Nei giorni scorsi il quotidiano italiano Repubblica, che è pure di $inistra, ha realizzato un servizio sulla criminalità  nella vicina penisola, da cui emergono risultati inquietanti. Inquietanti, ma non certo inaspettati: infatti le rapine in genere sono aumentate in modo importante, da 34mila nel 2010 a 44mila nel 2013. Una crescita ancora più marcata la fanno registrare le rapine nelle abitazioni passate dalle 2016 del 2010 alle 3601 del 2013. Quindi 1600 rapine in casa in più nel giro di tre anni.
E’ chiaro che questa situazione, con la devastante politica delle frontiere spalancate,  è destinata ad avere pesanti ripercussioni anche alle nostre latitudini.
Dalle statistiche della polizia della vicina Penisola risulta pure che la  maggior parte degli arresti, e di gran lunga, vengono effettuati in Lombardia dove nello scorso anno ce ne sono stati 700. Il fatto che ad esempio in Lazio gli arresti siano stati 205 potrebbe indicare un’efficienza diversa delle forze dell’ordine man mano che si scende verso sud: ossia si potrebbe pensare che i laziali in realtà non stiano meglio dei lombardi quanto a rapine, ma che semplicemente si faccia più fatica ad arrestare i delinquenti. Tuttavia ci pensa il dato del Piemonte ad invalidare questa tesi. Lì nel 2013 gli arresti sono stati 309. Questo vuol dire, dunque, che la Lombardia è la regione più tartassata dai rapinatori. Se la Lombardia è tartassata, è evidente che anche il nostro Cantone rientra nel raggio d’azione dei malviventi. I risultati si vedono – e si leggono sulle cronache ticinesi.
Più spregiudicatezza
Nella vicina Penisola, proprio come da noi, si osserva l’incremento delle rapine in casa quando ci sono gli abitanti. La presenza di persone, dunque, non è più un deterrente: «c’è più spregiudicatezza» dichiara, usando un eufemismo, il professore  bolognese interpellato da La Repubblica.
Particolarmente interessante il recente fenomeno del pendolarismo delittuoso tra l’Albania e l’Italia. Si tratta di gruppi di giovanissimi albanesi che prendono i voli low cost per arrivare nel bel paese e razziare per qualche giorno il territorio. Ed è chiaro che, in queste condizioni, i rischi di sconfinamento in Ticino sono molto alti.

“Protezione speciale” per le abitazioni
La preoccupante situazione italiana, data la nostra contiguità con la Penisola, interessa giocoforza anche noi. Ed evidenzia ancora una volta la necessità che il cittadino si trovi nella condizione di potersi difendere in caso di necessità.
 Quindi, il potenziamento del diritto all’autodifesa per le aggressioni che avvengono all’interno della propria abitazione, la quale deve beneficiare di una protezione giuridica specifica. Chi vi entra deve sapere che rischia grosso.
Al proposito, nei giorni scorsi è stata resa nota un’interessante statistica USA. Da essa emerge che il 57% dei criminali imprigionati ha più paura ad affrontare un cittadino armato piuttosto che un poliziotto. Negli ultimi 20 anni, inoltre, negli USA in 24 Stati i cittadini hanno ottenuto il diritto di portare armi con sé. Risultato: la percentuale di crimini violenti è scesa del 49%.
Alla faccia, dunque, dei politikamente korretti che vogliono i cittadini disarmati davanti alla delinquenza d’importazione sempre più priva di scrupoli alla quale hanno (i politikamente  korretti) spalancato le frontiere.
Il potenziamento del diritto all’autodifesa e la dotazione dei cittadini dei mezzi (e dell’istruzione) necessari ad esercitarlo è dunque la direzione da intraprendere, come abbiamo avuto più volte modo di ripetere da queste colonne: la polizia, a seguito della devastante libera circolazione delle persone (grazie alla quale, ancora prima dei lavoratori a basso costo, arrivano i delinquenti stranieri) da sola non è più in grado di provvedere. Garantire la sicurezza, dunque, non può più essere considerata un affare solo delle forze dell’ordine. Anche il cittadino deve portare il proprio contributo attivo.
Lorenzo Quadri