Ad ulteriore dimostrazione che gli Accordi di Schengen sono un bidone immondo (che oltretutto ci costa 14 volte di più di quanto annunciato prima della votazione nell’anno di disgrazia 2005): il Corriere del Ticino ha di recente attirato l’attenzione su un fatto notorio, le cui conseguenze sono però forse meno note a chi non è “al fronte”.
Il fatto notorio è che il codice penale svizzero non punisce le azioni preparatorie per un furto. Le conseguenze meno note riguardano quel che accade quando cittadini dello spazio Schengen vengono pizzicati ad una nostra dogana con nel baule utensili atti a perpetrare furti con scasso. Gli attrezzi vengono sì sequestrati in applicazione della legge sulle dogane. Ma i loro detentori devono (?) essere lasciati entrare in Svizzera, trattandosi appunto di cittadini appartenenti a Stati dell’area Schengen.

Azioni preparatorie
In effetti il diritto svizzero prevede la punibilità delle azioni preparatorie solo per una dozzina di reati, i più gravi: omicidio intenzionale, assassinio, lesioni gravi, mutilazioni di organi genitali femminili, rapina, sequestro di persona e rapimento, presa d’ostaggio, incendio intenzionale, genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. La punibilità delle azioni preparatorie si trova anche nella messa in pericolo della vita altrui tramite sostanze radioattive.
Il furto non è considerato dal legislatore un reato abbastanza grave perché sia punibile l’azione preparatoria prima che essa sfoci nel tentativo; quindi prima del raggiungimento di un certo grado di concretizzazione.
Naturalmente a questo punto parte poi la diatriba in cui sguazzano tribunali, professori ed avvocati: definire dove inizia la punibilità di un’azione preparatoria.

Effetto cascata?
Si è quindi facili profeti nell’ immaginare che, se per impedire l’accesso alla Svizzera di delinquenti stranieri beccati in dogana con il piede di porco nel baule della macchina bisogna rendere sanzionabili le azioni preparatorie per il furto, ciò rischierebbe di implicare un’estensione a macchia d’olio della punibilità delle azioni preparatorie anche ad altri reati di analoga gravità del furto. Mentre l’intenzione del legislatore era quella di riservare detta punibilità ai crimini più pesanti.

Un castello di carte
E’ evidente che non sta né in cielo né in terra che delinquenti stranieri che si presentano alle dogane della “Svizzera paese del Bengodi” con attrezzi per furto debbano essere lasciati passare, anche se gli arnesi vengono confiscati dalla Guardia di finanza. Bisogna quindi intervenire, e presto. Rendere punibile gli atti preparatori anche per il furto parrebbe in effetti la risposta operativa più immediata. Ma attenzione alle reazioni a catena. Mettersi a “tofignare” il nostro diritto interno è poi la soluzione migliore? Il rischio è che a beneficiare – sottoforma di lavoro in più – di eventuali modifiche legislative potrebbe essere principalmente la casta dei legulei azzeccagarbugli in sovrannumero. A maggior ragione se si pensa che il codice penale è come un castello di carte: ne tocchi una e poi non sai mai come va a finire. Esempio lampante è il demenziale programma Via Sicura. Si sono inventati reati “ad hoc” per i pirati della strada e il risultato è che un eccesso di velocità senza alcuna conseguenza, viene sanzionato più duramente di una rapina.

Chi ha voluto Schengen?
Il fatto che ci si ritrovi a disquisire sulla punibilità degli atti preparatori per furto è l’ennesima dimostrazione che gli accordi di Schengen sono un fallimento.
E, a questo proposito, è opportuno avere bene in chiaro le responsabilità. Il flop-Schengen è stato voluto da tutti i partiti $torici. Solo la Lega e l’Udc si sono opposte allo scriteriato spalancamento di frontiere. E dicevano, i fautori degli squinternati trattati, che essi avrebbero portato “evidenti vantaggi per la sicurezza” (messo nero su bianco!). Ma non solo: grazie a Schengen – così sproloquiava nel 2005 l’allora ministro degli esteri Joseph Deiss, PPD (qualcuno se lo ricorda ancora?) – il segreto bancario sarebbe stato ancorato nel diritto internazionale. Appunto: abbiamo visto come è andata a finire. Sia col segreto bancario che con la sicurezza.

Trattati indifendibili
Che gli accordi di Schengen siano completamente indifendibili lo conferma il fatto che gli spalancatori di frontiere per eccellenza, ossia gli intellettualini rossi da tre una cicca (quelli che abusano delle loro credenziali accademiche per spacciare per verità “scientifiche” le peggio fregnacce ideologiche targate P$) non sanno portare uno straccio di argomento concreto a loro sostegno. A parte, ovviamente, la fetecchiata che tali accordi sarebbero “una conquista”. Sì, certo: una conquista per i delinquenti stranieri…

Fare piazza pulita!
Per rimediare ai danni di questi trattati del piffero, dobbiamo metterci noi a pasticciare il nostro diritto interno? O piuttosto quanto accade con gli aspiranti scassinatori fermati in dogana è un’ulteriore dimostrazione che bisogna fare piazza pulita degli accordi di Schengen?
Del resto, perfino l’ “Anghela” Merkel ha detto che i trattati di Dublino sono ormai superati. E’ quindi evidente che, se Dublino è carta straccia, lo stesso vale per i trattati “fratelli”.
Morale: spazzare via Schengen e chiudere le frontiere!
Lorenzo Quadri