I simboli degli eurofalliti non hanno alcun diritto di cittadinanza in Svizzera
In maggio il Gran Consiglio dibatterà su una mozione, presentata da Boris Bignasca e cofirmatari, che chiede di interrompere la consuetudine di esporre la bandiera UE sui municipi ticinesi il 5 maggio, anniversario del Consiglio d’Europa. L’esposizione avviene su raccomandazione del governo federale.
Il Consiglio d’Europa non è l’UE. Esso è nato assai prima, nel 1949, e la Svizzera ne fa parte dal 1963. Questo è il motivo per cui la bandiera viene esposta. C’è però un problema: la stessa bandiera è stata fatta propria dall’UE. La quale è assai più visibile del Consiglio d’Europa. Sicché oggi, in base al principio dell’ “Ubi maior, minor cessat”, per l’ “uomo della strada” quella bandiera lì è quella dell’UE. Anche perché il Consiglio d’Europa – che pure per il suo cinquantesimo anniversario ha emesso un francobollo in cui il campo blu stellato è attraversato da una C creando così un logo distinguibile da quello dell’UE – non ha mai voluto modificare la propria bandiera per darsene una che fosse distinguibile. O verosimilmente non si è mai posto il problema.
Pippe mentali
Sta di fatto che l’UE ed il Consiglio d’Europa hanno la stessa bandiera: quella che identifica l’UE. Sicché motivarne l’esposizione sugli edifici pubblici dicendo che quella bandiera è sì quella dell’Unione europea ma in quell’occasione particolare (5 maggio) sta ad indicare un’istituzione diversa, sarà anche formalmente corretto, ma rientra nel campo dei cavilli. O, per essere più grezzi, in quello delle pippe mentali. E di pippe mentali è assai prodigo l’editoriale sul tema pubblicato giovedì sul CdT dal direttore Fabio Pontiggia, che già il giorno prima si era prodotto in un altro fondo in cui torna recidivamente a sostenere, malgrado tutte le evidenze contrarie, che in regime di libera circolazione delle persone in questo sempre meno ridente Cantone “l’è tüt a posct”. Veramente non si capisce come un direttore di giornale, ossia un professionista della comunicazione, possa credere sul serio alla sensatezza dei sottili distinguo sulla stessa bandiera che però indica entità diverse. Chi si ingarbuglia in queste tesi vuole semplicemente sostenere e sdoganare l’UE: “bisogna aprirsi!”. E, more solito, lo fa tacciando, più o meno velatamente, di ignoranti e populisti gli oppositori al pezzo di stoffa blu con le stellette. Riveliamo un segreto a questi fini intellettuali: la storia della bandiera del Consiglio d’Europa la conosciamo. E allora? Il problema rimane.
Rilanciando…
Si potrebbe anche rilanciare e mettere in discussione l’appartenenza della Svizzera allo stesso Consiglio d’Europa, che si concretizza poi con l’adesione alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la quale serve principalmente come pretesto ai tribunali buonisti-coglionisti per evitare l’espulsione dei terroristi islamici, qualora questi fossero “in pericolo” nel loro paese. Se questo è l’effetto della CEDU, vuol dire che va disdetta; peraltro la Svizzera non ha bisogno delle lezioni di fatiscenti organismi internazionali per garantire al proprio interno il rispetto dei diritti umani. Ma questo è un altro discorso.
Non si perda tempo
Sta di fatto che la bandiera dell’UE in Svizzera non ha diritto di cittadinanza. E non è certo un caso che a sostenerne l’esposizione, quale relatore commissionale del rapporto di maggioranza contrario alla mozione Bignasca, sia Jacques Ducry, presidente della sezione ticinese del Numes, ossia il movimento che vuole l’adesione della Svizzera all’UE. Si dice – lo stesso discorso lo si è sentito, fino alla nausea, sul divieto di burqa – che in fondo quello della bandiera è un non-problema? Se così è, allora non si perda tempo e si smetta di esporla. Non farlo non costa nulla, anzi. Di simboli di sudditanza agli eurofalliti in casa nostra non ne vogliamo. Già nella partitocrazia federale c’è una maggioranza di camerieri dell’UE. Purtroppo questo problema, assai più concreto e gravido di conseguenze, non si risolve così facilmente. Per contro, quello della bandiera lo si supera senza bisogno di far nulla, anzi risparmiando alle amministrazioni comunali un compitino supplementare. Ostracismo nei confronti dell’UE, come scrive Pontiggia sul CdT? Certo. E ce ne vantiamo. Perché è ostracismo più che giustificato.
Quando il Consiglio d’Europa, di cui facciamo parte, si sarà dotato di una sua bandiera che lo identifichi, si potrà anche pensare di esporla per la sua ricorrenza annuale. Prima proprio no.
PS: qualcuno avrà notato che da qualche anno il 5 maggio sul municipio di Lugano la bandiera UE non si vede più. Ops, le dimenticanze…
Lorenzo Quadri