Tempo assurdamente lunghi: giustizia ad orologeria, oppure si prepara il colpaccio?

Certo che la tempistica della sentenza sul caso della kompagna Lisa Bosia Mirra, già deputata P$ in Gran Consiglio, condannata in prima istanza per favoreggiamento dell’entrata illegale, sta diventando sempre più sospetta.

Il processo davanti alla CARP, Corte di appello e di revisione penale, si è tenuto quasi un mese e mezzo fa. Con l’emittente di regime impegnata nella santificazione dell’imputata (del partito “giusto”, con le idee “giuste”, ovvero immigrazioniste e spalancatrici di frontiere).  Il tempo passa, ma la sentenza della CARP non arriva. Dispersa nelle nebbie. Imboscata. E sì che il caso non pare certo dei più difficili. Ed i fatti sono ammessi.

Se sul banco degli accusati ci fosse stato un leghista, la condanna sarebbe arrivata fulminea.

A questo punto le ipotesi sono due:

  • Giustizia ad orologeria. Vedi l’articoletto a lato di “azzeccagarbugli”. La CARP, con presidenta P$, non vuole riesumare l’argomento politicamente scomodo nel bel mezzo delle elezioni federali: una condanna avrebbe rischiato di danneggiare il partito. E, se è vero che i verdi-anguria (verdi fuori, ro$$i dentro) hanno vinto domenica, altrettanto vero è che i ro$$i tout-court hanno invece perso: il P$$ a livello nazionale è sceso ai minimi storici. Il voto di $inistra si è spostato dal P$ alla $inistra alternativa (?) ed a quella sedicente ambientalista. Di conseguenza, facile prevedere che la pratica resterà nel cassetto fino a dopo il 17 novembre, data dell’elezione di ballottaggio per il Consiglio degli Stati.
  • Arrampicata sui vetri. Perché ci si mette tanto a decidere? Forse davvero qualcuno/a a Palazzo di Giustizia si sta surriscaldando le meningi, al punto di farle fumare, nel tentativo di sconfessare la condanna di prima istanza emessa dal giudice Siro Quadri. Semplificando, la tesi della difesa dell’ex deputata è infatti la seguente: Bosia Mirra non può aver commesso reato facendo attraversare illegalmente ai finti rifugiati il confine tra Italia e Svizzera. Questo perché siamo all’interno dello spazio Schengen, dove i confini non conterebbero un fava. Di conseguenza, non può sussistere immigrazione clandestina dall’Italia, e quindi nemmeno il favoreggiamento della medesima.

Tesi scandalosa

La tesi difensiva è a dir poco scandalosa. Non esiste che il fallimentare accordo di Schengen possa rendere legale ciò che per la legge svizzera è reato. A fare stato, in casa nostra, è la nostra legge; che evidentemente Schengen non può azzerare. Ci mancherebbe altro!

Dando ragione alla difesa, la CARP stabilirebbe che il confine tra Svizzera e Belpaese non esiste: perché c’è Schengen, appunto. Si tratterebbe di una sentenza esclusivamente politica, le cui conseguenze sono facili da immaginare. Una sentenza che, è chiaro, non starebbe né in cielo né in terra. Del resto, i passatori sul confine tra Italia e Francia (Stati membri UE!) vengono condannati eccome; ed a pene ben più severe di quelle proposte per l’ex deputata P$!

Una sentenza della CARP che sposasse la tesi-ciofeca della difesa di Bosia Mirra creerebbe un precedente devastante. A quel punto ci sarebbe una sola soluzione possibile: disdire subito il fallimentare accordo di Schengen!

Lorenzo Quadri