E, se non vogliamo che il principio “merci sul treno da confine a confine” vada a farsi benedire, ci toccherà pure pagare i costi delle opere in Fallitalia

Il cosiddetto corridoio di 4 metri, ossia l’adattamento, sulla tratta del Gottardo, del profilo delle gallerie ferroviarie e di altre infrastrutture ai grossi container, è passato al Consiglio degli Stati. Non si tratta propriamente di una bazzecola, in quanto il costo dell’operazione è di quasi un miliardo di franchi. Di questi, 230 milioni (280 secondo la versione degli Stati, che ne ha aggiunti 50 per la linea del Sempione) dovrebbero costituire un prefinanziamento alla Fallitalia, perché quest’ultima effettui le modifiche necessarie sul suo territorio. La ferrovia si sta nuovamente dimostrando un pozzo senza fondo? Lo abbiamo chiesto al consigliere nazionale leghista Lorenzo Quadri, membro della Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni del Consiglio nazionale. Dove, tra l’altro, l’oggetto arriverà all’ordine del giorno nella seduta del 20 ottobre.

Se si vuole continuare la politica di trasferimento delle merci dalla strada alla ferrovia – risponde Quadri – il corridoio di 4 metri è necessario. Già oggi il 60% dei trasporti avviene in grossi container che non possono transitare per l’asse del Gottardo. Si stima che il traffico merci aumenterà del 50% per il 2030. Se queste merci non potranno venire messe sul treno, viaggeranno su strada, intasando la nostra rete viaria. Gli operatori della logistica, in particolare Hupac, ritengono che senza il corridoio di 4 metri il trasbordo dalla strada alla ferrovia non potrà continuare.

Non esistono alternative alla modifica del profilo delle gallerie per realizzare il corridoio di 4 metri? Ad esempio tramite nuovo materiale rotabile?

Il Consiglio federale al proposito ritiene che ci sono solo progetti pilota, che non sono né autorizzati né testati sul mercato. Il nuovo materiale rotabile potrebbe costituire un complemento per migliorare l’offerta, ma non un’alternativa.

La cosa che disturba di più, ovviamente, sono i 230 o 280 (secondo il Consiglio degli Stati) milioni previsti per il prefinanziamento di investimenti in Italia.

Disturba eccome. Soprattutto in considerazione delle esperienze deleterie fatte con la vicina Penisola in materia di collaborazioni su opere ferroviarie. Pensiamo alla débâcle della tratta italiana della Stabio-Arcisate, o ad AlpTransit, il cui tracciato a sud di Chiasso appare a dir poco nebuloso.

L’Italia investe nella rete autostradale, non in quella ferroviaria. Tuttavia bisogna essere in chiaro su una cosa: se vogliamo che l’obiettivo “merci sul treno da confine a confine” venga raggiunto, occorre che anche in Italia vengano realizzate le infrastrutture necessarie. Altrimenti ci troveremo le stazioni di trasbordo in Ticino, sulla piana del Vedeggio, e verremo di conseguenza invasi dai TIR UE. La viabilità a sud di Lugano è già malridotta, anche a seguito dell’invasione dei frontalieri. Ci trovassimo in strada pure le merci, il sistema collasserebbe. Con conseguenze disastrose per la nostra piazza economica. Il trasbordo dalla strada alla ferrovia l’abbiamo voluto noi svizzeri. Quindi l’Italia ha gioco facile nel dirci: volete raggiungere gli obiettivi che vi siete prefissati? Allora pagate.

Una fattura salata…

Beh, se pensiamo che per AlpTransit spenderemo 24 miliardi, si tratta a questo punto di aggiungere l’1% (230 milioni) per far funzionare il sistema. Altrimenti, come detto, il rischio è quello di trovarci con le stazioni di trasbordo in Ticino, sulla piana del Vedeggio. Tra l’altro col risultato che nessun camion in transito andrebbe da Chiasso al Vedeggio per trasbordare: si dirigerebbe semplicemente verso Basilea su strada. Ancora una volta, quindi, il  nostro Cantone si trova tra l’incudine e il martello. E rischia grosso nel caso in cui qualcosa dovesse andare storto.

I 230 milioni sarebbero a fondo perso?

Si pensa alla modalità del prestito, ma è chiaro a tutti, perfino al Consiglio federale, che ben difficilmente questi soldi, se stanziati, torneranno all’ovile nei prossimi 20 anni. Ammesso e non concesso che torneranno mai indietro.

Alternative?

Visto che l’Italia continua a ricevere ingiustificatamente i ristorni delle imposte alla fonte di frontalieri per realizzare infrastrutture che non vengono realizzate poiché i ristorni finiscono a toppare buchi di gestione corrente, i 230 milioni si potrebbero trattenere da lì.
MDD