Svizzera, sempre più adolescenti con il coltello in tasca. E la casta favoleggia che…
Andiamo bene! In Svizzera un giovane su cinque gira con un coltello in tasca. La “lieta novella” (si fa per dire) l’abbiamo appresa nei giorni scorsi da uno studio dell’Università di scienze applicate di Zurigo. Il fenomeno riguarda gli adolescenti dai 12 ai 18 anni ed è prevalentemente maschile.
Il preoccupante andazzo trova riscontro nella cronaca nera: lo scorso anno in Svizzera 18 minorenni sono finiti in manette per omicidio o tentato omicidio con arma da taglio, mentre cinque anni fa erano tre.
Chiare origini importate
Ovviamente ci interessa saperne di più a proposito del “passato migratorio” dei giovani col coltello in tasca. Perché la favoletta che esso non c’entrerebbe nulla, non ce la beviamo. Non se la berrebbe nessuno. Si tratta di una fregnaccia politikamente korretta. La cultura del coltello non fa parte della tradizione autoctona. E’ invece caratteristica di “certe etnie”. Da noi al massimo si usa il coltellino svizzero. Non i coltelli a farfalla.
Se poi i giovani (anche giovanissimi) delle citate etnie diffondono la cultura del coltello anche tra i coetanei elvetici, è un altro discorso. Che nulla toglie al fatto che il problema è d’importazione. Niente di strano, in un paese dove il 25% della popolazione è straniera, e se si aggiungono i beneficiari di naturalizzazioni facili…
Facili parallelismi
Non ci vuole molta fantasia per fare il paragone con il razzismo d’importazione. Ovvero quel fenomeno che l’inutilissima e faziosissima Commissione federale contro il razzismo, presieduta da un’ex politicanta radikalchic, si ostina a non vedere. Così come non vede la russofobia dilagante. Il perché di questa cecità selettiva è ovvio: a fomentare la russofobia sono i $inistrati, quelli sempre pronti ad accusare gli altri di razzismo.
I migranti in arrivo da “altre realtà” trasferiscono in casa nostra i propri conflitti etnici (si pensi solo ai calciatori della nazionale “svizzera” che fanno il gesto dell’aquila) e li trasmettono alle nuove generazioni. Ciò si applica anche ad altri disvalori quali sessismo, antisemitismo, omofobia, misoginia, eccetera. Non è certo un caso se in Svizzera le aggressioni omofobe sono in genere commesse da giovani stranieri con passato migratorio.
Qualcuno crede davvero che la stessa trasmissione generazionale non valga per la cultura del coltello?
Oltretutto, come spiega l’inchiesta dell’Università di Zurigo, “i giovani uomini sottolineano con la violenza la loro mascolinità e si fanno valere”; “chi è in possesso di un coltello illegale viene considerato un vero uomo”. Ah, ecco! Questi sono gli stessi atteggiamenti machisti che poi portano alla violenza sulle donne. La quale, è il caso di ricordarlo, non è affatto “un problema di uomini”: è un problema di uomini stranieri. Essi infatti, malgrado siano il 25% della popolazione, sono responsabili di oltre la metà degli atti violenti contro le donne. Senza dimenticare che, in generale, nelle carceri svizzere (simili ad alberghi) oltre il 70% dei detenuti non ha il passaporto rosso (e se venissero conteggiati anche i naturalizzati di fresco…).
Però le femministe di $inistra – quelle che dicono di difendere le donne, quelle che raccontano di essere contro la violenza, quelle che sproloquiano sul matrimonio gay e sui diritti della “comunità LGBT” – pretendono di continuare a far entrare tutti senza alcuna limitazione. A partire dai portatori di sessismo, misoginia, omofobia. E di coltelli.
Due pesi e due misure
Altro che tentare di rifilare al popolazzo il dilagare dei coltelli tra gli adolescenti – perfino tra i preadolescenti, visto che si parla di dodicenni – presentandolo come un banale fenomeno giovanile! Mica stiamo parlando dello smartphone! Il fenomeno ha origini geografiche. E queste origini sono al di fuori della Confederella.
Per qualche strano motivo, sul moltiplicarsi delle armi da taglio nelle tasche dei teenager, malandazzo evidentemente importato, i $inistrati non hanno nulla da dire. In più, come noto, pretendono che della criminalità d’importazione non si parli: sul tema deve calare la censura “stile Putin”.
Per questi kompagnuzzi gli unici stranieri problematici sono i borsoni russi che depositano patrimoni in Svizzera. I $ocialisti pretendono addirittura l’istituzione di una task force per scovare questi averi e bloccarli illegalmente. Che il congelamento dei beni di privati cittadini ordinato dal governicchio federale per correre dietro ai suoi padroni di Bruxelles abbia una base legale valida, infatti, è tutto da dimostrare.
Autolesionismo
E’ chiaro che questi miliardi dei russi, quando verranno sbloccati (e prima o poi dovrà accadere), lasceranno la Svizzera, che quindi perderà posti di lavoro ed indotti: tanti. Una perdita che andrà ad aggravare la crisi economica ed occupazionale generata dallo stramaledetto virus cinese, dalla guerra in Ucraina e dall’effetto boomerang delle sanzioni.
Intanto la Turchia, che è membro della NATO, si sta già dando da fare per accaparrarsi i patrimoni russi in fuga. E sicuramente si farà gli attributi d’oro.
Complimenti al sedicente “centro” PLR-PPD che continua ad accodarsi alle cappellate della $inistra ro$$overde euroturbo, col risultato di rendere la Svizzera sempre più succube, debole e povera.
Lorenzo Quadri