattino e la Lega se non si sono visti mettere le mani nelle tasche per la bellezza di 500 milioni!

Inoltre, se Pamini e Guerra non avessero trovato una via d’uscita praticabile, i soldatini della partitocrazia si starebbero ancora guardando nel bianco degli occhi.

Seconda considerazione

La voragine nei conti della cassa pensioni cantonale non è caduta dal cielo all’improvviso. Se ne parla da decenni. Un mese e mezzo fa, l’Ufficio federale di statistica ha pubblicato i dati sulla copertura degli istituti previdenziali svizzeri. E’ emerso che, in totale, c’è una copertura insufficiente per qualcosa come 32.4 miliardi di Fr. La quasi totalità di questo ammanco plurimiliardario è imputabile alle casse pensioni pubbliche (tra cui quella del Canton Ticino). Ed infatti per i 71 istituti di previdenza di diritto pubblico la copertura insufficiente è di 31.9 miliardi, mentre per le 1263 casse di diritto privato il buco è di “solo” mezzo miliardo.

Questo vuol dire che le casse pensioni private hanno fatto i compiti e si sono messe i conti in ordine. Nello Stato, invece, le cose sono andate diversamente. Il motivo è ovvio: gli istituti pubblici hanno – appunto – la garanzia dello Stato. Ciò vuol dire che gli ammanchi li copre il solito sfigato contribuente. Di conseguenza la partitocrazia, invece di correre ai ripari, ha fatto orecchie da mercante. Ha tollerato e tollera privilegi pensionistici che non è più possibile finanziare. La ricreazione è finita!

Terza considerazione

Nell’anno di disgrazia 2021 il rendimento medio degli investimenti previdenziali è stato dell’8.1%. Quindi un tasso di tutto rispetto. Con tassi simili, c’è ragione di essere ottimisti sul fatto che l’eventuale anticipo cantonale verrebbe effettivamente restituito.

L’alto rendimento dimostra che il problema delle casse pensioni pubbliche in sottocopertura, come è appunto il caso dell’IPCT, non sono i mercati finanziari. Sono le prestazioni da Paese dei Balocchi. Quanti alti funzionari del Cantone sono andati in (im)meritata quiescenza a 58 anni a rendita piena o quasi?

Chi lavora nel privato ha già dovuto tirare la cinghia per contribuire al risanamento della sua, di cassa pensioni. Non sta né in cielo né in terra che sia chiamato anche a finanziare i privilegi pensionistici del funzionariato.

Quarta considerazione

Resta da affrontare il tema dell’abbassamento del tasso di conversione dell’IPCT, oggi al 6,17%. Che il tasso andrà ridotto è chiaro: l’hanno fatto tutte le casse pensioni, che navigano attorno al 5%. Non si mantengono i privilegi pensionistici degli statali mettendo le mani nelle tasche dei contribuenti, già munti ad oltranza per foraggiare un’amministrazione cantonale gonfiata come una rana. Quindi, avviso ai naviganti: che nessuno si sogni di inventarsi travasi di soldi cantonali tramite la gestione corrente per mantenere artificialmente in vita il tasso di conversione attuale! Altrimenti sarà referendum!

Forse qualcuno non si rende conto che sul settore privato si abbatteranno: le conseguenze della crisi economica da stramaledetto virus cinese (fallimenti aziendali, licenziamenti), quelle della guerra in Ucraina (impennata dei costi dell’energia e delle materie prime e quindi ancora fallimenti aziendali e licenziamenti) nonché l’effetto boomerang delle sanzioni alla Russia, tra cui la fuga di centinaia di miliardi di proprietà dei cosiddetti oligarchi dalla piazza finanziaria svizzera.

Questo sfacelo, ça va sans dire, non toccherà nemmeno di striscio i dipendenti statali. Pretendere che chi verrà travolto dalle crisi paghi per il mantenimento dei privilegi di chi non ne verrà nemmeno sfiorato è improponibile. I politicanti triciclati faranno bene a rendersene conto.

Lorenzo Quadri