Al Consiglio degli Stati è stata depositata una mozione di Fabio Abate, sottoscritta da una ventina di senatori tra cui l’altro ticinese Filippo Lombardi, che mira ad ottenere dal Consiglio federale ovvero dalla SECO (Segretariato di Stato per l’economia) la revisione del concetto di turismo inserito nell’ordinanza d’applicazione della legge federale sul lavoro.
Tale concetto va dunque aggiornato a quella che è la società attuale (e non la società degli anni Cinquanta). Nella società attuale, il turismo dello shopping è sicuramente una forma di turismo.
Obiettivo della mozione è, evidentemente, salvaguardare le aperture domenicali del Foxfown a cui il DFE, con clamorosa mancanza di visione politica, aveva decretato lo stop, per poi venire smentito dal Consiglio di Stato. Far chiudere i negozi di domenica è un modo alquanto bizzarro di promuovere il turismo e l’economia ticinesi.
Il tema va affrontato
Tuttavia, anche se i tempi saranno lunghi, anche se l’opposizione sarà forte, sulla questione delle aperture domenicali dei negozi bisogna venirne ad una. Tanto più che, a mo’ di beffa, proprio in questi giorni a Milano è stato inaugurato il primo negozio Carrefour aperto 24 ore al giorno e 7 giorni su 7.
I negozi chiusi non sono mai stati un’attrazione turistica. E il turista di certo non gradisce trovarsi davanti la “porta di legno”; né si accontenta più dei classici souvenir. Cerca anche altro.
Il lavoro domenicale non è affatto un concetto marziano. E’, invece, una realtà consolidata in una marea di settori professionali: dagli ospedali alle case anziani, dai trasporti pubblici ai media, dalla polizia ai servizi urbani, dalla ristorazione all’albergheria, dagli spettacoli al congressuale, dallo sport alle strutture carcerarie, e l’elenco non è certo esaustivo.
Schiavizzati?
Neppure si può sostenere che chi è attivo professionalmente la domenica si sente per questo sacrificato sempre e comunque, specie se incassa i bonus per il lavoro in giorno festivo. Ovviamente il rispetto dei diritti dei lavoratori deve essere garantito (questo tutti i giorni della settimana).
La società si allontana sempre di più dal modello dell’impiego d’ufficio, 5 giorni alla settimana, dalle 8 alle 17.30. E’ un dato di fatto, e non è per forza un male. Del resto, qualcuno ha voluto le aperture, qualcuno ha voluto la globalizzazione, qualcuno ha voluto mettere tutti in concorrenza con tutti. Tra questi qualcuno spicca la $inistra delle frontiere spalancate. E allora che non si lamenti se, in conseguenza, bisogna cambiare marcia.
Libertà per chi la vuole
E’ chiaro: aprire tutti i negozi la domenica sarebbe un nonsenso.
Per un negozio di ferramenta, ad esempio, l’apertura domenicale ben difficilmente sarebbe un buon affare.
Tuttavia quei commerci grandi e piccoli che vogliono aprire la domenica devono avere la possibilità di farlo, sempre nel rispetto dei diritti dei lavoratori. Non dimentichiamoci poi che con le aperture domenicali c’è la possibilità di creare nuovi posti di lavoro per i residenti.
Restando arroccati su posizioni anni Cinquanta, ci faremo bagnare il naso dalla vicina Penisola. La quale installa, appena al di fuori dal confine, centri commerciali aperti sette giorni su sette. E pieni di clienti ticinesi.
Se c’è la possibilità di creare indotti e lavoro sul nostro territorio, regalarla alla vicina ed ex amica Penisola è un errore plateale.
Lorenzo Quadri