Il divieto di burqa, votato dal popolo ticinese il 22 settembre dello scorso anno, comincia a prendere forma grazie al consigliere di Stato leghista Norman Gobbi. Nel progetto di revisione della legge sull’ordine pubblico mandato in consultazione sono infatti precisate le sanzioni per chi nasconde il viso. Si tratta di un primo passo poiché il direttore del Dipartimento delle istituzioni ha annunciato che, dopo il conferimento della garanzia costituzionale al divieto votato in Ticino, verrà elaborato uno specifico messaggio di legge sulla dissimulazione del viso nei luoghi pubblici.
La legge francese
In effetti, malgrado la votazione popolare di oltre un anno fa, il divieto di burqa non è ancora in vigore. Responsabile della melina è, ancora una volta, la Confederazione. La quale, per fare melina, ha preso a pretesto il caso della legge antiburqa francese.
Il divieto francese – analogo a quello votato in Ticino – era stato impugnato davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Inutile dire che a Berna si sperava che da quella sede venisse un bel njet con tanto di panna montata su xenofobia e razzismo. Del resto i giudici di Strasburgo sono specialisti in decisioni all’insegna del politikamente korretto, si ricordano al proposito le sentenze contro il rimpatrio dei delinquenti stranieri.
Il siluro di Strasburgo
Le aspettative dei bernesi nei confronti della decisione europea non erano dunque fuori luogo: specialmente se, come si suol dire, si conoscono i propri polli. Si può dunque immaginare la costernazione diffusasi sotto le cupole federali quando il verdetto è sì arrivato; ma andava nella direzione opposta a quella auspicata. Non ha usato nemmeno troppe perifrasi, l’alta corte: vietare il burqa non lede la libertà di religione. Addirittura i giudici – con sommo orrore della cricca dei politikamente korretti – hanno messo l’accento sull’incompatibilità del velo integrale con le regole occidentali del vivere insieme. Altrimenti detto, il burqa è la negazione dell’integrazione. Parola di Corte europea dei diritti dell’Uomo.
Altro che “burqa simbolo di libertà ” come sosteneva qualcuno (in sprezzo del ridicolo). Qualcuno che magari è pure in assistenza. Sempre meglio: in casa nostra si predica il disprezzo dei valori occidentali. Però quando si tratta di attingere alla greppia pubblica, ecco che improvvisamente si diventa molto conformisti…
Divieto nazionale
Dopo che la Corte europea dei diritti dell’uomo, di certo non sospettabile di filoleghismo, ha dato il via libera al divieto francese, gli spalancatori di frontiere fautori della multikulturalità completamente fallita sono rimasti senza argomenti per combattere il divieto plebiscitato dai ticinesi. Speravano, lor$ignori, di ricevere da Strasburgo un assist per prendere a pesci in faccia i ticinesi razzisti e xenofobi. Invece è arrivata una bastonata nei denti.
Dopo questa sentenza, a Berna non hanno nemmeno più argomenti per temporeggiare sul conferimento della garanzia costituzionale. Le commissioni delle istituzioni politiche delle due Camere dovranno dunque cominciare a dibattere in tempi brevi; poi sarà la volta del plenum parlamentare. Siamo molto curiosi. Davanti ad una sentenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo, vogliamo vedere se gli spalancatori di frontiere, quelli che avevano denigrato l’iniziativa ticinese come “contraria alla libertà di religione” oltre che populista e razzista, avranno la tolla di spolverare questi stessi argomenti, e in caso contrario cosa diranno.
E’ invece evidente che l’entrata in vigore del divieto ticinese non sarà che il primo passo. Il prossimo sarà l’introduzione di un divieto valido a livello nazionale.
Nella Costituzione
Bene ha fatto Gobbi a sottolineare che il messaggio governativo per l’elaborazione di una legge speciale sul divieto di dissimulare il volto metterà l’accento sul problema dell’integrazione. Perché il punto principale è per l’appunto questo. E’ vero che nascondere il viso pone anche delle importanti questioni di sicurezza. Ma ciò non giustificherebbe una norma costituzionale. Se i promotori dell’iniziativa, ovvero il Guastafeste Giorgio Ghiringhelli ed un gruppo di esponenti di varie forze politiche (tra cui chi scrive) hanno voluto un divieto inserito nella Costituzione, non è per sfizio, ma per un preciso motivo. La Costituzione contiene infatti i nostri principi fondamentali. Il burqa, ostentando l’identificazione in un sistema di valori e di regole incompatibili con i nostri, è la materializzazione del rifiuto di questi principi. Principi che vanno invece strenuamente promossi ed imposti a chi vuole vivere da noi. Ora più che mai.
L’Occidente ha dormito per decenni, narcotizzato dalla fanfaronata della multikulturalità . Una fanfaronata imposta a colpi di accuse di razzismo e xenofobia fatte piovere su chi si opponeva: un vero atto di fascismo intellettuale. Il risultato? Una catastrofe su tutta la linea. Ed infatti dall’Occidente partono i macellai che vanno a combattere per l’ISIS, cresciuti ed allevati sotto la protezione della multikulturalità . La difesa dei nostri principi fondamentali può avere solo un posto. Quello in cui tali principi sono iscritti. La Costituzione, dunque. Da cui nessuno spalancatore di frontiere e rottamatore della Svizzera potrà toglierli. Se non passando da una votazione popolare.
Lorenzo Quadri