Diritti popolari in Ticino: il 10 febbraio votiamo Sì alla modesta agevolazione proposta

 

Il prossimo 10 febbraio i cittadini ticinesi saranno chiamati ad esprimersi su ben quattro modifiche della Costituzione cantonale. Si tratta di temi per lo più tecnici. Degno di nota è tuttavia l’oggetto numero due, che riguarda il tempo a disposizione per la raccolta delle firme per le iniziative popolari ed i referendum.

Non è una rivoluzione

In votazione viene proposto un leggero allungamento dei tempi. Vale a dire che i giorni a disposizione per raccogliere le firme necessarie alla riuscita di un’iniziativa popolare legislativa (7000) o costituzionale (10’000) passerebbero dagli attuali 60 a 100, mentre per i referendum si andrebbe da 45 a 60 giorni.

Non si tratta certo di una rivoluzione copernicana. Come ha affermato nei giorni scorsi il “Guastafeste” Giorgio Ghiringhelli, che nel 2005 lanciò l’iniziativa costituzionale “Più potere al popolo con diritti popolari agevolati”, anche approvando le “agevolazioni” in votazione il 10 febbraio il Ticino resterebbe tra i Cantoni meno “democratici”. Ossia resterebbe tra quelli dove l’esercizio dei diritti popolari è più difficile. Non guadagnerebbe una sola posizione in graduatoria.

Maggiori facilitazioni

L’iniziativa “Più potere al popolo”, che la Lega ed il Mattino a suo tempo appoggiarono, prevedeva invece maggiori facilitazioni. Proponeva di intervenire non solo sul tempo di raccolta, ma anche sul numero di firme da raccogliere. Avrebbe riportato il Ticino nella media nazionale. Tuttavia nel marzo del 2007 venne respinta in votazione popolare, seppur per il rotto della cuffia (50.9%!). Per questo “njet” possiamo ringraziare la partitocrazia. Alla quale evidentemente non sta bene che il popolo venga chiamato a decidere sul proprio futuro perché, come insegna la casta, “il popolazzo becero vota sbagliato”.

Un segnale

La modifica su cui voteremo il prossimo 10 febbraio è meglio di un calcio nelle gengive, poiché costituisce un leggero miglioramento della situazione attuale. Va quindi sostenuta. E’ senz’altro un segnale positivo (tanto per una volta, vogliamo essere un po’ buonisti) che si voti una, per quanto piccola, agevolazione dei diritti popolari quando alcuni soldatini liblab – vedi ad esempio i galoppini del sedicente Think Tank, ovvero “serbatorio di pensiero” PLR “AvenirSuisse” – vanno in giro a dire che bisogna invece ostacolare l’esercizio dei diritti popolari, per meglio permettere all’élite internazionalista di svendere la Svizzera all’UE nell’interesse degli spalancatori di frontiere e della grande economia (la quale poi ringrazia delocalizzando). Il Ticino ha dunque la possibilità di dare un segnale a sostegno dei diritti popolari e della democrazia diretta. Questo anche all’indirizzo di quei camerieri dell’UE che la nostra democrazia diretta la vorrebbero rottamare tramite lo sconcio accordo quadro istituzionale con Bruxelles.

E tuttavia…

Tuttavia, una scelta più coraggiosa sarebbe  stata senz’altro benvenuta. Questo per almeno due motivi.

Primo:l’introduzione del voto per corrispondenza. Che è senz’altro comodo, ma ha reso la vita assai più difficile a chi raccoglie le firme per iniziative popolari e referendum, poiché ha ridotto l’affluenza fisica ai seggi a livelli infimi. Ed i seggi erano proprio il luogo più indicato per la raccolta firme. Questo nuovo “handicap” avrebbe meritato ben altra compensazione. Sempre più l’esercizio dei diritti popolari diventa prerogativa di chi può permettersi di pagare i raccoglitori di firme. Rispettivamente di chi, come i sindacati, può mandare i propri dipendenti a raccogliere sottoscrizioni, stipendiati con i soldi degli affiliati, invece che a lavorare. Se si pensa che spesso e volentieri i sindacati lanciano iniziative o referendum pro-immigrazione e  quindi contro i lavoratori ticinesi…

Secondo:praticamente metà dei ticinesi (oltre il 49%) nel 2007 appoggiando l’iniziativa “Più potere al popolo” approvò un’agevolazione ben più sostanziosa dei diritti popolari. Questa circostanza avrebbe meritato maggiore considerazione – e quindi migliorie un po’ più consistenti.

Detto questo, il 10 febbraio votiamo sì nell’ottica del “meglio che niente”. E magari nella speranza che, in un futuro non troppo lontano, qualcuno lanci un’altra iniziativa, meno cosmetica e più di sostanza, per agevolare i diritti popolari e dare davvero più potere ai cittadini. Iniziativa che magari – stante anche l’ormai sempre più evidente volontà della casta di esautorare il “popolazzo becero” – questa volta, diversamente da quanto accaduto 11 anni fa con l’iniziativa del Guastafeste, potrebbe ottenere una maggioranza alle urne.

Lorenzo Quadri