Qualcuno sta già progettando di soppiantare gli svizzeri con lavoratori ucraini?

La casta immagina di far restare per sempre in Svizzera una fetta consistente dei rifugiati che arriveranno qui per colpa della guerra di Putin? Allora si blocca subito il rilascio di nuovi permessi G e B!

Qui c’è qualcuno che sta già uscendo di carreggiata.

Sul fatto che in Ucraina a seguito dei bombardamenti di Putin sia in atto un dramma umanitario non ci piove. Ci sono quindi dei profughi (tanti) che scappano da una guerra. Queste persone hanno bisogno di aiuto. Nella drammatica circostanza, sicuramente la Svizzera non verrà meno alla propria tradizione umanitaria. L’aiuto va prioritariamente fornito sul posto (nei paesi confinanti all’Ucraina) ma svariate migliaia di persone arriveranno anche in Svizzera ed in Ticino.

Queste persone vanno sostenute temporaneamente fino a quando – speriamo presto – la guerra sarà finita e potranno dunque rientrare nel loro Paese. Da cui peraltro mai sarebbero partiti, se Putin non si fosse messo in testa di bombardarli.

Asilo vuol dire protezione, non immigrazione. Questo principio vale anche nella situazione attuale. Per cui, a costo di far strillare qualche moralista del piffero (cosa di cui ben poco ci importa) ribadiamo che la guerra in Ucraina non deve generare l’ennesimo flusso di immigrati “stanziali” in Svizzera. Perché di quelli ce ne sono già troppi.

Carattere temporaneo

Per ora i rifugiati ucraini sono sostanzialmente donne, bambini, anziani desiderosi di rientrare a casa prima possibile per ricongiungersi con figli, fratelli, mariti, compagni, genitori rimasti in patria. Non hanno quindi intenzione di rimanere in Svizzera.

Questa situazione non deve trasformarsi in qualcosa di completamente diverso sull’onda dell’irrazionalità emotiva di cui i soliti “furbetti” già pensano di approfittare.

E’ giusto che i bambini ucraini, durante il periodo in cui soggiorneranno in Ticino, vengano scolarizzati. La stessa Costituzione federale prevede che i bambini abbiano accesso alla scuola indipendentemente dallo statuto di soggiorno.

Il permesso S, accordato dal governicchio federale ai rifugiati ucraini, permette a questi ultimi anche di lavorare.

Tutto questo però deve avere carattere temporaneo.

Nel nostro mercato del lavoro, devastato dall’invasione di frontalieri e padroncini voluta dalla partitocrazia e dalla stampa di regime, non c’è già più spazio per noi. Se qualcuno pensa di approfittare della guerra in Ucraina per far arrivare stabilmente altri lavoratori a basso costo che andranno a soppiantare gli svizzeri, fa il piacere di levarselo subito dalla zucca.

Le fregnacce di Economiesuisse

Per questo fanno venire l’orticaria le fregnacce di Economiesuisse, ovvero il club dei manager stranieri delle multinazionali, ai quali della Svizzera importa meno di zero (pretendevano pure di farci firmare lo sconcio accordo quadro istituzionale con l’UE).

I soldatini di Economiesuisse, vedi tale Rudolf Minsch  capoeconomista, già vanno a raccontare sui media che “Gli ucraini possono allievare la carenza di manodopera qualificata” e che il loro arrivo sarebbe “nell’interesse della Svizzera”.

La fonchiata della carenza di manodopera qualificata non si può più ascoltare. Di manodopera qualificata svizzera ce n’è eccome. Solo che spesso e volentieri non trova sbocchi professionali a causa del notorio soppiantamento in corso. O magari i giannizzeri di Economiesuisse intendono dire che gli ucraini sono tutti geni e gli svizzeri tutti ignoranti come capre?

“La solidarietà verso chi è in fuga è grande – prosegue il Minsch – molte aziende sembrano disposte ad offrire loro opportunità di lavoro in Svizzera”. Frena Ugo!

Per mostrare di essere solidali, se davvero lo sono, le aziende in questione hanno molti modi. Ad esempio contribuire finanziariamente. Assumere profughi ucraini a scapito dei residenti, va da sé pagandoli meno e nella speranza che rimangano definitivamente in Svizzera, non è un’azione solidale. E’ speculazione spacciata per buonismo. Le aziende svizzere comincino ad essere solidali con gli svizzeri, assumendo disoccupati locali!

E alle presunte “carenze di manodopera qualificata” non si rimedia con l’immigrazione incontrollata sdoganandola con la propaganda buonista, ma semmai con la formazione del personale residente.

Approfittare della solidarietà?

Il mercato del lavoro svizzero deve dare spazio prima agli svizzeri. Questo vale in particolare per il mercato ticinese, che – “grazie” al triciclo spalancatore di frontiere – è già nella palta più che abbastanza. Approfittare della giusta solidarietà nei confronti di chi si trova l’esistenza sconvolta dalla guerra per progettare ulteriori soppiantamenti occupazionali è indecoroso. Gli svizzeri con la guerra di Putin non c’entrano un tubo. E già dovranno scontare le conseguenze della sciagurata rottamazione della neutralità elvetica ad opera del governicchio federale cameriere di Bruxelles. Conseguenze che saranno anche economiche e quindi occupazionali. Gli impieghi, in tempo di crisi, diminuiscono. Se contemporaneamente l’immigrazione aumenta, la conseguenza è ovvia.

Bloccare i nuovi permessi

Visto che qualcuno si sta già dando da fare per trasformare i profughi ucraini (in fuga temporanea ma desiderosi di tornare a casa) in immigrati (che a rimpatriare non ci pensano proprio), e per abituare i cittadini all’idea che “è giusto” (?) che vada a finire così, allora come minimo bisogna bloccare il rilascio di nuovi permessi G e B.  Sul mercato del lavoro svizzero non c’è spazio per tutti, e siamo già qui in troppi.

L’ondata di solidarietà non durerà in eterno. Sarà bene tenere presente che dall’Ucraina non arriveranno solo persone oneste. Arriveranno anche “furbetti” e delinquenti. Arriveranno, abusando della situazione, anche finti rifugiati delle nazionalità più disparate. Qualcuno pensa magari di tenerli qui in pianta stabile?

Il precedente dell’ex Jugoslavia qualcosa dovrebbe avere insegnato. Non è il caso di fare il bis.

Lorenzo Quadri