Il bilancio dell’OSI non si migliora andando a battere cassa presso gli enti pubblici

Ci risiamo: il bilancio di chiusura di stagione dell’Orchestra della Svizzera italiana (OSI)  diventa l’occasione per tornare a battere cassa presso lo Stato, ovvero il contribuente.

Lugano, con 650mila franchi all’anno, è il terzo finanziatore dell’OSI  dopo il Cantone e la RSI. Dagli altri Comuni ticinesi e dal Canton Grigioni arrivano le briciole. 

Di conseguenza il vicesindaco di Lugano Roberto Badaracco ed il presidente degli amici dell’OSI Mario Postizzi hanno esortato pubblicamente gli altri enti pubblici a sborsare di più.

Frena, Ugo!

Soldi dei cittadini

Intanto gli sponsor dell’OSI sono tutti statali. Basta guardare chi figura sul sito dell’Orchestra: Cantone, fondo Swisslos (DECS, quindi ancora Cantone), città di Lugano, BancaStato, RSI.

La soluzione per coprire le spese che non sono coperte dalla vendita di biglietti ed abbonamenti (o da eventuali concerti finanziati da privati), non può essere quella di andare a mungere ulteriormente l’ente pubblico. Di qualsiasi tipo esso sia. Non va dunque bene battere cassa presso altri Comuni, men che meno fare scarica barile da un Comune all’altro, o dai Comuni al Cantone. Perché i soldi dello Stato, in qualsiasi forma esso si manifesti, non crescono sugli alberi. Provengono sempre dalle tasche dei cittadini. 

Le non-soluzioni

Oggettivamente non si capisce perché i comuni ticinesi dovrebbero esse d’accordo di dare più soldi all’OSI per semplici “motivi ideali”. 

Da parte sua, il Cantone deve risparmiare. Sicché i suoi versamenti di certo non cresceranno, anzi. Stesso discorso per la città di Lugano, impegnata in misure di contenimento della spesa che non saranno indolori. Ed è ovvio che prima di procedere a tagli che penalizzeranno i cittadini in difficoltà, si risparmia sulla spesa culturale. OSI inclusa.

Nemmeno battere cassa presso la RSI è una soluzione. I soldi del canone sono sempre soldi dei contribuenti.

Quarto posto

Piaccia o non piaccia ai signori della cultura, la grande maggioranza dei cittadini non è mai andata ad un concerto dell’OSI (e nemmeno al LAC), né mai ci andrà. Perché dovrebbe addirittura aumentarne il finanziamento con le proprie imposte? Le priorità dell’ente pubblico sono altre. 

Il problema evidentemente non riguarda solo l’OSI, ma l’intero settore.

In Ticino le finanze pubbliche non sono floride. Questo malgrado il leggero attivo di 3 milioni di franchetti nel consuntivo 2022. La spesa pubblica è fuori controllo e l’amministrazione cantonale gonfiata come una rana. Eppure il Ticino, nonostante i conti in rosso, è il quarto cantone (a parimerito con Neuchâtel) che spende di più per la cultura. Circa 400 franchi pro capite all’anno, contro una media nazionale di 315. Lucerna, dove si trova il magnificato KKL, spende poco più della metà di noi; e di certo non produce meno cultura. 

E’ chiaro che i conti non tornano. Come scriveva il Mattino alcune settimane fa, ci sono operatori culturali che sono di fatto dei dipendenti pubblici, visto che la massima parte delle loro entrate le versa il contribuente. Nel corso degli anni, la spesa culturale si è impennata; il pubblico no. Ci sono quindi troppi promotori che fanno cultura per loro stessi.

Cercare finanziamenti privati

Se all’OSI – o altrove – sono così bravi, e non dubitiamo affatto che lo siano, allora andranno a cercare finanziamenti privati.  E, in virtù del loro valore, li troveranno.  

I numerosi e danarosi amici dell’OSI, molti dei quali sono plurimilionari (con patrimoni di decine, se non di centinaia di milioni), faranno il piacere di compiere uno sforzo in più. Ci sono troppi ricconi radikalchic che si riempiono la bocca con la cultura, però quando si tratta di metterci i soldi invocano lo Stato. Non è così che funziona. Chi vuole la cultura d’élite per il proprio sollazzo, fa anche il piacere di finanziarla. Altro che pretendere di ingerlare il conto agli altri.

Un’orchestra del livello dell’OSI deve essere in grado di aumentare il proprio finanziamento tramite fondi privati. Altrimenti c’è qualcosa che non funziona.

I tempi del “tutto è dovuto” perché si rappresenta un’istituzione culturale di peso sono finiti. 

L’ente pubblico, di qualsiasi livello e sotto qualsiasi forma, dovrà concentrarsi sui compiti essenziali, e sul sostegno ai troppi ticinesi (sottolineiamo: ticinesi) in difficoltà. La cultura, a maggior ragione quella d’élite, è ad un bivio: o trova altre mammelle – non statali né parastatali –  a cui attaccarsi, oppure si mette a dieta. 

Intanto sul CdT di ieri si poteva leggere la lettera di Diego Fasolis, leader dei Barocchisti, che scrive di essersi candidato alla direzione artistica dell’OSI, ma di essere ancora in attesa di una risposta a tre mesi di distanza (!). Con un direttore radicato nel territorio, l’Orchestra avrebbe più facilità nella ricerca di sponsorizzazioni. Certo che, se per principio ci si ostina a non guardare in casa…

Lorenzo Quadri