Il 14 marzo il Consiglio nazionale dibatterà il rapporto sul servizio pubblico della SSR

 

A Comano e a Besso cresce l’agitazione a seguito dell’iniziativa No Billag. La data della votazione sul tema non è ancora stata fissata, ma gli uccellini bernesi cinguettano che l’iniziativa arriverà nella commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni del consiglio nazionale in aprile.

Ma il Consiglio nazionale parlerà dell’emittente pubblica già prima, nella terza settimana della sessione primaverile, e più precisamente il 14 marzo. In quell’occasione si comincerà a dibattere sul rapporto del Consiglio federale sul servizio pubblico della SSR. Quel rapporto secondo cui l’è tüt a posct, e quindi non c’è niente da correggere e anzi, nei confronti dell’emittente di regime, l’unico atteggiamento politicamente accettabile è il sostegno incondizionato e slinguazzante. Soprattutto da parte dei ticinesi.

Modifiche

C’è invece il sospetto che il Nazionale non sarà poi così accondiscendente. Anche perché, almeno a livello commissionale, sul rapporto del Consiglio federale sono fioccate le proposte di modifica e di emendamenti. E l’obiettivo, nemmeno tanto nascosto, è quello di ridimensionare la SSR. La quale è finanziata col canone più caro d’Europa per fare servizio pubblico. E tuttavia sconfina dai limiti del servizio pubblico per andare ad occupare spazi che spetterebbero ai privati.

La pubblicità

Un tema particolarmente dolente è quello della pubblicità. Incassando il canone la SSR può permettersi di svendere spot a prezzi da dumping. Così l’emittente pubblica “arrotonda” ma altri media fanno la fame. A partire da quelli cartacei. Ed al proposito l’Ufficio federale è stato incaricato dalla commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni del consiglio nazionale di sviluppare alcuni scenari che prevedano in determinate fasce orarie dei divieti di trasmettere pubblicità da parte delle SSR, per lasciare così più fette di mercato al privato. Di svilupparli, e studiarne le conseguenze.

Sussidiarietà

Altro aspetto delicato è la sussidiarietà del servizio pubblico, che solleva una serie di quesiti. Ad esempio: se la SSR è sussidiaria, perché deve fare anche determinate cose che potrebbero essere lasciate ad altri “attori”?  Tema esplicitamente emerso è quello dell’attualità regionale nei radiogiornali: questo compito non potrebbe essere lasciato alle radio private che peraltro già lo svolgono?

C’è poi la questione del cosiddetto modello “Open content”. Si tratta di garantire ai media privati il libero accesso alla mediateca della SSR con l’autorizzazione a ritrasmettere, magari riadattandole, le produzioni dell’emittente pubblica. Questo perché, essendo tali produzioni pagate con i soldi pubblici, dovrebbero anche essere a disposizione di tutti.

L’estensione del mandato

Su queste colonne spesso e volentieri bacchettiamo la RSI per le “non rare” deviazioni dal mandato di servizio pubblico causa partigianeria politica. Ossia quando, invece di riferire in modo oggettivo, l’emittente cerca di far passare le proprie tesi, naturalmente tutte a sostegno delle frontiere spalancate, dell’UE, del “devono entrare tutti” e del “bisogna aprirsi”.  Questo non è servizio pubblico: questa è propaganda di regime. Oltretutto finanziata con i soldi di tutti gli utenti, compresi quelli che non condividono le posizioni ideologiche che l’emittente tenta di sdoganare.

Ma, come si è visto, il servizio pubblico della SSR non si presta alle critiche solo per il suo contenuto, ma anche per la sua estensione. L’iniziativa “No Billag”  non è di certo l’unico ostacolo. I temi sul tappeto sono tanti, e il rapporto ottusamente acritico del Consiglio federale non ha fatto che aizzare le contestazioni. Le chance di vittoria dell’iniziativa “No Billag” sono esigue, per usare un eufemismo. Ma una percentuale consistente (per quanto non maggioritaria) di Sì darebbe forza e slancio a chi a Berna vuole ridimensionare l’emittente di regime. Con conseguenze nemmeno tanto difficili da prevedere.

Campanelli d’allarme

E’ evidente che le enormi risorse a disposizione della SSR (1.3 miliardi di Fr all’anno di canone) hanno montato diverse teste. Qualcuno si è dimenticato che questo “tesoretto” non piove dal cielo per grazia ricevuta, ma ce lo mette l’utenza. E non è un diritto acquisito. Il cittadino o i suoi rappresentanti possono anche decidere di cambiare le regole del gioco. Non solo votando l’iniziativa No Billag, ma anche con altri mezzi. La marea di posizioni critiche e di proposte di correzione sul rapporto del Consiglio federale sul servizio pubblico che arriveranno prossimamente nel plenum della Camera bassa dovrebbero far suonare vari campanelli d’allarme.

Lorenzo Quadri