Povertà: Ticino con le pezze al “lato B” e la spesa dell’assistenza esplode
In Ticino il tasso di povertà reddituale è del 17% mentre nel resto della Svizzera è del 7%, quindi dieci bei punti percentuali in meno. Lo ha detto nei giorni scorsi l’Ufficio federale di statistica. Ma come, non erano tutte balle della Lega populista e razzista? Ma come, non c’erano fior di istituti di ricerca, dall’IRE (funesta) alle banche cantonali romande a dirci che siamo la quarta regione più dinamica d’Europa e che soppiantamento di residenti con frontalieri e dumping (in granconsigliese: dömping) sono solo “una percezione”?
Sulle allarmanti cifre dell’Ufficio federale di statistica si è espresso nei giorni scorsi sul portale LiberaTV il Beltradirettore del DSS, sollevando alcuni temi.
Tre questioni
La prima questione è quella degli asilanti che gravano sui conti dell’assistenza. “Molti rifugiati ammessi non hanno una formazione professionale per le esigenze svizzere e per tre quarti restano a carico della rete sociale”, dice il Consigliere di Stato. A parte l’arrotondamento al ribasso, perché la quota di asilanti in assistenza è superiore ai tre quarti (per talune etnie siamo anche sopra il 90%) , il punto è un altro. Ossia che molti di questi asilanti non dovrebbero nemmeno più essere in Svizzera. Le ammissioni provvisorie devono tornare ad essere quello che il nome dice. Provvisorie appunto. L’asilante che non è individualmente minacciato ma che scappa dal suo paese perché è in guerra, una volta passata l’emergenza umanitaria deve rimpatriare. Invece questo adesso non avviene. Non ancora contento il Dipartimento della ministra del “devono entrare tutti” Simonetta Sommaruga vorrebbe dare ancora maggiori garanzie di permanenza. Ma gli asilanti non devono venire “integrati” nel mondo del lavoro di questo sempre meno ridente Cantone dove, “grazie” all’invasione da sud, non c’è più spazio per nemmeno per i ticinesi. Devono venire rimpatriati.
Inoltre, visto che si ammette che i sedicenti rifugiati sono un problema per lo stato sociale, i Consiglieri di Stato responsabili della socialità – e questo vale per tutti i Cantoni – dovrebbero essere sulle barricate contro la politica del “devono entrare tutti”. Invece…
Seconda Beltraffermazione interessante: “insisto che finché una persona che ha diritto di risiedere (da noi) deve poter ricevere gli aiuti dell’assistenza perché non vogliamo che aumentino i furti e il degrado sociale”. Occorre ribadire:
1) L’immigrato nello stato sociale non deve poter ricevere aiuti.
2) Non si tratta, quindi, di versare prestazioni assistenziali agli immigrati nello stato sociale per “evitare il degrado” (e nümm a pagum) diventando così sempre più attrattivi per chi vuole approfittare della generosa (ed anche un po’ fessacchiotta) socialità elvetica, ma di rendere rapide ed efficaci le espulsioni. Molto, come sappiamo, dipende dalle istanze giudiziarie.
3) L’andazzo odierno è noto: ricorsi su ricorsi dell’immigrato contro le decisioni di ritiro del permesso di dimora, naturalmente con avvocato finanziato dal contribuente. Ed intanto il diretto interessato rimane in Ticino a carico dell’assistenza. Proposta provocatoria, ma nemmeno poi tanto: si cominci a levare l’effetto sospensivo ai ricorsi contro le decisioni di non rinnovo del permesso. Così intanto la persona in questione comincia a partire (e quindi a non essere a carico del contribuente). Alla peggio, se il mancato rinnovo dovesse risultare ingiustificato, potrà rientrare. Ma intanto, per il tempo della procedura giudiziaria, rimane fuori. E visto che tali procedure durano anni, il risparmio è evidente!
Terza chicca: ovviamente il Beltraministro del PPD, partito fautore della libera circolazione delle persone e contrario a Prima i nostri, tenta di minimizzare gli effetti deleteri della libera circolazione. “Fatico a credere che chiudendo i vasi comunicanti (ossia: le frontiere) si aumenti il benessere”. Ohibò, eppure è tanto semplice: se in Ticino entrano ogni giorno 65mila frontalieri, e di questi 40mila sono attivi nel terziario dove non colmano alcuna carenza di manodopera locale, è scontato che poi non ci sia lavoro per i residenti. Questi ultimi, di conseguenza, cadono in situazioni di povertà. E’ quindi evidente che, se salta la libera circolazione, la musica cambia.
Lorenzo Quadri