Non solo i politicanti triciclati. Adesso ci si mettono pure i burocrati. Frena, Ugo!
Mentre il senescente guerrafondaio USA rimbamBiden apre fronti di conflitto anche con la Cina su Taiwan (l’avesse fatto Trump, sarebbe già partita la procedura d’impeachment), la fu neutrale Svizzera si impantana sempre di più nella guerra in Ucraina da cui la Confederella non potrà che uscire da grande perdente. Gettando nel water la storica neutralità al primo “cip”, Berna ha dimostrato di essere lo zerbino del mondo. E ora come tale viene trattata.
Sull’edizione del 21 maggio scorso, la Neue Zürcher Zeitung (NZZ) sposa la tesi che il Mattino sostiene ormai da mesi. Ovvero che a farsi le pippe mentali sull’ “interpretazione” della neutralità della Svizzera è solo qualche soldatino della partitocrazia: per il resto del mondo, la Confederella semplicemente non è più neutrale. Essendosi supinamente accodata alle sanzioni contro la Russia – decisione che il governicchio federale ha preso senza avere la benché minima idea delle conseguenze: altro che “gouverner, c’est prevoir”! – la Svizzera è anche lei in guerra (economica, almeno per ora).
Il vaso di Pandora
Oggi tutto il mondo dice che la Svizzera, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, è andata a strusciarsi alla NATO. Sui media mondiali circolano addirittura voci incontrollate di un prossimo ingresso della Confederazione nell’Alleanza atlantica, in coda a Svezia e Finlandia. Finora, a dire il vero, nessuno alle nostre latitudini ha chiesto di compiere un passo del genere (ci mancherebbe anche). Ma intanto i politicanti del sedicente centro da tempo blaterano di un avvicinamento alla NATO. Vedi il presidente nazionale dell’ex partitone, vedi quello uregiatto che addirittura vorrebbe mandare armi all’Ucraina. Il sospetto è che simili boiate servano a fare da apripista. In più, al Forum di Davos, la ministra della difesa uregiatta Viola Amherd (Viola chi?) nell’incontro con il segretario generale NATO Jens Stoltenberg ha ipotizzato un “rafforzamento della cooperazione”. E’ evidente che qui si stanno smantellando anche gli ultimi rimasugli di neutralità, con la tattica del salame (una fetta alla volta). La ripresa automatica delle sanzioni ha scoperchiato il vaso di Pandora.
Burocrati allo sbando
E tra i burocrati federali c’è chi va perfino oltre. Ad esempio – lo riporta la NZZ nell’edizione citata sopra – tale Pälvi Pulli (da non confondere con Elvis the Pälvis). La signora in questione è la capa della politica di sicurezza del Dipartimento della Difesa e, come si intuisce dal nome, è di origine finlandese. Poiché la Finlandia qualche “problemino” con la Russia ce l’ha e l’ha sempre avuto, non è molto normale che a dirigere (?) la politica di sicurezza di un paese (sulla carta) neutrale, anche nei rapporti con Mosca, ci sia una finlandese; mancava solo ci fosse un’ucraina. La Pälviaddirittura immagina di inviare indirettamente armi a Kiev. O meglio: i paesi della NATO mandano le armi all’Ucraina e la Svizzera rifornisce a sua volta i Paesi NATO. Venire a raccontare che un simile escamotage da quattro soldi permetterebbe di preservare la neutralità, significa prendere la gente per scema. E’indecoroso che una burocrate si permetta di proferire simili fetecchiate.
Già è inaccettabile che i camerieri bernesi di Bruxelles rottamino la nostra neutralità. Che a farlo siano dei funzionari, va oltre ogni decenza.
Aspettiamo le scuse
Come abbiamo modo di constatare ormai ogni giorno, la storica neutralità svizzera è stata abbandonata in cambio di nulla. Stiamo ancora aspettando le scuse degli yankees per le scandalose dichiarazioni, condite da apprezzamenti da querela penale, secondo cui la Svizzera starebbe facendo melina nel blocco dei patrimoni dei cosiddetti oligarchi russi. E’ poi sempre più evidente che gli USA si aspettano che la Confederella si comporti da loro Stato satellite. Ma del resto è quello che sta facendo dal 24 febbraio scorso.
Il messaggio che Berna trasmette a Washington, a Bruxelles e al mondo intero è chiaro: altro che neutralità perpetua, altro che indipendenza, altro che sovranità. Basta fare un po’ la voce grossa e la Svizzera si schiera dalla parte voluta. Quindi il sistema della prepotenza e del ricatto andrà avanti ad oltranza. Il colmo è che a servirsene sono quelli che, con una faccia di tolla che la metà basta, sostengono di essere in guerra (economica) per difendere il diritto dei popoli di decidere liberamente il proprio futuro.Come no!
Conferenza farlocca
La conferenza di Lugano non cambierà in nulla le sorti della guerra. Sarà una riunione – completamente unilaterale – di paesi NATO al di fuori dalla NATO. Un altro passo verso l’Alleanza atlantica (sempre secondo la sopra citata tattica del salame) e una nuova sberla alla nostra neutralità. Senza contare che, come più volte ripetuto, l’allegra combriccola verrà qui a battere cassa. Unacappellata su tutta la linea, insomma; funzionale solo al marketing politico del “medico italiano” (cit. Corriere della Sera) del PLR, la cui cadrega governativa scanchigna.
Però la stampa di regime tenta di spacciare la conferenza di Lugano per una figata pazzesca perché darebbe “visibilità”. Piangemm. Come se due giorni di effimera visibilità (e il terzo giorno sarà già tutto dimenticato) per un meeting inconcludentevalessero la nostra neutralità ed i miliardi che saremo poi costretti a scucire per l’Ucraina. Per non parlare dei disagi che la popolazione si dovrà sorbire.
Lorenzo Quadri