“Suisse secrets”: sapendo che il triciclo cala le braghe, la concorrenza ne approfitta
“A pensar male si commette peccato, ma ci si azzecca quasi sempre”. All’inchiesta-panna montata mediatica denominata“Suisse Secrets” (?), il noto “bon mot” sembra adattarsi a pennello.
Gli antefatti sono noti. Un pool di testate internazionali rimprovera a Credit Suisse ogni sorta di nefandezze. Inparticolare, di avere accettato quali clienti trafficanti di droga, dittatori, presunti criminali di guerra, trafficanti di esseri umani, ed altri simpatici personaggi di questo calibro.
La banca respinge le accuse ribattendo che si tratta di relazioni vecchie di decenni, ed il 90% dei conti esaminati dall’inchiesta sarebbe oggi chiuso.
La nuova shitstorm (=tempesta di cacca) mediatica non si limita ad un singolo istituto, ma lancia accuse a tutta la piazza finanziaria elvetica riesumando il cliché – sempre caro ai giornalai, e non solo a quelli stranieri – della Confederella come luogo ideale per riciclare denaro sporco, rispettivamente per imboscare fondi neri a scopo di evasione fiscale.
Fa ridere i polli
Il giornalista Alfonso Tuor per primo ha formulato l’ipotesi che l’inchiesta Suisse Secrets sia in realtà un attacco organizzato alla piazza finanziaria svizzera; attacco messo a segno con la complicità della solita stampa di regime. Tuor ha certamente ragione. L’inchiesta prende di mira l’anello debole (una grande banca in difficoltà) per poi generalizzare.
Perché viene attaccata la piazza svizzera? Perché ovviamente si tratta di una concorrenza sgradita, in particolare nel settore del private banking, a piazze estere dove se ne combinano peggio di Bertoldo.
Tuttavia, dopo lo smantellamento del segreto bancario dei clienti esteri, fa ridere i polli sostenere la tesi della Svizzera caverna di Alì Babà che nasconde il tesoro dei ladroni (l’immagine venne usata anni fa dall’allora ministro delle finanze italico Giulio Tremonti, quello dei fiscovelox). Le caverne di Alì Babà vanno cercate altrove: ad esempio alle Cayman, nell’Isola di Man, a Londra, nel Lussemburgo, nel Delaware, eccetera eccetera.
“Svizzera molle”
Eppure è la Svizzera quella sempre nel mirino. Perché? Ovviamente perché – e questo, chissà come mai, non lo dice nessuno – tutto il mondo sa che i suoi sgovernanti calano le braghe.
Nelle scorse settimane, ha suscitato un’ondata di indignazione tra la diplomazia bernese l’uscita di un’eurodeputata francese, tale Nathalie Loiseau, la quale ha dichiarato che l’UE “non deve essere una grossa Svizzera molle”. Non si capisce che motivo ci sia di inalberarsi: la mollezza elvetica è una realtà.
I mollaccioni della partitocrazia hanno infatti vergognosamente calato le braghe in tempo di record sul segreto bancario. Quanto, fiutando la malparata, nel 2009 il Nano lanciò l’iniziativa popolareper inserire il segreto bancario nella Costituzione federale, la raccolta firme fallì a causa della defezione del cosiddetto centro, ex partitone in primis.
Sempre i mollaccioni della partitocrazia hanno autorizzato le banche a trasmettere ad autorità penali straniere i nominativi di migliaia di dipendenti che avevano semplicemente svolto il proprio lavoro secondo le regole vigenti.
Attacchi interni
La piazza finanziaria svizzera è oltretutto facile bersaglio poiché viene attaccata anche dall’interno. I $inistrati tassaioli, con i giornalai al seguito, hanno sempre sognato la fine del segreto bancario. Poi però strillano perché mancano entrate fiscali e posti di lavoro.
Dove non arrivano i politicanti, arrivano i legulei del Tribunale federale. Nell’estate 2019 il TF decise, con una sentenza emessacon un solo voto di maggioranza, che UBS doveva trasmettere alla Francia i dati personali di decine di migliaia di suoi clienti francesi.
Assist all’Italia
E’ chiaro che in simili condizioni il tiro al piccione sulla piazza finanziaria svizzera – finalizzato a favorire la concorrenza estera – diventa un gioco assai facile.
Ricordiamoci poi che il Belpaese, impipandosene degli accordi presi tramite roadmap, non concede agli operatori finanziari svizzeri l’accesso al mercato italiano. A Berna però la cosa non interessa: la Germania l’accesso l’ha accordato, quindi la piazza zurighese è servita. Ed è Zurigo che conta. Del Ticino, come al solito, chissenefrega!
La melma che ora viene spalata contro la Svizzera con “Suisse Secrets” torna molto comoda a Roma come pretesto per lasciare le cose come stanno e non rispettare gli impegni assunti nei nostri confronti.
Inutile dire che la diplomazia elvetica, dopo aver reagito piccata alla boutade della “Svizzera molle”, sulla nuova crociata politico-mediatica contro la piazza finanziaria tace. Del resto, è rimasta muta come una tomba egizia anche davanti alle fregnacce delle sedicenti “esperte” dell’ONU sull’esistenza di razzismo sistemico in Svizzera. Tutto come da copione!
Lorenzo Quadri