Già annunciato per il 2016 un sorpasso di 342 milioni, e il contribuente paga
A preventivo il Parlamento federale aveva approvato, per l’anno di grazia 2016, una spesa di 1.5 miliardi di franchi per l’asilo. Non sono proprio noccioline. Eppure già si sa che questa cifra verrà superata. E mica di poco. La segreteria di Stato della migrazione (SEM) stima, per fine anno, un sorpasso di almeno 342 milioni di franchetti. E nümm a pagum. Il motivo del plateale sforamento è ovvio: arriveranno molti più migranti economici di rispetto a quelli preventivati.

L’Austria contingenta
Come risponde la Svizzera all’invasione di finti rifugiati che sta mettendo a ferro e fuoco l’Europa? Come al solito, non facendo nulla. Altri sono meno masochisti. Ad esempio i nostri vicini austriaci hanno fissato un nuovo tetto: verranno accolti al massimo 80 asilanti al giorno poiché l’Austria “ha già dato”. Gli eurobalivi naturalmente hanno subito fatto la voce grossa: la decisione di Vienna sarebbe “incompatibile con gli obblighi previsti dal diritto UE e dalle leggi internazionali”. Peccato che sia invece necessaria a garantire la sicurezza interna del Paese. Ma è evidente che, di questa, agli eurobalivi non gliene potrebbe fregare di meno. L’importante è preservare il dogma delle frontiere spalancate. Come ebbe saggiamente a dire qualcuno: “un paese che non difende i propri confini è un paese morto”. E i funzionarietti di Bruxelles vogliono proprio dei paesi morti.

Se si chiude la via balcanica…
L’Austria, c’è da sperarlo, non si piegherà ai Diktat europei. Saprà anteporre la sicurezza dei propri cittadini all’obbedienza cieca e masochista. Il Consiglio federale farebbe la stessa cosa? Ma figuriamoci…
Sta di fatto che gli Stati toccati dalla via balcanica si stanno tutelando sempre più. Stanno fissando contingenti; stanno chiudendo frontiere; stanno erigendo muri ai confini. E fanno benissimo. Ma c’è un problema: se la via dei paesi dell’Est è preclusa, o comunque diventa sempre meno percorribile, non ci vuole il mago Otelma per prevedere che i finti rifugiati (quanti i miliziani dell’ISIS?) trovando sbaratta la strada balcanica, passeranno dall’Italia, e poi si dirigeranno in Svizzera ed in Germania. Qualcuno a Berna ha pensato o no a questo scenario? Se da un giorno all’altro dovesse esplodere la pressione ai confini a sud, e quindi sulla frontiera tra il nostro Cantone e il Belpaese, in che modo intende reagire la Confederazione?

Il sospetto è che dei piani difensivi non ci siano proprio. Quanto scommettiamo che l’autorità federale si limiterebbe a pretendere da Cantoni e Comuni che s’inventino soluzioni per ospitare i migranti economici, e poi magari chiederebbe aiuto all’Europa, che naturalmente se ne impiperebbe alla grande di quello che succede agli svizzerotti fessi?

La prova del nove
Del resto, in materia di sottomissione bernese a Bruxelles arriverà presto una prova del nove. Come noto l’UE vuole dare, nell’ambito dei trattati di Schengen, un giro di vite sulle armi conservate al domicilio dei cittadini: dice che si tratta di una misura per combattere il terrorismo. L’ennesima presa per i fondelli: prima, in nome di una politica migratoria scriteriata e della fallita multikulturalità, si permette alle cellule dei terroristi islamici di insediarsi in Europa. Poi s’immagina di combatterle disarmando i cittadini onesti.

Si dà però il caso che l’arma d’ordinanza in casa sia una tradizione elvetica. E si dà pure il caso che questa tradizione sia stata confermata dal popolo in votazione nel 2011. La Svizzera, avendo aderito agli accordi bidone di Schengen, sarebbe tuttavia tenuta a recepirne anche l’evoluzione. E quindi ad impedire ai soldati svizzeri di portarsi a casa il FASS, come UE comanda. Ma ubbidire all’ultima fregnaccia europea significherebbe cancellare un voto popolare. Se il Consiglio federale è pronto a calare le braghe fino a questo punto, a permettere che la sovranità elvetica venga calpestata senza ritegno, allora aspettiamoci il peggio. E prepariamo le contromisure.
Lorenzo Quadri