Se l’UE vuole sempre lo sconcio accordo quadro istituzionale, avanti con la Swissexit

La partenza della capo negoziatora con l’UE Livia Leu ha suscitato non pochi interrogativi. Si prende atto che il Dipartimento del “medico italiano” del PLR è di nuovo incartato sull’unico dossier importante che è chiamato a seguire. 

La buona Leu è stata elogiata dal capogruppo Udc alle Camere federali Thomas Aeschi, certamente non un euroturbo, per “aver difeso con rigore gli interessi della Svizzera” nei colloqui esplorativi con gli eurobalivi. 

Ricordiamo che Leu nell’ambito di questi colloqui ha dichiarato che la Confederella sarebbe pronta a rendere ricorrenti i contributi di coesione miliardari (ovvero i pizzi) a Bruxelles. Se questi sono gli “hardliner”, non osiamo immaginare i calabraghisti. Dobbiamo quindi attenderci il disastro per il dopo-Livia?

Tutto come prima?

Secondo la stampa domenicale d’Oltregottardo, la partenza della Leu sarebbe dovuta alla mancanza di margine  di negoziazione. La fallita UE non intenderebbe fare alcuna concessione alla Svizzera. Bruxelles resterebbe arroccata sulle proprie pretese: ripresa dinamica, ossia automatica, del diritto UE e giudici stranieri. Pochi o nulli i passi avanti nel merito della protezione dei salari. Non è invece chiaro come sia la situazione sul fronte della demenziale direttiva comunitaria sulla cittadinanza (quella che renderebbe di fatto impossibile l’espulsione dalla Svizzera di stranieri che delinquono o che abusano dello Stato sociale, se essi sono cittadini UE). 

Un no-go

Una cosa è certa: se già si sa che i nuovi negoziati saranno una farsa poiché l’esito sarà sempre lo sconcio accordo quadro istituzionale in versione aggiornata, allora non si perda nemmeno tempo a trattare. La ripresa automatica del diritto UE ed i giudici stranieri sono un “no-go”. Erano inaccettabili due anni fa (maggio 2021) quando il governicchio federale decretò chiuse le trattative, e tali rimangono. Comportano infatti la fine della sovranità elvetica ed anche dei diritti popolari. Né l’una né l’altra si svendono in cambio di accessi al mercato. Che sono nell’interesse reciproco, mica solo di quello della Svizzera.

Temi secondari

Corre voce che i $indakati spalancatori di frontiere sarebbero pronti a dare il proprio accordo alla svendita del paese in cambio della statalizzazione dei salari. In Ticino abbiamo ben visto che i salari minimi non portano un tubo ai residenti: sono solo un regalo ai frontalieri. Nei rapporti con Bruxelles, il tema della cosiddetta protezione dei salari esiste ma è secondario. Se i “nuovi” accordi con gli eurobalivi conterranno ancora i giudici stranieri e la ripresa dinamica=automatica del diritto UE, rimarranno inaccettabili; salari o non salari. E’ quindi evidente che ci sarà un referendum, con tutto quel che segue.

Via i bilaterali

La fallita UE pretende lo sconcio accordo quadro e, in sua assenza, non intende proseguire con i bilaterali? Si accomodi. Può cominciare col disdire la libera circolazione delle persone o l’accordo sul traffico terrestre. Poi vediamo cosa diranno Italia, Germania e Francia, che a Bruxelles un po’ di voce in capitolo ce l’hanno. La bilancia commerciale tra Svizzera ed Unione europea pende chiaramente dalla parte di quest’ultima, che non ha pertanto alcun interesse a buttare all’aria lo statu quo. 

Senza dimenticare un aspetto fondamentale: il mondo è più grande di una DisUnione europea in continuo declino, specie dopo la Brexit. Ennesimo esempio dell’irrilevanza e dell’impotenza UE: in Europa c’è una guerra in corso, però a schiacciare gli ordini è Washington, mica Bruxelles.

A maggior ragione in un mondo globalizzato e digitalizzato, i partner commerciali vanno cercati a 360 gradi.

In quest’ottica, le trattative con la Gran Bretagna di cui si è parlato nei giorni scorsi sono un’ottima notizia.

Ma c’è anche, tanto per citare un altro esempio, il CPTPP: ovvero l’ “accordo globale e  progressivo per il partenariato transpacifico”. 

Gli undici paesi contraenti – AustraliaBruneiCanadaCileGiapponeMalesiaMessicoNuova ZelandaPerùSingapore e Vietnam rappresentano il 13,4% del prodotto interno lordo globale, con circa  13,5 trilioni di dollari. Il CPTPP è, di conseguenza, una delle più grandi aree di libero scambio del mondo, assieme all’accordo Stati Uniti-Messico-Canada ed al mercato unico europeo, e suscita sempre più interesse anche da parte dell’Occidente. Il Regno Unito vi ha aderito a fine marzo; ma naturalmente alle nostre latitudini la stampa di regime… citus mutus!

La Lega ha già sottolineato a Berna l’importanza dell’accordo transpacifico anche per la Svizzera. 

Scuola sovietica

L’Unione europea ci pone condizioni inaccettabili e conta di spuntarla facendo leva sull’istinto di sudditanza dei suoi camerieri nel governicchio federale? Allora bisogna comunicarle che 1) la prima a rimetterci dalla fine dei bilaterali sarebbe proprio l’UE e 2) le alternative le abbiamo. Inutile continuare a perdere tempo in negoziati con chi non vuole affatto trattare. Vuole semplicemente imporci le sue condizioni con modalità sovietiche. Del resto il commissario europeo responsabile dei rapporti con la Confederedella, lo slovacco Maros Sefcovic (Maros chi?) esce proprio dalla scuola dell’ex URSS.

Lorenzo Quadri