Conti cantonali sempre più in rosso, ma noi continuiamo a regalare tesoretti al Belpaese?

Ma guarda un po’ apprendiamo dai media  che i ristorni dei frontalieri hanno infranto l’ennesimo record. Nel 2021 hanno raggiunto quota 91.3 milioni di franchetti. Un’evoluzione ovvia: visto che i frontalieri aumentano di continuo, alla faccia dei ticinesi che non trovano lavoro in casa propria, è ovvio che anche l’ammontare dei ristorni cresce. Pure il franco forte ci mette del suo. Di conseguenza, il tesoretto diventa ancora  più consistente per i comuni della fascia di confine italica che ne beneficiano. Allo stesso modo, anche le buste paga dei permessi G si fanno più pesanti.

Previsioni facili

Come noto i conti del Cantone non sono in forma spettacolare. Il preventivo 2023 indica un rosso di 80 milioni. Che però potrebbe salire a  quasi 220 se i contributi della Banca nazionale – 137 milioni – non dovessero arrivare. E, vista la situazione della BNS (142  miliardi persi nei primi 9 mesi dell’anno) le prospettive non sono rosee.

Facile prevedere cosa accadrà davanti ad un deficit cantonale di tale consistenza. I tassaioli cominceranno a starnazzare e pretenderanno di mettere le  mani nelle tasche dei contribuenti. E’ vero che i ticinesi lo scorso 15 maggio hanno deciso che i conti pubblici vanno risanati senza aggravi fiscali. Ma il parlatoio cantonale, se trova una maggioranza, può anche decidere diversamente. Avendo cura che la stampa di regime, tramite lavaggio del cervello, prepari il terreno per l’ennesima infinocchiatura ai danni del cittadino.

E’ inoltre garantito che i tassaioli approfitterebbero del deficit cantonale per fare terrorismo contro le iniziative popolari cantonali promosse, rispettivamente sostenute dalla Lega. Iniziative che hanno l’obiettivo di lasciare qualche soldo in più nelle tasche dei contribuenti: quella che chiede di rendere la totalità dei premi di cassa malati deducibile dalle imposte e quella intesa a neutralizzare fiscalmente la revisione generale delle stime immobiliari prevista nel 2025.

Una domanda

Ohibò, è davvero il colmo: versiamo al Belpaese oltre 91 milioni di ristorni “come se niente fudesse”, sulla scorta della decrepita ed anacronistica Convenzione del 1974 (in quasi cinquant’anni è cambiato il mondo!). Però nel contempo rischiamo di farci depredare dai tassaioli perché i conti del Cantone sono in rosso? E, oltre a versare i ristorni, ci facciamo pure carico dei danni occupazionali, sociali, viari, ambientali, generati dall’invasione di frontalieri voluta dalla partitocrazia? A questo punto nasce spontanea una domanda: ma siamo tamburi o siamo bambi? Con 91 milioni e passa di franchi, di cose ne possiamo fare! “Chiaramente” il governicchio cantonale prima dello scorso mese di giugno è corso a versare il malloppo relativo al 2021… restano però in ballo i ristorni del 2022, che andrebbero teoricamente inviati al Belpaese entro giugno 2023.

I motivi ci sono

E’ evidente che l’Italia non firmerà il nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri entro la fine del corrente anno, alla faccia delle reiterate promesse fatte in tal senso. In effetti, allo scadere del termine mancano appena due mesi. E il lavoro di ratifica deve ripartire praticamente da zero: a Roma ci sono  un nuovo governo ed un nuovo parlamento. Inoltre, nella situazione attuale, è ovvio che l’accordo con gli svizzerotti è l’ultima delle preoccupazioni dei vicini a sud.

Stante che la Penisola non rispetterà la tempistica da lei stessa assicurata, abbiamo tutti i motivi per bloccare i ristorni, per lo meno quelli dell’anno in corso, che ammonteranno anch’essi ad oltre 90 milioni. Ovviamente li blocchiamo e li intaschiamo pure: così sopperiamo in buona misura al (probabile) mancato versamento della BNS.

Senza una mossa di questo tipo, prima che oltreramina si decidano a sottoscrivere il famoso nuovo accordo, in ballo ormai dal lontano 2015 – accordo che comunque  è una mezza ciofeca – passeranno altri sette anni! E noi in sette anni pagheremo almeno 650 MILIONI di ristorni, sulla base di una Convenzione che non ha più alcuna ragione di esistere!

Anche il telelavoro?

Per non farsi mancare i niente, i vicini a sud tentano ora di infinocchiarci con la storiella dei permessi G in telelavoro. Ovviamente vorrebbero, per questa casistica, una regolamentazione fiscale più vantaggiosa per l’Italia. Ma col piffero!

Lo abbiamo detto e ripetuto: il telelavoro sarà la pietra tombale del mercato del lavoro ticinese. Il frontaliere resta tale anche se lavora da casa. Quindi le tasse le deve pagare in Ticino come tutti gli altri. I frontalieri che lavorano in remoto sono, evidentemente, impiegati nel terziario. Quindi nemmeno dovrebbero esistere: infatti in questo settore non c’è alcuna carenza di manodopera ticinese, anzi ce n’è fin troppa. Ed invece il loro numero esplode, per colpa della partitocrazia che ha rottamato la preferenza indigena votata dal popolo. E noi dovremmo pure perdere introiti fiscali perché queste figure professionali vengono messe in telelavoro? Ma non se ne parla proprio! Anche al tafazzismo ci dev’essere un limite! Prima misura urgente: moratoria subito sui nuovi permessi G nel settore terziario! Non se ne rilasciano più! La ricreazione è finita! Chiuso Milano!

 

Lorenzo Quadri