Dunque i due fratelli islamici, studenti presso una scuola basilese, che avevano rifiutato per motivi religiosi di dare la mano alla docente perché donna, non potranno più sottrarsi all’usanza. Si ricorderà che la direzione scolastica aveva sconsideratamente dispensato i due ragazzi dalla stretta di mano.
Stranamente, per la serie “ma tu guarda i casi della vita”, la direttrice della scuola in questione è una kompagna.

Candidati alla naturalizzazione
Interessante anche ricordare che i due fratelli erano pure candidati alla naturalizzazione. Se la vicenda scolastica non fosse venuta alla luce, ci sono pochi dubbi sul fatto che i due giovani fondamentalisti avrebbero pure ricevuto il passaporto rosso: l’allocco multikulti disposto a reputarli “integrati” si sarebbe senz’altro trovato. Come si sarebbero senz’altro trovati i “cuor di leone” pronti ad approvare tale decisione per vigliaccheria, timorosi di venire etichettati, in caso di resistenza, come “razzisti e fascisti” dai moralisti a senso unico.

Decisione cantonale
Adesso la licenza di non dare la mano alla docente perché donna è venuta a cadere per decisione del Dipartimento dell’educazione di Basilea Campagna.
Il Dipartimento ha commissionato un’analisi giuridica sul caso. Dal documento emerge che “l’interesse pubblico della parità tra donna-uomo e l’integrazione degli stranieri prevalgono ampiamente sulla libertà di culto degli allievi”.
Se la disposizione non sarà rispettata, sono previste sanzioni. La famiglia ha già detto che non intende adeguarsi? Bene: allora che se ne vada dalla Svizzera, perché simili atteggiamenti non siamo disposti a tollerarli!

Qualcuno non è al suo posto
Oltre al comportamento della famiglia, che va invitata a fare le valigie quanto prima, varie cose nella vicenda danno fastidio.
Ad esempio: disturba particolarmente il fatto che il Dipartimento dell’educazione abbia dovuto commissionare un’analisi giuridica per giungere ad una conclusione ovvia. Ma stiamo uscendo di cotenna? Se un Dipartimento, quindi un’autorità politica cantonale, non è in grado di stabilire, senza bisogno di andare a foraggiare tanti legulei, che in Svizzera si dà la mano alle donne perché questa è una regola basilare di convivenza in una società occidentale, e se un qualche immigrato non è d’accordo fa le valigie e sale sul primo volo in direzione Medio Oriente, vuol dire che abbiamo raggiunto un grado di rincitrullimento allarmante. Le prospettive per il futuro sono dunque fosche. In una situazione del genere, non si trattava certo di andare a cavillare. No: in questo caso si trattava di prendere una decisione politica chiara ed inequivocabile. E a cosa servono le autorità politiche se non a prendere decisioni politiche? Qui sono in gioco i fondamenti stessi della nostra società e delle nostre libertà. Che devono essere affermati e, se necessario, imposti. Un’autorità politica che non se ne accorge, e che non è in grado di agire di conseguenza, nel senso che non ha il coraggio di farlo se prima non si è parata il lato B con una pletora di perizie giuridiche, non è al suo posto.

A casa la direttrice
Altrettanto “non al suo posto” è la direzione della scuola che ha concesso licenza ai due ragazzi musulmani di non dare la mano alla docente, venendo poi smentita. Come mai la kompagna direttrice non viene lasciata a casa? Se in una scuola venisse presa una decisione discriminatoria contro allievi stranieri, la stampa di regime (quella al soldo dell’élite spalancatrice di frontiere) sbatterebbe immediatamente in prima pagina il direttore, becero populista e razzista. I politicanti di $inistra, assieme agli strasussidiati intellettualini rossi da tre e una cicca, monterebbero il caso a suon censure morali a senso unico, e “salterebbero teste”. Com’è, invece, che qui, anche dopo la decisione del Cantone che sconfessa la direzione scolastica, “l’è tüt a posct”?
Come si può tollerare senza reagire che proprio in una scuola, che dovrebbe formare i cittadini di domani, si promuova e si insegni la genuflessione davanti all’integralismo islamico?
Lorenzo Quadri