Per aiutare i cittadini, la Confederella può permettersi di rinunciare ad un’entrata
Sicché, come abbiamo letto nei giorni scorsi, la vicina Penisola ha fatto ciò che avrebbe dovuto fare la Confederella: ovvero ha ridotto in modo importante – di 30 centesimi al litro – le accise sulla benzina. L’Italia non è la sola ad aver preso misure di questo tipo: anche la Francia ha provveduto, tagliando 15 centesimi.
La Lega, nella sessione delle Camere federali appena conclusa, ha chiesto di decurtare l’imposta sugli oli minerali per abbassare il prezzo del carburante. Il margine di manovra di certo non manca: il 45% dei proventi della citata gabella finisce infatti nelle casse generali della Confederazione. Non è quindi vincolato al finanziamento dell’infrastruttura stradale.
Si ricorda che l’imposta sugli oli minerali più l’IVA gravano per circa 90 centesimi al litro sul prezzo della benzina. Se si aggiunge il balzello sul CO2, si arriva ad un carico fiscale di 1.20 franchi per litro. Mica noccioline!
Simonetta la tassaiola
Questa rapina legalizzata va ridotta subito! E ciò vale sia per l’imposta sugli oli minerali che per gli ecobalzelli.
A tal proposito si ricorda che la kompagna Sommaruga, dopo essere stata asfaltata dai cittadini nella votazione del 13 giugno scorso sulla nuova legge sul CO2, ha pensato “bene” di comunque aumentare del 25% la tassa sul CO2, in spregio della volontà popolare. Di conseguenza, dall’inizio dell’anno di disgrazia 2022, il prelievo è passato da 96 a 120 franchi per tonnellata. L’aggravio è stato introdotto perché – udite udite – la Svizzera non ha raggiunto l’obiettivo di ridurre del 33% le emissioni di anidride carbonica prodotta da combustibili fossili tra il 1990 e il 2020: la diminuzione è infatti stata “solo” del 31%.
Qui qualcuno si è bevuto il cervello! 1) Senza l’immigrazione scriteriata voluta dalla partitocrazia, poco ma sicuro che l’obiettivo sarebbe stato raggiunto; e 2) per un misero 2% di differenza, gli ecobalzelli sono stati pompati del 25% in tempo di crisi nera! Ma stiamo “busciando”?
Non è ancora finita, perché a partire dal primo aprile (non è un pesce) si prospettano ulteriori aumenti “grazie” alla fondazione KliK che si occupa della compensazione del CO2 sui carburanti.
“Basi legali”?
Non solo l’imposta sugli oli minerali che grava sulla benzina va drasticamente ridotta, ma anche quella sul CO2, aumentata arbitrariamente dalla tassaiola $ocialista Simonetta. Chiaro il messaggio, o ci vuole un disegno?
E che nessuno venga a raccontarci fonchiate su basi legali mancanti, perché gli ridiamo in faccia! Il governicchio federale, con la scusa dello stramaledetto virus cinese, ha cancellato le libertà dei cittadini, ha chiuso la gente in casa per mesi, ha impedito a tante persone ed aziende di lavorare; lo stesso governicchio federale ha rottamato la neutralità svizzera garantita dalla Costituzione. E adesso vorrebbe venirci a dire che, con una guerra in corso, “manca la base legale” per abbassare il prezzo della benzina ai cittadini? Cittadini sui quali, oltretutto, si abbatterà il costo dello smantellamento anticostituzionale della neutralità tramite sanzioni alla Russia che non fanno progredire il processo di pace di un millimetro? Ma chi si pensa di prendere per i fondelli?
In più, anche la misura italiana di taglio delle accise è di dubbia legalità. E allora, non si vede perché gli svizzerotti devono essere sempre i FESSI che rimangono fregati!
I soldi ci sono
Ovviamente il rincaro legato alla guerra in Ucraina non riguarderà solo la benzina, ma anche l’olio combustibile e molti altri prodotti: prepariamoci alla stangata!
Visto che l’ente pubblico si permette di regalare abbonamenti generali a tutti i profughi ucraini, di pagargli i corsi di lingue – con il chiaro intento di farli rimanere qui anche a guerra conclusa – mentre il “medico italiano” (cit. Corriere della Sera) Cassis se ne va in giro per l’Europa a promettere aumenti degli aiuti umanitari, vuol dire che i soldi ci sono! Pertanto, la Confederazione può benissimo permettersi di rinunciare a qualche entrata fiscale per difendere il potere d’acquisto dei cittadini.
Economia di frontiera
E’ poi evidente che gli sconti italici sul carburante stanno mettendo in difficoltà l’economia della fascia di confine ticinese, ed in particolare il “turismo del pieno”. Da quando sono entrati in vigore, le stazioni di servizio al di qua della ramina hanno registrato un crollo delle vendite su tutti i prodotti (c’è chi lamenta cali di addirittura il 75%). Affinché il turismo del pieno funzioni, rilevano gli addetti ai lavori, in Ticino la benzina deve costare almeno 10 centesimi al litro in meno che in Italia. Dopo il taglio delle accise, invece, il prezzo italiano è di circa 20 centesimi inferiore di quello ticinese. Rischia dunque di generarsi il fenomeno contrario!
Se gli italiani perdono l’abitudine di fare benzina in Ticino, se addirittura i ticinesi (ovviamente quelli che stanno nelle zone di confine, altrimenti è più la spesa che l’impresa) si abituano ad andare a rifornirsi alle pompe del Belpaese, per la nostra economia di frontiera sono cavoli senza zucchero.
E’ forse il caso di ricordare che nelle zone di confine il turismo del pieno ed il commercio che vi gravita attorno – legato non solo al carburante – hanno creato benessere e posti di lavoro, occupati anche da ticinesi, non solo da frontalieri. Generano anche importanti introiti per le casse pubbliche. E’ tempo ed ora che i politicanti si decidano a difendere questa risorsa. Invece sembra che la vogliano affossare.
Lorenzo Quadri