Si parla spesso e volentieri della sostituzione dei dipendenti residenti con frontalieri negli uffici. Perché il fenomeno è eclatante. Ed anche perché in Ticino di gente che lavora in ufficio ce n’è tanta.
Assai meno si sente parlare della sostituzione nelle farmacie. Non fosse che per una questione di massa critica. Eppure si tratta di un problema reale. Anche questo. Un problema documentato prima dal sindacato OCST che aveva denunciato, sulla nostra fascia di confine, licenziamenti delle assistenti di farmacia residenti e sostituzione con personale frontaliero alle consuete paghe da dumping (2000 Fr per un impiego a tempo pieno).
Per restare “in zona” (professionalmente parlando) si può aggiungere che il fenomeno non è limitato alle farmacie. Si estende anche agli studi medici. Pure lì si segnalano licenziamenti e sostituzioni.
Il mercato del lavoro italiano è poi così disastrato, e senza possibilità di miglioramento, che si trovano tranquillamente dei farmacisti diplomati disposti a venire in Ticino a fare gli assistenti di farmacia alle paghe di cui sopra.
Contingenti subito
Questa devastante sostituzione è la dimostrazione di quanto siano necessari i contingenti e la preferenza indigena. Necessari e, soprattutto, urgenti. Urgentissimi. Ed è pure la dimostrazione che la storiella dei frontalieri che fanno i lavori che i ticinesi non sono più disposti a fare, in un contesto di libera circolazione delle persone senza limiti, è una balla clamorosa.
Nessuno dice che non ci possono essere frontalieri in Ticino. Deve però essere consentito assumerne solo dove non si trovano effettivamente dei residenti. Per concretizzare la priorità dei residenti è necessario introdurre il contingentamento. La devastante libera circolazione delle persone senza limiti ha invece spalancato le porte alla sostituzione. Non solo si può assumere un frontaliere quando fuori dalla porta c’è la coda di candidati ticinesi. Si possono addirittura licenziare i residenti e sostituirli con frontalieri. E questo accade in innumerevoli ambiti.
A Berna?
L’Associazione degli assistenti di farmacia ha voluto lanciare l’allarme in una serata tenutasi nei giorni scorsi. Presente anche il kompagno Manuele “bisogna rifare il voto del 9 febbraio” Bertoli. Il quale lunedì era anche a Berna, convocato dalla Commissione della politica estera del Consiglio nazionale, per riferire dei problemi con la vicina ed ex amica Penisola: in primis il frontalierato e gli accordi fiscali (questi ultimi ovviamente in alto mare, ma guarda un po’…).
Chissà se il presidente del CdS in materia di immigrazione avrà difeso la posizione del 70% dei ticinesi oppure…? Impossibile saperlo, almeno per le vie ufficiali: i verbali delle commissioni parlamentari sono protetti dal segreto.
Bertoli convertito?
Che ad appuntamenti come quello organizzato dall’Associazione degli assistenti di farmacia partecipino membri del CdS contrari all’iniziativa “contro l’immigrazione di massa” ed asfaltati dalle urne, non è poi così male. Almeno potranno rendersi conto della situazione e toccare con mano i disastri fatti a suon di aperture scriteriate. Aperture da loro volute e difese alla faccia di ogni buonsenso.
Altro che predicare che “bisogna aprirsi” ma solo dopo essersi assicurati che il prezzo delle aperture lo pagheranno altri. Chissà se Bertoli avrà detto agli assistenti di farmacia che bisogna rifare la votazione del 9 febbraio?
Lorenzo Quadri