Il governicchio federale non perde occasione per peggiorare la posizione della Svizzera
Come c’era da attendersi, il forum di Davos si è trasformato nell’ennesimo gremio dove disquisire unilateralmente dell’Ucraina. Il presidente di turno della Confederella, il “medico italiano” (cit. Corriere della Sera) dell’ex partitone, ne ha inoltre approfittato per fare propaganda alla sciagurata candidatura elvetica al Consiglio di sicurezza del BidONU, oltre che alla conferenza sull’Ucraina in agenda il prossimo 4 e 5 luglio a Lugano.
Insomma, si va di male in peggio.
Altro che Consiglio di sicurezza!
La Svizzera, come noto, si candida per un seggio biennale (2022-2023) nel Consiglio di sicurezza dell’ONU. Come membro non permanente, conterebbe meno del due di picche. Si giocherebbe però gli ultimi scampoli di neutralità, dovendo per ovvi motiviaccodarsi a sanzioni e ad altre cappellate decise dal gremio.
La guerra in Ucraina conferma la totale inutilità dell’ONU. La Svizzera avrebbe tutti i motivi per girargli bene al largo. La domanda d’adesione al Consiglio di sicurezza è (tanto per restare in tema) un residuato bellico degli anni in cui la ministra degli esteri era la kompagna “Dimitri” Calmy-Rey. Si sa che i $ocialistivogliono impegolare la Svizzera in organizzazioni internazionali del piffero, per sabotarne la sovranità e l’indipendenza. Basti pensare che il senatore $ocialista del Canton Ginevra Carlo Sommaruga ha dichiarato in una recente trasmissione radiofonica di contare su pressioni estere affinché la Svizzera sia costretta a cambiare, contro i propri interessi, alcune leggi che regolano lapiazza finanziaria. Una volta simili propositi avevano una definizione precisa: tradimento. Con le conseguenze del caso.
Il Patto fuori di zucca
Bisogna inoltre ricordare che è sempre in ballo il demenziale “Patto ONU sulla migrazione”: quello che vuole trasformare l’immigrazione clandestina in un diritto umano, introdurre la libera circolazione delle persone a livello mondiale ed inventarsi pure la figura del rifugiato climatico. Per il momento lo sconcio trattato giace imboscato in un cassetto di palazzo federale. Ma qualcuno immagina forse che una Svizzera membro del Consiglio di sicurezza del BidONU potrebbe esimersi dal sottoscriverlo?
Incontro di guerra
Nella prossima sessione, che inizierà domani, il Consiglio nazionale voterà sulla mozione di chi scrive che chiede il ritiro della domanda d’adesione al Consiglio di sicurezza dell’ONU. La mozione è stata depositata nel dicembre dello scorso anno: quindi mesi prima dell’invasione russa dell’Ucraina e conseguente dismissione della neutralità elvetica. Oggi diventa pertanto di ancora maggiore attualità. Infatti l’ingresso nel Consiglio di sicurezza costituirebbe un’altra sberla alla neutralità. Lo stesso discorso vale per la conferenza di Lugano sull’Ucraina. Credere che con questo meeting la città potrebbe guadagnare visibilità internazionale (?) o magari addirittura legare il proprio nome a qualche trattato importante, significa non aver capito un tubo.
A parte che disquisire sulla ricostruzione dell’Ucraina quando – ci sono tutti i motivi per crederlo – la fase sarà ancora quella della distruzione fa ridere i polli, quella di Lugano sarà una conferenza unilaterale, con gli Stati NATO che si reggeranno la coda a vicenda. Di certo non avvicinerà la pace. Anzi, molto probabilmente segnerà un’ennesima escalation del conflitto, con nuove iniziative-boomerang contro la Russia (che danneggiano chi le decide assai più di chi le subisce) o, nella migliore delle ipotesi, ulteriori sbroccate guerrafondaie. Altro che legare il nome di Lugano ad un incontro di pace: semmai verrà legato ad un incontro di guerra. Di certo non un motivo di vanto per un Paese neutrale. E tutto questo per cosa? Per il marketing politico del “medico italiano” del PLR, la cui cadrega governativa scanchigna? Ma non ci siamo proprio!
Senza dimenticare che, anche quando si svolgono con al tavolo tutti i contendenti, questi summit contano comunque come il due di briscola. Vedi la Conferenza di Locarno del 1925 che avrebbe dovuto dare “più stabile pace all’Europa”: si è visto come è andata a finire.
Tutto al contrario
Ancora una volta il governicchio federale, con in testa il presidente di turno, fa proprio il contrario di quello che dovrebbe fare. Invece di cercare di recuperare la neutralità – fondamentale per il futuro della Svizzera – se le inventa tutte per svaccarla sempre di più: ospitando summit unilaterali, entrando nel consiglio di sicurezza dell’ONU, eccetera.
Invece di preoccuparsi di mantenere almeno il nucleo fondamentale dei rapporti con la Russia – nessuno è eterno, nemmeno Putin, e prima o poi la guerra finirà – la neutrale Svizzera continua a strillare nel coro russofobo. Con l’evanescenteministra della difesa, l’uregiatta Viola Amherd (Viola chi?), arrivata al punto di chiedere al Comitato olimpico internazionale di escludere non solo gli atleti russi, ma anche i funzionari. Per tutta risposta, è arrivata una sonora pernacchia. Ma si può essere più tafazziani di così?
Impulso alla svendita
Il servilismo dimostrato dal governicchio federale nei confronti di Bruxelles dopo l’invasione dell’Ucraina (ripresa automatica delle sanzioni UE con il “medico italiano” in giro a bullarsi che la nostra nazione neutrale sarebbe la prima della classe nell’applicare sanzioni contrarie alla neutralità e prive di base legale) ha dato poi un ulteriore impulso alla svendita del Paese.
Al punto che il P$ ha rilanciato la bestialità dell’adesione all’UE. Non certo per caso. Il Consiglio federale più debole della storia si dimostra così succube degli eurobalivi da ubbidire ai loro Diktat più di quanto non facciano taluni Stati membri. In queste condizioni, i $inistrati hanno buon gioco nel sostenere che di fatto nella DisUnione europea ci siamo già.
Lorenzo Quadri